ET IN ITALIA EGO

Solo in questo nostro paese di atei devoti e dai facili entusiasmi per i demagoghi di turno, credo, avrebbe potuto attecchire e prosperare un fenomeno come quello del berlusconismo, cioè di un misto di peronismo, populismo e cesarismo in salsa familistico-aziendale.

Personalità indubbiamente carismatica e anche per questo divisiva, così in vita come in morte, Silvio Berlusconi è ancora oggetto di accese  polemiche mediatiche: “Ha vinto lui” (La Verita’); “La Repubblica del Banana” (il Fatto Quotidiano), come si vede si va da un estremo all’altro, dagli Osanna agli anatemi; dal “Santo subito” a “Che l’inferno ti  sia lieve”; da “Unto del Signore” a “Corruttore seriale”, insomma Berlusconi è stato ed è a tutt’oggi una figura controversa: “Segno d’immensa invidia / E di pietà profonda, / D’inestinguibil odio / E d’indomato amor”.

Secondo LaVerità: ”Odio politico, offensiva giudiziaria e condanna morale; il Cav è stato vessato con ogni mezzo. Sempre sotto tiro, ha avuto la meglio pure nei tribunali, dove chiunque altro sarebbe finito travolto”; secondo il Fatto Quotidiano: “Soldi, tv e anime nere. Così si è preso l’Italia”. Chi ha ragione? Ma per rispondere a questa domanda che tante anime pie considerano prematura in quanto non ci sarebbe una sufficiente distanza temporale dalla morte della persona che si pretende di giudicare a caldo bisognerebbe rispondere prima alla domanda: dopo questi ultimi trent’anni dominati dal berlusconismo l’Italia sta meglio o peggio da quella precedente alla famosa discesa in campo del Cavaliere?

La risposta è facile: dato che non sta certamente meglio vuol dire che sta peggio, nonostante la vantata “rivoluzione liberale”  promessa ma non attuata da Berlusconi. Stiamo ancora aspettando una seria riforma fiscale e amministrativa nonché dei servizi fondamentali come la sanità e la scuola. Berlusconi è stato liberale solo per le sue aziende e non parliamo nemmeno del potere legislativo ridotto a collegio di difesa dei suoi interessi privati contro il potere giurisdizionale dello Stato.

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Dopo il trentennio berlusconiano l’Italia è peggiorata sotto tutti gli aspetti ma soprattutto a quello che riguarda l’etica pubblica e privata. In che senso? Nel senso che Berlusconi ha saputo intercettare e interpretare il disincanto politico degli italiani orfani, dopo Tangentopoli, delle fedi in cui avevano creduto i loro padri, cioè – archiviato, ma fino a un certo punto (vedi le adunate di Predappio et similia) il fascismo – la cattolica, la liberale, la socialista e la comunista. Secondo il teologo Vito Mancuso: “Il berlusconismo rappresenta la fine plateale del primato dell’etica e il trionfo del primato del successo. Successo attestato mediante la certificazione dell’applauso e del conseguente inarrestabile guadagno”. E’ il trionfo della società dello spettacolo e dei consumi, dell’effimero e della pubblicità, delle passioni tristi e delle tv commerciali, dei social network nonché della vita facilitata e dell’egoismo elevato al rango di valore assoluto (vedi il successo mediatico di personaggi mediocri ma pieni di sé, come Vittorio Sgarbi). Tutte conseguenze, secondo il teologo eretico, della morte di Dio: “Fin dai primordi dell’umanità il concetto di Dio rappresentò esattamente l’emozione vitale secondo cui esiste qualcosa di più importante del mio io, del mio potere, del m io piacere… Ecco , il trionfo del berlusconismo  rappresenta la sconfitta di questa tensione spirituale e morale. In quanto religione dell’io esso proclama esattamente il contrario: non c’è nulla di più importante di Me… Naturalmente questa religione dell’io suppone quale condizione imprescindibile che consente all’io di affermare il suo primato di fronte al mondo, vale a dire il denaro”. Ecco il punto: il denaro. Che cosa non si può ottenere con il denaro? Con il denaro si possono comprare gli uomini, le donne, i giornali, le televisioni, i calciatori, i deputati, i senatori, i voti: “Tutti hanno un prezzo, e bastano fiuto e denaro per pagare e ottenere i migliori per sé.
Chi (secondo la dottrina del berlusconismo) non desidera essere comprato?”. Dunque non è vero che non ci sono valori superiori al proprio io: il denaro è il nuovo Dio di questa povera umanità orfana del vecchio Dio. Questo ha capito Berlusconi e come lui l’hanno capito in tanti, e per questo ha avuto il successo e la popolarità che ha avuto.

Tuttavia il denaro non basta per diventare un Berlusconi: non tutti i miliardari hanno segnato non solo la vita politica ma anche il costume e il discorso pubblico di un’intera nazione come il Cavaliere, tant’è che in questi giorni e, c’è da scommetterci, anche nei prossimi, non si parla d’altro, nel bene e nel male. Per Vito Mancuso, abbiamo visto, Berlusconi  ha segnato l’Italia, o meglio, gli italiani, solo nel male. Come si spiega allora l’ondata di amore popolare che si è manifestata in occasione della sua malattia e ancor più della sua morte? Anche qui, non basta la propaganda, indubbiamente Berlusconi è riuscito a farsi amare dalla gente comune che lo ha percepito come un fratello, un amico o un padre che ha fatto fortuna  grazie al suo ingegno e alla sua indomita volontà, lo ha amato senza farsi troppe domande  sulle origini della sua fortuna o sugli inevitabili aiuti da politici come Bettino Craxi o sulle “cene eleganti” a villa San Martino, o se Ruby Rubacuori fosse o non fosse la nipote di Mubarak. D’altronde si sa, l’amore è cieco.

Fulvio Sguerso

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