GIORNATE PER, GIORNATE CONTRO

Non passa giorno che non ci venga comunicato che “oggi è la giornata per… o la giornata contro…” E sempre più mi chiedo a cosa servano questi accorati appelli, che suonano con lo stesso timbro dei propositi “perché eventi di questo genere non succedano più” che le istituzioni recitano in coro ad ogni incidente sul lavoro o in qualsiasi altro campo.
Siamo una società che prende spunto da ogni deviazione dalla norma per farne un tema sociale e politico, lasciarlo lievitare di forza propria e poi proporre una soluzione legislativa, con tutti i codicilli che la rendono di difficile applicazione.

Uno dei tanti manifesti, o persino opere d’arte, proposti in rete per celebrare la Giornata contro la violenza sulle donne, qui sopra mostrando due donne di colore, tanto per restare nei canoni oggi inneggianti alla “biodiversità etnica”.  Riporto la didascalia a questa immagine: < Il principio attivo dell’amore è la generosità e la capacità di far sentire l’altro accolto, compreso, accettato. Tutto ciò che non arriva all’altro non esiste. Tutto ciò che non sappiamo far vivere comunicare e trasferire, somiglia a una piccola morte. Ogni sensazione o sentimento che non può respirare, che non può evolvere, diventa amarezza. Tutto ciò che non è spontaneo e reciproco, lentamente scompare. > Notevole lirismo, che tuttavia, oltre alla distanza dal tema, non arriverà mai alle orecchie e al cuore cui s’intende indirizzarlo

Oggi, 25 novembre, è la Giornata Contro la violenza sulle donne e si assiste ad un florilegio di manifestazioni e declamazioni, dal banale al lirico. Mi ricordano i sacri propositi di difesa dell’ambiente dalla violenza degli umani. Declamazioni e propositi che sfociano in una didattica di cui non riesco a cogliere i frutti. Come non li colgo quando si deprecano gli incendi dei boschi ad opera di piromani o speculatori, propugnando una maggiore educazione ambientale, a partire dai primi livelli scolastici. Anche se, per la difesa dei boschi, le grida sono molto meno impetuose.

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Non ho sotto mano le statistiche, ma non mi pare che femminicidi, ecocidi, “morti bianche”, ed incendi dolosi, per citare i crimini più noti, siano diminuiti. La didattica arriva ad orecchie già aperte, in base ad elementari norme di comportamento: nessuna persona sana di mente ritiene lecito dar fuoco a un bosco, avvelenare una falda, trascurare elementari norme di sicurezza o picchiare a morte una donna. Quelle a cui dovrebbe arrivare, invece, sono sigillate. Anzi, in certi casi –penso agli incendi dolosi o a particolari comportamenti delittuosi, come ad es. i sassi lanciati dai cavalcavia sulle auto in transito- l’insistere nel mostrarli, pur con lo scopo di “sensibilizzare” l’opinione pubblica, ottiene l’effetto contrario, di emulazione e quindi di incitamento a delinquere in coloro che già nutrono, magari soltanto in nuce, simili inclinazioni.
In campo pubblicitario si tende sempre meno a sprecare soldi e parole per parlare ad un settore di utenti privi di interesse per, che so, pannolini per bebè o scarpe con tacchi a spillo. La pubblicità è sempre più mirata; e lo vediamo sul nostro computer o cellulare: prima scopriamo quali sono i tuoi interessi, in base ai siti che visiti più frequentemente, e poi ti sommergiamo di immagini e filmati dei prodotti che più probabilmente ti attizzano. Al contrario di quanto avviene nei messaggi a pioggia di buone intenzioni che non scalfiscono il marito ubriaco o collerico di natura che alza le mani sulla moglie o addirittura l’ammazza se non sopporta il suo abbandono; o lo squilibrato che trova eccitante veder andare in fumo un bosco per mano sua, gonfiando a dismisura il suo delirio di onnipotenza; o l’imprenditore che lesina le misure antinfortunistiche per non intaccare i profitti; o più banalmente il teppista che devasta le vetrine o i cassonetti durante una manifestazione o un concerto rock. E potrei continuare.

