Commento all’articolo di Vito Mancuso “Il berlusconismo e la sua religione” *

Quello che è più sorprendente nel fenomeno “berlusconismo” è la mancanza di un suo contraltare: una forza dirompente, senza opposizione, così come il mondo occidentale dopo il crollo del muro di Berlino. Negli anni successivi, che coincidono, non a caso, con l’avanzata di Berlusconi e la sua influenza sulle nostre scale di valori, sono crollati il comunismo come ideologia politica e le religioni come guide morali.

Le due principali stelle cadenti della seconda metà del ‘900. Per Berlusconi, novello don Chisciotte contro i mulini a vento, la prima rimase sempre brillante in un suo iperboreo firmamento. Quanto alla seconda, la religione ha finito con lo scadere per i più a mera liturgia e morale immanente

I loro opposti, come due potenti calamite, hanno attirato a sé tutti i loro passati nemici: dagli ex-comunisti, convertiti al nuovo idolo monetario, a tanti ex-fedeli, scopertisi miscredenti, in un contesto culturale dominato ormai da scienza e tecnologia.

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Al contrario di tanti reggitori di popoli, che mirano a mutarne l’essenza, Berlusconi fece emergere il lato più naturale delle persone, le agevolò ad essere se stesse, azzerando parte delle dottrine, sacre o profane, con cui erano state sino allora plasmate, prendendo atto di quello che siamo, anziché quello che, secondo quei crismi, dovremmo essere. Si definiva un moderato, ma in realtà era un ribelle, oserei dire un anarchico, tanto era insofferente ai tanti, troppi vincoli che ci sono stati via via imposti, determinando i conseguenti comportamenti.   
Mancuso addebita alla scarsa cultura la maggior colpa della nostra docile permeabilità al berlusconismo. La cultura richiede una faticosa applicazione mentale e una spinta interna che la maggioranza non ha. Forse che l’ampliarsi della popolazione studentesca di oggi rispetto al passato ha ridotto il grado di ignoranza e analfabetismo dilagante? D’altronde, col sistema democratico vigente, considerato il migliore possibile, c’è forse un altro modo di ottenere voti se non rivolgersi a quel 90% che Berlusconi indicava al suo interlocutore? E per rivolgersi a quella platea, alla “plebaglia”, per dirla alla Mancuso, su cos’altro si può far leva se non sul panem et circenses? Parlare al popolo, usando il suo corrente linguaggio, è l’essenza del populismo, che Berlusconi interpretò con abilità e furbizia, non tanto diversamente da Grillo, Reagan, Schwarzenegger, Zelensky e tanti altri: tutti uomini di spettacolo, prestati alla politica per la loro capacità di affascinare le platee.

Karima El Mahroug, ex Ruby Rubacuori, assolta dopo 13 anni di calvario giudiziario e tritacarne mediatico, al pari di Berlusconi. Tanto rumore per nulla, dunque; che tuttavia costò al Cavaliere Palazzo Chigi. L’attrazione dell’uomo “di età” per la ragazza giovane esiste da sempre, ma è condannata dall’etichetta moralista quasi al pari della pedofilia. Non importa se Ruby avesse quasi 18 anni e il fisico di una donna a tutti gli effetti. Le ragazze di oggi sono ben diverse da un tempo; e la maggiore età dovrebbe essere parallelamente abbassata

