Corpi spezzati
E’ spesso necessario avvicinarsi per capire.
Ma accade che qualche volta ci si debba allontanare.
Allontanandoci dall’oggetto lo possiamo vedere intero. Vicino, lo vediamo scisso, un pezzo per volta: sul bancone del macellaio non possiamo vedere esposto un vitello intero. Ne vediamo al massimo un quarto. Oppure vediamo una serie di parti: garretti, costate, fegati… Ma il vitello intero non riusciamo quasi neanche più ad immaginarlo.
Volando a tremila metri di quota, vedi le montagne, e insieme le pianure, e le case. E le intendi come cose diverse.
Ma se tu fossi su un’astronave, nel guardare la Terra, vedresti solo la Terra.
Mare, monti, pianure, deserti, case, nuvole, fiumi, non li vedresti più. Solo una sfera indifferenziata. E allora questo dell’allontanarsi è a volte un modo di… avvicinarsi. Perché concretamente constati che leone, riccio, giraffa, farfalla, uomo, delfino… sono tutti là, in quella palla azzurra nelle tenebre, universa, omogenea.
Allo stesso modo una madre per il lattante. Egli ne vede e tocca il seno. Oppure il volto. Oppure il braccio. Le è così vicino che non può neanche focalizzarla.
Ma se si allontana (per il bambino si intende un allontanamento spaziale e temporale) allora integra tutte quelle parti in un unico soggetto.
Se da neonato aveva pensato che esse fossero cose diverse, ora, cresciuto e maturato, non lo pensa più. Non più allo stesso modo di prima.
Ora ha dinnanzi agli occhi un essere unico e intero, e non può più privilegiare una parte di quel corpo rispetto le altre, farle vicendevolmente nemiche (mammella buona e mammella cattiva dello stesso seno, direbbe Melania Klein…).
Ecco, quando l’uomo crede di essere al centro del mondo, si rivela bambino. Non si è ancora allontanato a sufficienza per capire.
Tutto il progresso spirituale dell’uomo è consistito nel riconoscersi sempre più piccolo. Lo ha affermato mirabilmente Socrate, icasticamente e con magistrale semplicità: “So di non sapere” è il concetto metabolizzato nell’uomo saggio. E la storia del pensiero e della scienza lo dimostra empiricamente: l’uomo era più sprovveduto e più bambino quando credeva di essere al (il) centro del mondo.
Copernico lo ha deluso, e lo ha cresciuto.
Ulteriormente cresciuto lo ha Darwin, che gli ha rivelato come egli non sia neppure il centro di questo suo mondo, la Terra, tra i tanti dell’universo.
Altro ridimensionamento lo ha ricevuto da Freud, il quale gli ha tolto anche l’illusione di essere padrone di se stesso.
Non sappiamo se qualcun altro o qualcosa d’altro costringerà l’uomo a rimpicciolirsi ulteriormente. Sappiamo che però dal punto di vista della consapevolezza la maggioranza degli uomini è rimasta al Medioevo, cioè all’infantilismo di essere grandi.
Il modo indecente ed ingiusto dell’uomo del XXI secolo di rapportarsi agli animali, gli serve per dimostrare, innanzitutto a se stesso, che se opera da padrone, allora Copernico, Darwin, Freud, non hanno scalfito il suo potere.
Il benessere egoistico dell’uomo resta, al di là delle parole e delle apparenze, il criterio che fonda la morale e l’etica del bene e del male. E la chiesa mostra di essere il baluardo più forte e fedele dell’uomo che per non sentirsi piccolo non vuole crescere.
In tutte le grandi svolte culturali della storia gli è stata in ciò vicina.
Ha contrastato Copernico, negando che al centro ci fosse il sole anziché la Terra.
Ha contrastato Darwin, negando che i primi uomini fossero dei primati che a mano a mano si sono evoluti distanziando per sviluppo intellettuale gli altri primati loro stretti parenti, e continuando a sostenere che il primo uomo e la prima donna erano i bellissimi abitatori del paradiso terrestre.
Ha contrastato Freud, negando che l’uomo fosse mosso in gran parte da forze che l’uomo stesso non governava, e ha pure negato che il bambino avesse una sua peculiare sessualità e fosse qualcosa di diverso da un angioletto candido e innocente, un puttino senz’ali tutt’altro che perverso polimorfo.
Ma ormai tutte queste svolte epocali hanno preso il largo, e anche gli ideali di “liberté, fraternité, egalité”, pur essi compressi dalla chiesa che preferiva la tripartizione medioevale gerarchicamente strutturata con (in ordine di importanza) preti, guerrieri e servi della gleba, sono ormai entrati nella mentalità comune.
Quest’ultima molto spesso non li segue, ma neppure pensa di vederli come dei valori di per sé falsi.
Poiché dalla chiesa il progresso culturale e sociale che potesse rimettere in discussione il suo potere acquisito è stato sempre storicamente osteggiato, come si può darle il credito della buona fede nel suo osteggiare altrettanto ostinatamente il riconoscimento agli animali di avere dei diritti?