Quarto Oggiaro, il “Bronx” di Milano, tra i quartieri italiani più pericolosi [VEDI]. La costruzione di ghetti edilizi intesi in funzione di squallidi dormitori fu un favore alle mafie, non si sa quanto intenzionale, fatto dalle Giunte comunali dell’epoca, sorde ad ogni appello contrario. Questo simbolo di cecità e sordità è comune purtroppo a tante altre città italiane e straniere. Mi aspetto quanto prima una Giornata Contro le periferie

Alla base di tutti questi comportamenti, e il loro moltiplicarsi a macchia d’olio, c’è una ben precisa e duplice causa a monte, che non scema di certo con le prediche delle “giornate contro”: l’urbanizzazione ossessiva, col doppio risultato della mancata cura di tutto ciò che è esterno alla città e di conseguenza la sua maggiore esposizione al dissesto e agli attacchi vandalici; l’esplosione demografica, che non riguarda soltanto i Paesi direttamente interessati, ma anche quelli verso cui gli esuberi strabordano. Abbiamo città in cui le aree centrali, all’interno delle antiche mura, peraltro riservate ai più abbienti, conservano individualità e dimensioni che le rendono godibili, di contro alle dilatanti e sovraffollate periferie, lasciate al degrado, alla promiscuità e alla criminalità.
Vorrei fare una più specifica osservazione riguardo al proliferare della delinquenza: scarsa quando c’è pane e lavoro per tutti, crescente in proporzione alla miseria, che ne costituisce l’ideale terreno di allignamento. Sono anni, se non decenni, che aumentano le disparità di redditi della popolazione, con i vertici sempre più ristretti, opulenti e distanti da una platea di gente in ristrettezza, quando non alla fame: humus perfetto per l’assoldamento di disperati tra le fila di chi promette, in versione criminale, il lavoro onesto che non c’è più.

Stupendo esemplare di leopardo delle nevi, ritratto nel suo habitat naturale, che svanisce al crescere degli “habitat” innaturali della foto precedente. Secondo i ragioneristici criteri vigenti, gli animali selvatici non hanno valore, se non quello insito nelle loro pellicce, zanne o carne. A dispetto dei tanti proclami sulla biodiversità. Del resto, non si fa mancare neppure una Giornata della Fauna Selvatica: il 3 marzo. Un requiem.   

Il reddito di cittadinanza ha costituito, pur con i suoi limiti, una barriera contro la tentazione di “farsi delinquenti” per sopravvivere. La formula Meloni di sostituire molti che ne usufruiscono in onesti lavoratori cozza contro la rarefazione oggettiva dei posti di lavoro tradizionale, mentre scarseggiano i corsi di riqualificazione; tenendo comunque presente che i “ladri di lavoro umano”, ossia computer e robot, vengono adottati dagli imprenditori per risparmiare proprio sulle spese iperboliche dei lavoratori in carne ed ossa; ed è fuorviante pensare che le richieste di lavoro umano rimangano tali da assorbire altrove quanti sono stati sostituiti da braccia e cervelli inanimati. La maggioranza non è plasmabile, almeno nel giro di una o due generazioni, ad un riassetto della qualità del lavoro così drastico, repentino, specializzato e sofisticato.
A fronte di tutti questi problemi, che sono la grande sfida dell’uomo nel nuovo millennio, con in palio la prosecuzione o meno della vita sulla Terra, a poco valgono i cortei o le giornate pro o contro, che assumono sempre più connotati velleitari atti a tacitare la coscienza collettiva di quanto come specie siamo riusciti a fare (e disfare), nel patetico tentativo di migliorare le condizioni di vita di tutti, mentre a beneficiarne è stata una ristretta élite, a spese di tutti gli altri, nonché della fauna e della flora, anch’esse confinate, sempre per lavarsi la coscienza, in imbalsamate riserve. Riserve nelle quali perviene la eco di quanto combiniamo al loro esterno, finendo con l’equiparare le condizioni di vita degli animali rimasti in quegli “zoo a cielo aperto” a quelle delle nostre periferie.Marco Giacinto Pellifroni   27 novembre 2022

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