Elezioni Britanniche

ELEZIONI BRITANNICHE: UNA PARZIALE SORPRESA
(con una crescente partecipazione al voto, contrariamente all’Italia)

ELEZIONI BRITANNICHE: UNA PARZIALE SORPRESA
(con una crescente partecipazione al voto, contrariamente all’Italia)

Il bipartitismo non ha franato e la crisi ha spostato verso destra: questo la valutazione di fondo che può essere svolta conoscendo i primi dati delle elezioni britanniche, svoltesi giovedì 7 maggio.

Il risultato elettorale ha fornito sì per la prima volta nella storia britannica (a parte i periodi di guerra, con i gabinetti di unità nazionale) l’indicazione riguardante la necessità di formare un governo di coalizione (salvo che i Tories non decidano di tentare la strada dell’esecutivo di minoranza), ma le condizioni in cui questo fatto storico avviene sono ben diverse da quelle indicate dagli analisti nelle settimane scorse e dai sondaggi resi pubblici.

Prima di tutto, però, c’è da far rilevare l’aumento della partecipazione al voto, in netta controtendenza con quanto emerso a livello europeo negli ultimi tempi (pensiamo alla Regionali in Francia e in Italia) a dimostrazione di come, forse, le elezioni politiche sono in grado comunque di stimolare un interesse di massa, in particolare quando sono preannunciate come estremamente incerte nell’esito: nella sostanza la percentuale dei votati è salita di 4 punti rispetto alle elezioni del 2005, dal 61, 1 al 65,1%.

Il successo conservatore è stato netto anche nell’attribuzione complessiva dei voti: i laburisti sono stati superati di circa 2 milioni di consensi, mentre i liberaldemocratici sono risultati staccati di quasi quattro milioni e penalizzati dalla legge elettorale (basata, forse è superfluo ricordarlo con collegi uninominali plurality: più concorrenti ed un solo eletto, con  la maggioranza semplice) non possedendo insediamenti particolarmente forti su determinate porzioni di territorio.

Alla fine, contando i seggi tra i tre maggiori partiti troviamo che i conservatori con 305 seggi hanno guadagnato 97 deputati ai Comuni, il Labour con 251 ne ha perduti 91 ed il Libdem con 57 ne hanno persi 5.

Una situazione che, dal punto di vista delle percentuali di voto, assomiglia adesso a quella italiana, con i due maggiori partiti che assommano a fatica poco più del 65% dei votanti (che sono stati, lo ricordiamo ancora il 65% dell’intero elettorato).

Esamineremo nel prossimi giorni i dettagli degli spostamenti di voto da collegio a collegio e sicuramente capiremo meglio ciò che è avvenuto: ma per certo, già adesso, si può dire che il sistema elettorale ha difeso (con un certo successo) il residuo bipartitismo e che il voto, nel suo complesso, non è apparso reclamare immediatamente una modifica della legge elettorale, come invece pareva essere nelle richieste dei LibDem.

Anche dal punto di vista del numero dei partiti presenti alla Camera la situazione è rimasta sostanzialmente invariata, tra chi entra e chi esce: Respect, i conservatori dell’Ulster e il partito Cristiano escono ed entrano i Verdi e l’Alliance Party irlandese: non si è verificata, invece, una qual sorta di sfondamento da parte dei partiti nazionalisti; l’Union Party irlandese perde un seggio; lo Scottisch N.P resta fermo a 6 seggi, così come il Sinn Fein a 5 e guadagnano un deputato soltanto i gallesi del Plaid Cymon che salgono a 3.

Sicuramente un “multipartitismo” che potremmo definire “squilibrato” quello britannico uscito dalle urne, con quasi un milione e mezzo di voti raccolti tra l’Independence Party e il British National Party che non ha prodotto alcun seggio, come sta nella tradizione di questo tipo di stemi elettorali.

Nella sostanza la tendenza alla penalizzazione del governo uscente, la cui crisi di consenso era già in atto da tempo, non è stata frenata dall’andamento della campagna elettorale ed il mancato raggiungimento della maggioranza assoluta da parte del partito di opposizione, che era stata giudicata lontana fino a pochi giorni fa, è stata mancata di poco: una vittoria, quindi, per  i conservatori, che deve essere ribadita come giudizio di fondo sull’esito di questa tornata elettorale.

L’andamento della formazione del governo in una situazione di “parlamento in attesa” risulterà comunque molto interessante anche perché la prassi che vorrebbe il primo tentativo effettuato dal governo uscente potrebbe essere immediatamente ribaltata: comunque non pare essere venuta, dall’elettorato, una spinta precisa verso la modifica del sistema elettorale in senso proporzionale ( adottato, invece, per le elezioni europee) ma piuttosto una richiesta di definire meglio i criteri di governabilità.

Sarà importante, anche a livello europeo, verificare se questo problema sarà affrontato, dai protagonisti del sistema politico inglese, nei prossimi mesi.

Savona, 8 Maggio 2010                                                             Franco Astengo

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