Fare o non fare?

FARE O NON FARE?

FARE O NON FARE?

 Quando, a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 del secolo scorso fui folgorato da improvvisa consapevolezza ecologica, mi resi conto che, ridotto all’osso, il criterio dirimente della società industriale era –ed è- l’incapacità di armonizzare azione e contemplazione, come nell’evangelico episodio di Marta e Maria. 

Le società durano nel tempo fintanto che l’azione è temperata dalla contemplazione, mentre decadono velocemente –pur apparendo in progresso- quando la frenesia del fare, l’attivismo fine a se stesso prende il sopravvento e il tempo scandisce sempre più velocemente ogni ambito lavorativo e, paradossalmente, persino quello formalmente riservato al riposo.

 


Marta sempre indaffarata e Maria seduta all’ascolto di Gesù.

L’esempio del Vangelo (Lc 10, 38-42)

 

La mia veneranda età mi ha consentito di vivere l’ultimo pezzo di questa fase delirante, che ha visto la conversione della macchina da strumento elargitore di “tempo libero”, da dedicare alla coltivazione dello spirito, a idolo assorbitore della totalità del nostro tempo, in una frenetica corsa verso l’immedesimazione dell’uomo nella macchina.

Quando le funzioni della macchina erano delegate agli animali questa con-fusione era simboleggiata dal centauro; oggi la riscontro nelle strade popolate di persone-cellulari, non dissimili dai centauri-rider, tutt’uni con il bolide rombante su due ruote.

Se scendiamo in politica, lo scontro quotidiano tra le due forze di governo ripropongono il dilemma tra fare e non fare, a partire dall’Ilva, dal TAP, dalle trivelle, dal TAV. Il M5S s’è assunto l’immane compito di restituire all’agire della società una dimensione più umana, rifuggendo dalle “grandi opere”, che di grande hanno soltanto l’investimento finanziario, dimentiche del fatto, ormai assodato, che quanto più grandi sono, tanto più si abbassa il rapporto con gli occupati. Dimensioni di scala, si asserisce; mentre, di converso, si esalta la loro capacità di “dare lavoro”. Ciò in un contesto imprenditoriale che punta spasmodicamente al taglio di posti di lavoro e/o allo sfruttamento sistematico degli evanescenti lavoratori, in ossequio all’assunto che “la macchina lo fa meglio e a minor costo”; perciò non si esita a riproporre triti ritornelli occupazionali, indifferenti alla devastazione del territorio che le grandi opere lasciano dietro di sé. Mentre pullulano grandi opere del passato lasciate incompiute, aggiungendo al danno la beffa. 

 

 

Due ibridi: classico e moderno

 

Ma tant’è, l’importante è fare. E soprattutto fare onde agevolare e moltiplicare il fare di domani, consentendone un più rapido e invasivo svolgersi negli anni a venire. Per la TAV si riscoprono le virtù del trasporto su rotaia, quando esso è stato osteggiato per decenni, a livello sia urbano che extra-urbano, con costi immensi per la comunità, sia a livello di consumi di carburanti che di inquinamento. Ma così voleva la Fiat: meglio 100 automobili in fila che 100 persone su un tram o su un treno.

Ricordo, in occasione di una delle innumerevoli tornate elettorali imperniate sul contrasto destra-sinistra, un mio pamphlet che suggeriva di votare o rieleggere un sindaco non tanto per ciò che vantava di aver fatto, ma per ciò che prometteva di impedire o aveva coraggiosamente impedito di fare. Cito come simbolo il sindaco Rembado, per aver mantenuto Verezzi semplicemente com’era: un tipico gioiello ligure.

Ai giorni attuali assistiamo ad un novello paradosso: il non fare non ha giustificazioni contemplative, bensì finanziarie. Non si fanno opere pur di estrema necessità e urgenza perché “non ci sono i soldi”. Mettere in sicurezza il territorio? Mancano i fondi. Permettere ai privati di continuare a costruire, anche in zone ad elevato rischio idrogeologico? Beh, questo sì, per incassare gli oneri di urbanizzazione; anche se ciò contribuirà a futuri dissesti, che resteranno tali per mancanza di soldi. Un serpente che si morde la coda.

 


Il tunnel della TAV. Come per tutte le grandi opere il rapporto occupati/investimento è il minimo possibile. Ai massimi invece l’incompatibilità ambientale

 

Ora io mi chiedo, quali sono le differenze fondamentali tra la irresistibile marcia della Lega e l’agonizzante PD? Il contrasto all’immigrazione. Punto. Per il resto sono entrambi partiti del fare. E sono idealmente alleati nell’opporsi al M5S, che funge da temperante degli ardori attivistici di Lega, PD e Forza Italia.

La visita del presidente cinese ha portato una ventata di nuovi progetti faraonici: la Cina non ha il problema dei soldi che mancano, ha in mano quelli di un Occidente che ha preferito trasferire là il lavoro e le imprese. Dopo vent’anni di nostra rinuncia al lavoro in proprio, per poi comprare a prezzi stracciati merci sempre più sofisticate dalla Cina (che non s’è limitata a fare, ma anche ad imparare: vedi il fenomeno Huawei 5G), questa s’è ritrovata inondata dei nostri soldi e s’è data a fare shopping alla grande in giro per il mondo, a cominciare dall’Africa, per puntare ora anche sulle nazioni europee. C’era da aspettarselo da un grande Paese, grande creditore e con una millenaria cultura alle spalle: eh, serve, la cultura, anche nel rendere più scaltri negli affari! Nel nostro prossimo futuro la Via della Seta avrà mano libera per fare, anche in Italia, quello che sinora il neoliberismo finanziario ci aveva impedito di fare, risucchiando i “soldi buoni” nel suo mondo virtuale. La Cina ha usato lo stesso sistema, ma con una sostanziale differenza: i nostri “soldi buoni” li ha presi, col signoraggio, lo Stato (non la finanza privata, come da noi), dando in cambio ai suoi imprenditori fiat money, cioè renmimbi (yuan), e tenendosi la valuta pregiata; che ora spende, anche da noi, per fare, alla grande, ciò che sinora ci era precluso. Ecco spiegato il tappeto rosso a Xi-Jin Ping. E non è detto che non si facciano anche le opere davvero necessarie, invece delle tante cattedrali nel deserto, nelle quali la Cina brilla come primato mondiale: per chi fosse scettico, invito alla lettura di questo sconvolgente articolo, [VEDI] che rivela come una volta imboccata la strada della crescita quantitativa del PIL, senza considerarne la qualità, usata come misuratore della prosperità di un Paese, il PIL è un vicolo cieco, come una droga dell’economia da cui gli stati diventano dipendenti!

 

 

Huawei e Renmimbi. A furia di trasferire produzioni in Cina, ecco il risultato:

cellulari cinesi d’avanguardia e crescente debito verso il Sol Levante 

 

Alla luce di questa febbre da cemento, che gli avrebbe facilitato il compito, il M5S, nella sua immaturità politica, non ha saputo valorizzare le sue idee fondanti; cosa peraltro difficilissima in un contesto culturale e politico, non solo italiano, come abbiamo appena visto, del fare per il fare. Si aggiungano le titubanze, le spinte e controspinte pentastellate sul fronte immigratorio, nonostante la grande maggioranza degli italiani siano arcistufi (sick and tired direbbero gli inglesi) degli sbarchi di clandestini. Idee fondanti, dicevo: ossia le idee di cui c’è disperato bisogno e che sintetizzo in un radicale cambio del paradigma economico e produttivo oggi vigente, che riesce a tenersi a galla a spese della salute delle persone e dell’ambiente. Il M5S è apparso troppo spesso cedente su questi fronti, che dovevano invece essere la sua bandiera vincente. 

A questo punto, il leniniano “che fare?” sorge spontaneo, sia per il M5S che per chi tra breve sarà chiamato a votare. Questo bivio ha un vistoso precedente: il PCI, quando l’URSS implose, dovette decidere se tener fede ai suoi principi fondanti, in un mondo che aveva sconfessato la proprietà pubblica dei mezzi di produzione, ossia il comunismo; ovvero unirsi al coro generale e uniformarsi al pensiero opposto, neoliberista, erigendolo così a pensiero unico. Con questa storica abiura, il PCI, a livello di vertice, perse via via i connotati di difensore dei lavoratori e finì col trasformarsi, attraverso varie etichette, nel PD di Renzi, ossia nel relitto di se stesso. 

 


 Il fiume di soldi cinesi nasce dall’Occidente:

rappresenta il nostro mancato lavoro e precariato diffuso

 

Cosa deciderà la dirigenza del M5S ora, nell’imminenza di importanti votazioni? L’effetto trascinante di Lega ed altri partiti minori, ma uniti ad essa dal credo nel fare, da FdI a FI al PD, costituirà una corrente molto forte, che richiederebbe robusti remi per risalirla. Motivo valido per rinforzare col proprio voto il M5S, unica forza di possibile contrasto alla valanga di voti in marcia verso il fare a prescindere. È proprio nel momento in cui si cerca con ogni mezzo di riportarci ai nefasti anni del bipolarismo destra-sinistra che le persone più responsabili, ossia in questo momento quelle preoccupate soprattutto di un ambiente nuovamente amico dell’uomo e viceversa, devono rafforzare un movimento che ha comunque dimostrato di reggere agli attacchi pluri-quotidiani dei mass media, espressioni della finanza onnivora. Mentre l’ambiente è assente nelle agende di tutte le altre forze politiche (con i Verdi ridotti ahimè al lumicino).

 


Una delle tante città cinesi in Africa: disabitate.

Per gli africani costano troppo; ma sono pronte per i cinesi che arriveranno?

Simili città fantasma sono presenti anche in Cina:

quando si dice “costruire per costruire”… e far crescere il PIL!

 

Ascoltare oggi tutti i discorsi infervorati su piani di sviluppo e di mitica “crescita” mentre si profila all’orizzonte la sempre più acuta sofferenza della nostra Terra verso il suo sfruttamento nelle mille forme in cui questa inciviltà s’ingegna di svilirla, mi riempie di sgomento. Devo assistere alla blasfema marcia di sostituzione del creato con l’artefatto, non comprendendo che più si fa e più si creano le premesse per un successivo “dover fare”, per il sorgere di nuovi e sempre insoddisfatti appetiti, in ossequio alle esigenze del nostro nuovo regolatore comportamentale: i mercati.

E penso a quanto contraddittorio sia anche il comportamento della Chiesa, che ebbe la sua massima ragion d’essere nella spiritualità di un Medio Evo, oggi deriso proprio per la sua propensione alla contemplazione rispetto all’azione; contraddittorio quando, a fronte di un’isolata omelia in difesa dell’ambiente, perora a ritmo ossessivo l’immigrazione selvaggia, dimentica che la sua causa prima è la sconsiderata proliferazione dei Paesi africani, che “fanno figli come i conigli”, per usare una battuta del Papa, il quale appare sordo al grido della Terra, oppressa da troppa e vorace umanità. Paesi africani peraltro in via di occupazione da parte della stessa Cina, che ne pianifica la futura funzione di ospitalità della sua ridondante popolazione e guarda con favore lo spostamento di masse africane in Europa. E la politica di colonialismo monetario della Francia in Africa [VEDI] non farà che acuire le istanze per liberarsene, magari accogliendo a braccia aperte i cinesi in esubero nella loro madre patria. Un po’ sulla falsariga delle trionfali accoglienze dei “liberatori americani” nel 1945. 

 

   Marco Giacinto Pellifroni                 31 marzo 2019

  Visita il blog  https://www.marcogiacinto. com 

 

 

 

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