Una innegabile dote di Berlusconi è la sua mancanza di ipocrisia, il dire ciò che pensa, in particolare il non voler nascondere il suo lato più privatamente condannabile, pur albergando in tutti noi: quello su cui la Chiesa ha caparbiamente insistito per secoli, dimenticando peccati ben più gravi; e cioè l’attrazione per le donne, in cui sono inciampati tanti altri leader, non solo nostrani. Su questo versante vige uno sdoppiamento perbenista della personalità: tutti angeli in pubblico e demoni in privato. Ma l’”onore” è salvo.
Quella che io considero una virtù –il parlar franco- è stato il suo tallone d’Achille, di cui hanno approfittato vilmente nemici politici come la Merkel e lo scellerato Sarkozy, per farlo cadere nel golpe del 2011, senza che ce ne fossero salde motivazioni politiche ed economiche. Ignorando bellamente il politically correct, che invece contraddistingue la quasi totalità degli uomini politici, Berlusconi ha conquistato le masse.
Al Nostro bisogna riconoscere un’esilarante ironia, anzi auto-ironia, che emergeva nelle barzellette con cui prendeva boccaccescamente in giro anche se stesso. Era dotato di un estro non comune, capace di sorprendere e risultare inviso ai politichesi, ma finendo col piacere al suo interlocutore privilegiato: il popolo, che diffida dei guanti bianchi della diplomazia e del parlare forbito, inteso come artificio per occultare la realtà.
Il maggior difetto che imputo a Berlusconi è invece la sua incrollabile partigianeria: non concedeva nemmeno un briciolo di ragione alle posizioni diverse dalle sue. Come l’anti- comunismo che ha infarcito tante sue invettive. Al pari dell’anti-fascismo, ultima carta rimasta nelle mani degli ex comunisti che mal sopportano il prefisso ex.

Drive in, Colpo Grosso ed altre fortunate formule delle TV berlusconiane hanno elargito serate di spensieratezza a milioni di italiani negli allegri anni ’80, oggi rimpianti come mitici. Non condivido l’accanimento fino al disprezzo di tanti intellettuali per questa forma di svago, vista come corruzione dei costumi. L’antica identificazione della donna col diavolo tentatore è dura a morire

Contrariamente alle critiche che non hanno cessato di piovere sulla sua testa, ringrazio Berlusconi per aver contribuito al decennio più spensierato del cupo secolo scorso: gli anni ’80, una parentesi ricreativa, dopo i tetri anni ’70, e purtroppo dissolti nei burocratici anni ’90, all’insegna delle tintinnanti manette di Mani Pulite e della sotterranea marcia, sopra le nostre teste, verso l’Unione Europea e l’euro.

Per Vito Mancuso “il berlusconismo è un’infezione della
coscienza morale. Rappresenta la fine plateale del primato
dell’etica e il trionfo del primato del successo.”
Non è il liberalismo berlusconiano, ma la sua degenerazione
neoliberale ad aver fatto della vita un agone competitivo dove
non si combatte ad armi pari e il denaro è il metro del successo

Contro queste ultime piovre il Nostro non seppe opporre una resistenza da par suo. Forse perché non si rese conto dell’enormità dei cambiamenti in atto, tutto preso a parare i colpi di una magistratura ossessivamente ostile, anche col varare leggi ad personam che l’hanno squalificato come politico, arrivato quasi distrattamente a inserire in Costituzione il pareggio di bilancio, equiparando l’Italia ad una SpA.
In estrema sintesi, Berlusconi abbracciò il liberalismo in modo talmente acritico da non accorgersi della sua deriva verso un neoliberismo totalitario e oppressivo che avrebbe posto su torri d’avorio i suoi guru, rendendo il resto dei popoli vittime di una democrazia di facciata e di una povertà dilagante, con la classe media sgretolata nella melma di un nuovo proletariato bifronte: tumultuoso demograficamente nel Sud del mondo, e senza prole nel Vecchio e nel Nuovo Mondo. Abitando anch’egli in una sua torre d’avorio, Berlusconi non si accorse che il popolo non era più quello del 1994, quando lui scese vittoriosamente in campo. L’uomo rimase graniticamente invariato, un manichino stantio che echeggiava alla noia se stesso, mentre perdeva di vista gran parte del suo popolo originario. Era venuta meno, mutatis mutandis, la stessa “spinta propulsiva” che Berlinguer aveva denunciato dopo il crollo dell’URSS. Berlinguer morì all’apice del successo, passando nel mito. Lui, invece, si incamminò lungo un inglorioso “viale del tramonto”.

Marco Giacinto Pellifroni  18 giugno 2023

*https://www.vitomancuso.it/2023/06/13/il-berlusconismo-e-la-sua-religione/

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