Come riprendersi il relax di una volta

 Contro il logorio della vita moderna
Come riprendersi il relax di una volta
L’era degli hobby e del divertimento fine a se stesso è finita, viviamo l’epoca in cui, tra foto di viaggio e app per misurare le prestazioni, anche lo svago è un lavoro. Ma una via d’uscita c’è…

Contro il logorio della vita moderna

Come riprendersi il relax di una volta

L’era degli hobby e del divertimento fine a se stesso è finita, viviamo l’epoca in cui, tra foto di viaggio e app per misurare le prestazioni, anche lo svago è un lavoro. Ma una via d’uscita c’è…

 

 

Qualcuno ci liberi dal tempo libero. Sì, perché oggi è diventato fonte di stress. Dalle gare virtuali di corsa che possiamo ingaggiare con altri runner grazie a piattaforme di social fitness – da Strava e Runtastic all’evocativo, già nel nome, Fitocracy, che coinvolge amanti del jogging e del fitness in un vortice di sfide – al godibile sparaspara tutti contro tutti su Fortnite, fino all’incalzante «Altre 2 persone stanno guardando questa stanza» che ti spinge a completare velocemente la prenotazione sui siti di e-travel. Per non parlare delle palestre, dove sempre più utenti, spremuti dopo lunghe giornate lavorative, riescono a trovare la motivazione per muoversi soprattutto grazie alle varie challenge lanciate dai trainer. Allo studio Virgin Revolution di Milano, ad esempio, si può competere in cyclette contro tutti gli altri utenti con un tabellone video di dieci metri che “mostra la classifica momento per momento.

 

«È tutta la società che è diventata più competitiva: siamo assediati in ogni momento da valutazioni, punteggi, test» spiega Thomas Curran, psicologo all’Università di Bath. «Una volta era diverso: ci dedicavamo ai nostri hobby inseguendo un divertimento fine a sé stesso. Oggi invece sentiamo il bisogno di documentare tutto. Dici di aver corso dieci chilometri ieri sera?  Bah, se non è su Strava, non è successo». Benvenuti nell’era del quantified self, della quantificazione di se stessi grazie a sensori, smartphone, smart watch e braccialetti sempre più capaci di misurare ciò che facciamo.  

 

È proprio questa trasformazione degli hobby – e perfino del riposo notturno, grazie ai braccialetti tracciasonno – in numeri e parametri, ciò che rende possibile compararsi agli altri come mai prima d’oggi. «Quand’ero ragazzo e andavo in vacanza con gli amici ci bastava prendere “una” foto di dove eravamo, non la foto perfetta» osserva Curran. «Oggi invece la foto va presa da un certo angolo, ci va messo un certo filtro e così via: le vacanze somigliano più a delle performance con cui si gareggia a chi prende più like».

«Il tempo dell’intrattenimento e quello del lavoro diventano sempre più simili non solo nelle loro logiche competitive, ma anche per i dispositivi che usiamo» spiega Paolo Ruffino, docente di comunicazione all’Università di Lincoln. 

 

«Noi oggi mandiamo email di lavoro con lo stesso smartphone con cui guardiamo un film su Netflix o una partita di calcio in streaming». Il dilettevole, insomma si trasforma in utile, anche nel senso economico del termine: «Esistono app come Sweatcoin che traccia il movimento fatto durante la giornata e lo converte in soldi che possono essere spesi in offerte». Miracoli della gamification: «La gamification porta nelle nostre attività quotidiane logiche e soprattutto incentivi tipici del mondo dei videogiochi.

L’idea è che una persona possa “giocare alla propria vita” specificando sullo smartphone le attività che vuole svolgere e assegnando loro un punteggio. Poi per ogni attività completata ottiene dei punti, o guadagna una medaglietta virtuale, così da motivarsi ad essere più produttivo» spiega Ruffino. 

 «È un approccio ispirato ai riconoscimenti, ben visibili sulle divise, con cui si premiavano gli stakanovisti ai tempi dell’Unione Sovietica». C’è una sorta di curioso revival di quello spirito: «Oggi tendiamo a irreggimentare anche la nostra attività ludica, a viverla secondo norme e parametri che ci portano a paragonarla alle prestazioni altrui: è una sindrome da prestazione, quella che viviamo» spiega l’antropologo Duccio Canestrini.

 

«Legata al bisogno di identità: anche i ciclisti dilettanti oggi si adornano come i campioni. Travestimenti che servono ad apparire e a sentirsi dei para-professionisti: in un mondo dove il lavoro appare minacciato, cerchiamo di professionalizzare il tempo libero per mantenere un’identità».

«Gli hobby sono sempre meno disinteressati» commenta Massimo Russo, docente di sociologia all’Università di Urbino.

«In seminari e interviste con gli studenti ho notato che tanti di loro mirano a usare il tempo libero per ottenere guadagni economici tramite la tecnologia, ad esempio tentando di diventare influencer su Instagram». E la competizione trionfa: «Pensi all’atleta amatoriale italiano che quest’anno ha fatto un tempo record alla maratona di Londra, non competitiva, prendendo una scorciatoia di 16 km» commenta Canestrini. «Chi partecipa alle marce non competitive sa che in realtà sono feroci. