E’ solo un attimo.

E’ solo un attimo.
Quante volte lo abbiamo detto, o pensato? Quante volte avremmo voluto, o vorremmo ancora, cambiare qualche attimo della nostra vita?

E’ solo un attimo.

 Quante volte lo abbiamo detto, o pensato? Quante volte avremmo voluto, o vorremmo ancora, cambiare qualche attimo della nostra vita? Non funziona così, per nessuno. La vita passata non si può modificare, ma essa ha un grande potere su quella futura: insegnare. Certo, è necessario avere la percezione di aver sbagliato per accogliere l’insegnamento. La vita è saggia, sa che l’uomo è una creatura fallace, capace di altissime punte d’ingegno come di nefandezze assolute; la vita sa che la sua creatura più contraddittoria è anche fragile e spesso indifferente alla saggezza.


Così, è bastato un attimo ad un cacciatore per sparare e uccidere. Certo, è sempre questione di un attimo l’uccidere. Tuttavia, per l’essere specista vi è una distinzione morale netta nell’atto dell’uccidere a seconda che la vittima appartenga alla sua stessa specie o meno. L’animale uccide per sopravvivenza, si tratti di nutrimento o di difesa o anche di istinto, non per crudeltà. Solo l’animale uomo conosce la crudeltà di uccidere per divertimento, per una distorsione culturale antropocentrica che non di rado porta anche all’autodistruzione. Solo l’uomo conosce il pentimento, il desiderio di cambiare un attimo della propria vita, perché è l’unico essere vivente che non comprende la morte e soccombe a se stesso nel cedere al potere di dare la morte fine a se stessa. Tutti i viventi provano sentimenti, tutti temono quell’attimo in cui tutto ha fine, tutti tremano allo stesso modo davanti alla morte. Solo l’uomo possiede l’arroganza cieca di non capire, o meglio, alcuni uomini. Esiste l’inferno? Secondo me si, ed è quello che molti vivono in Terra. Sono i privilegiati, quelli che vorrebbero cambiare l’attimo, quelli che imparano dall’attimo perduto. Il cacciatore assassino preterintenzionale del povero cercatore di funghi, se è fortunato, vivrà il suo inferno in Terra, imparerà dall’attimo perduto la propria nullità facendone, forse, punto di forza per cambiare il proprio futuro. Chi nulla sembra invece aver compreso, sono i politici, moralmente colpevoli di una morte evitabile. Ultimamente si parla di rendere obbligatorio indossare una pettorina colorata se ci si avventura nei boschi, patrimonio di tutti, in tempo di barbarie. Ma non sarebbe meglio imporre un giubbotto antiproiettile?


 Perlomeno sarebbe coerente col pericolo. Ma no, perché allora bisognerebbe ammettere che i cacciatori costituiscono un pericolo per loro stessi, tant’è che si ammazzano tranquillamente tra di loro pur indossando il famoso giubbotto colorato. Per non scontentare la categoria, meglio introdurre una norma che scarica la responsabilità sui temerari che osano girare nei boschi in tempi di barbarie. Non indossano il giubbotto? Attenuante per l’uccisore. Non dicono, o forse non hanno previsto, gli autori della pensata che essere uccisi da un cacciatore se si indossa il giubbotto può costituire aggravante? No certo. Il fine ultimo è non perde i voti di una categoria, giudicando a torto che siano più utili e numerosi di quelli che invece la morte la rispettano e non la infliggono. Ricordate la famosa sentenza che assolse uno stupratore perché la vittima indossava jeans e quindi, sarebbe stato impossibile lo stupro? Fu la Caporetto del moralismo maschilista strisciante. Analogamente, questa proposta si ritorcerà contro chi la ha lanciata (infatti nessuno parla della vicenda). Un uomo innocente è morto sotto gli occhi della moglie. Un uomo, forse, avrà da pensare per il resto della sua vita ad un attimo, ad un solo attimo, o forse penserà che sia stato solo un attimo. Io penso che nessuna tragedia sia più grande per un uomo dal non imparare dalla sua stessa vita e che non vi sia colpa più grande che dare potere a chi non sa fermarsi davanti al dolore, uguale per tutti.

Giovanna Rezzoagli Ganci

 

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