DEMOCRATICAMENTE SCHIAVI

 DEMOCRATICAMENTE  SCHIAVI

 DEMOCRATICAMENTE  SCHIAVI

L’attuale creazione di denaro
operata ex nihilo dal sistema
bancario è identica alla creazione
di moneta da parte dei falsari.
In concreto, i risultati sono gli
stessi. La sola differenza è che sono
diversi coloro che ne traggono profitto.
Maurice Allais. Nobel Economia 1988

 Controriforma (secolo XVI)

                   Restaurazione (secolo XIX)

                                 Reazione (secolo XX)

                                          Salva Italia (secolo XXI) 

Tutte queste denominazioni attraverso i secoli sono la risposta ai tentativi di progresso dei popoli da parte delle classi dominanti, in particolare di quel gruppo di potere transnazionale che va sotto l’etichetta di lobby o cupola bancaria, oggi uscita prepotentemente alla ribalta con l’abdicazione del governo in carica ad uno c. d. “tecnico”, incaricato di mettere in atto un pacchetti di misure reazionarie, chiamate eufemisticamente “Salva Italia”.

Tenendo nascosto alle popolazioni il perverso meccanismo di creazione monetaria denunciato da Allais e da altre lucide menti indipendenti, molte delle quali pagarono con la vita il loro coraggio, i punti su cui insiste il neo-liberismo –ossia l’ideologia voluta dai banchieri, che si traduce in libertà massima per loro e minima per la gente- sono in particolare: innovazione, produttività, crescita. Ottimi mezzi verso un progresso comune. Molto meno se utilizzati per l’arricchimento di pochi e l’impoverimento di molti.

L’innovazione richiede investimenti nella ricerca, al fine di produrre più merci o merci di miglior qualità a parità di costi, grazie ad avanzati metodi di produzione.

Alternativamente, e molto più economicamente, la produttività può venire accresciuta in modi molto meno costosi per le aziende: inasprendo i turni e le condizioni di lavoro, tenendo bassi i salari, precarizzando e/o licenziando i lavoratori, distribuendo al massimo la produzione a ditte esterne, ricorrendo ad acquisizioni e fusioni di aziende, ovvero delocalizzando gli impianti in aree a basso costo della manodopera e con leggi ambientali più tolleranti di quelle vigenti in patria. Ovviamente sono queste le opzioni preferite dagli imprenditori che badano, in ossequio alla crescente finanziarizzazione dell’industria, più al valore in Borsa delle loro azioni che al benessere dei propri dipendenti. Il fenomeno della crescente finanziarizzazione delle imprese è stato l’ultimo in ordine di tempo, ma il più devastante, e lo si può definire la nuova forma di produttività: quella del danaro, con ciò intendendo la sua capacità di generare se stesso. In altri termini, il sistema bancario di far fruttare il denaro –soprattutto altrui- viene trasferito nelle imprese in sostituzione della produttività degli impianti, arrivando al paradosso che molte grandi società hanno finito con l’esercitare prioritariamente mansioni di tipo bancario o assicurativo.

Maurice Allais. Nobel Economia 1988

Seguendo questi criteri negli ultimi trent’anni la produttività di lavoro e denaro è stata consistentemente trasferita dal basso ai vertici della piramide dei redditi, con la contemporanea, progressiva scomparsa della classe media, scivolata verso la base.

Agli albori del secolo scorso, invece, l’industria puntava ad aumentare la produttività mediante investimenti nell’innovazione di prodotti e processi produttivi, avendo cura di condividere coi lavoratori i frutti di tale aumento.

 L’esempio da manuale è quello di Henry Ford, che razionalizzò la fabbricazione delle auto, con la sua famosa Ford T, distribuendo aumenti salariali al crescere dei profitti. Al contrario di quanto sta facendo la Fiat odierna, che fa convivere condizioni di lavoro sempre più rigide con i salari più bassi d’Europa; e solo dopo aver raggiunto questo obiettivo, sta riportando alcune linee di produzione dalla Polonia in Italia.

Ho volutamente tralasciato un altro modo per aumentare la produttività: le economie di scala, ossia il sovradimensionamento degli impianti. Il risultato è oggi inconfutabile: non si può pensare di crescere in un mondo occidentale semplicemente accrescendo la produzione, in quanto il nostro è ormai un mercato di mera sostituzione delle merci; e solo allettando le persone –i “consumatori”- a buttare via ciò che di funzionante hanno, in nome di mode sempre più effimere, si riesce a stimolare qualche vendita in più. Gli impianti lavorano quindi al 60% o al massimo al 70% della loro capacità.

In un mondo in cui la crescita può essere solo drogata, c’è da chiedersi con quale criterio si continui ad invocarla quale rimedio ad un PIL stagnante o in flessione, come previsto per il prossimo anno. Si punta sul PIL per il pagamento di quel furto legalizzato che sono gli interessi su un debito frutto di falsi prestiti da parte di banche, a cominciare da quella centrale, che li hanno creati col semplice tocco di qualche tasto su un computer. E per tener fede a questo colossale esborso senza possibile fine si chiede alla gente di a svenarsi ogni anno di più per far grassi i banchieri che se la godono lontani dagli occhi di tutti.

Questi banchieri occulti hanno trovato il modo di farci pagare per essere loro schiavi. E dovremmo pure farlo con zelante spirito di sacrificio, come ha enfatizzato il garante di questa operazione, un inedito presidente della Repubblica, che afferma fiducioso che “l’Italia ce la farà”. Il capolavoro dei signori del denaro è stato quello di affidarsi alla democrazia (di facciata) per proseguire nel loro progetto verso il Nuovo Ordine Mondiale, auspicato pure da Napolitano (l’ho sentito con le mie orecchie dichiararlo un paio d’anni fa).  Dopo l’esperienza di Hitler, hanno scoperto che è la democrazia la forma di governo che più gli si acconcia, naturalmente con uomini obbedienti ai loro piani; pur con qualche eccezione di presidenti democratici, che tentarono di remargli contro, come J. F. Kennedy. Fu eliminato, come altri suoi predecessori, sempre per gli stessi motivi: avevano commesso il peccato mortale di restituire al popolo i proventi del signoraggio.

Dunque, i gravi sacrifici che ci stanno chiedendo e che non cesseranno mai di chiederci, per vivere alle nostre spalle, NON sono necessari, in quanto il debito pubblico non è la causa ma l’effetto di anni di dazioni al mondo bancario, che nulla mai ha prodotto, di soldi guadagnati col sudore della fronte degli italiani: alla faccia della Repubblica Italiana fondata sul lavoro (nostro, ma a favore loro). 

Marco Giacinto Pellifroni                                               25 dicembre 2011

 

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