GLI SPILLI SAVONESI DI NAT RUSSO
GLI SPILLI savonesi DI NAT RUSSO
Vade retro OGM – DAI CACCIATORI DI TESTE AI CACCIATORI DI LINGUE – LA LIBERTÀ DEL CULTO ATEO – LA STORYTELLING DI RIBORGO – NOSTALGIA DELLA MARGONARA DI FUKSAS
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Vade retro OGM assaggi e racconti di Nat Russo
Ancora tanti pregiudizi sugli OGM. Un approccio scientifico all’alimentazione fatica ad attecchire, si guardi il dibattito sugli OGM, visti come veleni che le multinazionali vogliono farci ingurgitare a fine di lucro. Non è proprio così e cerco di chiarire meglio la mia affermazione, con qualche esempio. Dal 1978 la Genentech grazie all’Escherichia coli OGM, produce l’insulina umana, che ha salvato la vita a milioni di diabetici allergici all’insulina suina o bovina. Oggi tramite gli OGM si producono decine di farmaci, dall’ormone umano della crescita alla somatostatina, ai vaccini contro l’epatite. Va bene, si dirà, se in campo farmaceutico l’OGM è un male necessario, passi, ma non nel settore alimentare. Siamo certi? Prendiamo il formaggio. Il caglio animale ottenuto dall’abomaso dei ruminanti lattanti, dove c’è la chimosina, è essenziale per la coagulazione del latte. Finché i consumatori di formaggio eravamo solo noi ricchi, questo è stato possibile. Ma oggi che cinque miliardi di bocche siedono a tavola, è solo grazie al caglio sintetico OGM, che si possono produrre le 20 milioni di tonnellate/annue necessarie al pianeta (fonte FAO). Non basterebbero gli abomaso di 10 volte tutti i ruminanti della terra. Se temete il caglio OGM comprate solo i DOP che lo prevedono nel loro disciplinare di produzione e che lo dichiarano in etichetta. Alcuni OGM sono necessari per il latte artificiale di molti neonati. La Sigma-Aldrich Fine Chemicals e la ProdiGene dal 1990 commercializzano la tripsina OGM utilissima poiché pre-digerisce le proteine del latte, riducendo il rischio di reazioni allergiche. Certo, il latte di mamma è meglio, ma se non c’è? La Lallemand, dal 1994, commercializza un lievito geneticamente modificato per la fermentazione malolattica del vino. E poi ci sono le proteasi OGM, utili per la produzione della birra (solo la normativa tedesca lo vieta), gli OGM sono essenziali per gli estratti di carne e per il cibo per cani e gatti; le amilasi OGM sono utilizzate nei lieviti per la panificazione, perché aiutano la degradazione degli amidi; l’onnipresente acido citrico lo si ricava industrialmente dalla fermentazione da OGM (non certo dai limoni). Persino nel campo della moda gli OGM sono utilizzati nel trattamento dei tessuti, del cuoio e della seta; la Genencor, dal 1995 commercializza un enzima che dà ai jeans l’effetto stone-washed, senza gli inquinantissimi lavaggi con le pietre vulcaniche. Dal 1988 la Novozymes commercializza i mangia-grasso OGM che tutti noi utilizziamo nei detersivi del supermercato. Eppure gli OGM, oggi più che mai, fanno paura, osteggiati dalla filosofia della natura benigna che vede nel naturale il buono, mentre nel modificato dall’uomo il male. Ad essere pignoli, nessun prodotto vegetale oggi in commercio è veramente naturale. Quelli tipici non sono un dono della natura, ma il risultato dei successi dei genetisti agrari. Tra l’altro alcuni possono creare gravi problemi: le fave con il favismo; fragole, soia, arance, kiwi, cioccolato, noci e uova danno comprovate allergie. Nessuno però, giustamente, si sogna di ritirarli dal commercio. Perché questo viene invece richiesto ai prodotti OGM, commercializzati solo dopo il nulla osta dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) che deve tassativamente escludere il rischio di allergenicità, cosa non richiesta per i prodotti naturali? In Italia il mercato OGM è in crescita: cicoria, ciliegia, cocomero, colza, fragola, kiwi, grano, lampone, lattuga, mais, melanzana, melone, olivo, patata, pomodoro, riso, soia, vite, zucchine. Praticamente tutto. Perché? Resistono meglio agli insetti, ai funghi, ai virus, agli erbicidi, quindi richiedono meno pesticidi; resistono bene alla siccità e quindi fanno economizzare preziose risorse idriche; aumentano la resa produttiva per ettaro e quindi danno un migliore reddito ai contadini riducendo lo spopolamento della campagna; migliorano la qualità organolettica del frutto o dell’ortaggio e innalzano il suo valore nutrizionale. Vi sembrano cose trascurabili? Eppure… vade retro OGM. |
DAI CACCIATORI DI TESTE AI CACCIATORI DI LINGUE di Nat Russo Il business della miseria. Un genitore si dissangua per mandare i figli a studiare all’Università nella speranza (illusion dolce chimera sei tu) che domani ciò possa servir loro a trovare un posto di lavoro, magari in linea con le tematiche studiate. Cosa trova? Che in quell’aulico consesso di sapienza circolano (speriamo lecitamente), alcuni individui che offrono agli allievi dei colloqui mirati a selezionare un piccolo plotoncino da avviare alla nobile professione di chiedere l’elemosina. Avete letto bene. Poco cambia se il termine è tecnico: dialogatori/dialogatrici. Che devono fare costoro? Fermare la gente per strada e cercare, con ogni artificio retorico, avvenenza fisica non esclusa, di farsi dare dei soldi per delle nobili cause: Unicef, Amnesty International, ecc. Ovviamente esibiscono un adeguato materiale informativo per creare nell’interlocutore un considerevole senso di colpa per la sua carenza di civicness se non lo fa. Resi esperti dalla questua familiare quotidiana nei confronti dei genitori e dei nonni, i giovani preparano così il loro futuro. A questo ci siamo ridotti: ad un piccolo mondo di giovani questuanti professionali che farebbero invidia ai seguaci di Mackie Messer dell’Opera da tre soldi brechtiana o a quelli di Fagin e Bill Sikes di Oliver Twist? Ovviamente il giovane che, come dice la Fornero, non deve essere choosy, in cambio della nobile arte dello scrocco, riceve pochissimo. Quanto riceve l’intermediario ed il beneficiario finale non lo sappiamo, ma lo intuiamo. Insomma nel mondo delle chiacchiere siamo giunti al capolinea: partiti intonando abbiam delle belle e buone lingue siamo arrivati al santi che pagano il mio pasto non ce n’è. Viva allora i cacciatori di lingue. Questo è il mondo che abbiamo costruito? Un bello smacco per noi benpensanti manichei che intimamente disprezzavamo i venditori di folletto porta a porta (che è un ottimo prodotto perché l’ho provato) e le olgettine letto a letto (che siano un ottimo prodotto non lo so perché non le ho provate). A cosa serviranno tutti i soldi raccolti per queste buone cause? Un’idea me la sono fatta a Londra, ammirando, vicino al Millennium Bridge, quel magnifico edificio di acciaio e cristallo recentemente edificato. La targa era illuminante: Esercito della Salvezza (la loro ovviamente, a spese nostre). Grazie, abbiamo già dato. |
LA LIBERTÀ DEL CULTO ATEO di Nat Russo Ho visto l’altro giorno a Santa Rita, vicino alla Mensa della Caritas Diocesana, una targa con una strana sigla: UAAR (Unione Agnostici Atei Razionalisti). I locali, di proprietà comunale, sono stati concessi a questa associazione di promozione sociale per espletare i propri nobili fini associativi. Quali? Per rendere edotti i lettori sugli altissimi valori filosofici predicati e praticati ad usum proselitista, parto da alcune perle dei leader dell’Associazione, prese dal loro sito. Si riuniscono due volte alla settimana (neanche la Giunta Comunale lavora tanto). Cosa avranno mai da dirsi? Il programma appare serrato, ambizioso ed incisivo: aborto, bestemmia, sbattezzo, inesistenza di dio (minuscolo ovviamente), vilipendio, campane, ecc. Insomma un progetto anticattolico dichiarato in piena regola, appoggiato dal Comune di Savona, quindi pagato con i nostri soldi. Avrei voluto vedere se la sede fosse stata concessa ad un gruppo militante antislamico, quali urla si sarebbero alzate. Possibile che tra tanti consiglieri cattolicissimi e che raccolgono voti di preferenza a catinelle tra frati, suore, scouts, acli, cooperative diocesane, ecc. non ce ne sia stato uno solo che abbia avuto il coraggio di alzarsi in Consiglio Comunale a porgere la vexata quaestio: “a quale titolo è stata concessa gratuitamente la sede, assessore? La prego però non risponda per difendere la libertà di culto.” |
LA STORYTELLING DI RIBORGO
di Nat Russo
Non so se a Riborgo nascono i fiori come sostiene il giovane psicologo Andrea Guido (che pure delle doppiezze dell’animo umano ne ha fatto mestiere di vita per guadagnare il pane per sé e la sua famiglia). A me paiono piuttosto erbacce e sterpaglie. Faccio il riassunto. A Riborgo (Santuario Savona) una piccola impresa di costruzioni a conduzione famigliare propone la realizzazione di un minuscolo nucleo di 15 villette. Ciò suscita una reazione negativa da parte di alcuni residenti che si sentono danneggiati ed una favorevole da parte di altri residenti che contano di trarne dei vantaggi. Due comitati al prezzo di uno. Troppagraziasantantonio. L’occasione è troppo ghiotta per le forze politiche e le associazioni culturali, ecologiste ed ambientaliste per non buttarvicisi sopra a capofitto per trarne il massimo profitto possibile, diventando chi lo sponsor di una chi dell’altra fazione in lotta. Nascondendo con cura le ascelle pelose, per via delle volpi, sprecano gli aggettivi sulla nobiltà degli intenti sociali che animano le due fazioni. Oh beati manichei! Dopo una serie di dibattiti pubblici e commissioni consiliari, un consigliere di maggioranza scopre che il problema non sussiste più, poiché la richiesta di edificazione è stata consegnata in ritardo ed incompleta, quindi risulta illegittima. Poche settimane dopo il Sindaco di Savona, dimostrando una sensibilità tutta renziana non comune per la tutela dell’ambiente, emette con solerzia un’ordinanza perché la popolazione di Riborgo provveda essa stessa alla messa in sicurezza di Rio Pizzuta, che attraversa il borgo, dal rischio di esondazione. Questi costi li avrebbe assunti l’impresa di costruzione se avessero lasciato edificare le villette, ma visto che non è così, occorre provvedere diversamente. Insomma riborghini ecologisti cacciate fuori il grano (non va letto frumento): nessun pasto è gratis. Il furore comune dei due comitati è grande. Si riuniscono in un solo comitato ma, anziché dare vita ad un consorzio di bonifica (magari aiutati dalle forze politiche e dalle associazioni ambientaliste fiancheggiatrici che su queste cose, a parole, ne sanno due più del diavolo) cosa fanno? Mandano un esposto al Prefetto perché sospenda l’ordinanza del Sindaco e loro non siano considerati responsabili di inadempienze e disastro colposo in caso di esondazione. Giudicate voi quale alto senso di coerenza e di civicness dimostrano queste persone, per giustificare tale floreale spensieratezza dato che a Riborgo nascono i fiori. Una bella selva di contraddizioni. Se viceversa il giovane psicologo voleva parodiare la canzone di De André sono d’accordo con lui: dal letame nascono i fior. Infatti la figura fatta da tutti i soggetti è di tipo escrementale (siamo nella merda). Quando la Prefettura dirà giustamente loro se sono impazziti, allora sì che impugneranno falci, martelli e forconi e verranno a cercare i vari partiti ed associazioni che erano assurti a capipopolo. Per fortuna che me ne sono andato via dagli OSTinati qualche mese fa (perché non condividevo più con loro quasi nulla). Altrimenti sarei dovuto scappare anch’io e, con la mia pancia, sarei stato il primo ad essere catturato. |
NOSTALGIA DELLA MARGONARA DI FUKSAS
di Nat Russo Why not? Passeggiando sulla trafficatissima SS. Aurelia da Savona verso Albissola Mare si nota lo stato di degrado irreversibile che affligge il tratto di spiaggia detta della Margonara. Sono il frutto dissennato di scelte paradossali e ridicole, frutto dell’invidia, del rancore sociale e di una convenienza meschina e furbastra di infimo grado. Quando questi rancori profondi assumono l’indegnità morale di assurgere ad ideologia paraecologica la misura si colma. Qualche polituncolo locale minimo, nella speranza di acchiappare qualche voto che lo ponga nella condizione di aspirare ad una sinecura retribuita, da noi ovviamente, cavalca la nobile protesta. Comitati fantasma sorgono a frotte, si coalizzano per lo spazio di un mattino, improbabili presidenti di associazioni nazionali stantie cavalcano truppe immaginarie, cammellate e beote, Cicero pro domo sua. Solo pochi anni fa l’architetto Massimiliano Fuksas aveva presentato in Comune a Savona il progetto di un porticciolo da 650 posti barca, condensando l’edificato in un edificio alto più di 120 metri che sarebbe sorto a ridosso del molo. Un markland a forma di tornado che sarebbero venuti a visitare i velisti ed i superyacht di tutto il mondo e sarebbe assurto a simbolo della Riviera Ligure. Vedi a tale proposito l’albergo a forma di vela di Dubai. Invece dopo infinite battaglie e strascichi giudiziari infiniti, siamo giunti al no definitivo. No ad ogni speranza di sviluppo e di successo per Savona. Chi sono i colpevoli del no? La macchina burocratica, alcuni politici, sottosegretari e amministratori. Tante parole, ma una totale incomprensione dell’architettura del futuro. In Liguria non c’è disponibilità a guardare avanti. Siamo l’ultima delle regioni del nord Italia, ma stiamo lottando per arretratezza già con alcune regioni meridionali. La Margonara è l’emblema della nostra fine. Nostalgia di Fuksas. Che ne è adesso di lui? Viene ampiamente deriso da cabarettisti che, gonfiati dalla vanagloria di guadagni che paghiamo profumatissimamente loro tramite la tv, assurgono alla gloria di maitre à penser, se non di statisti.
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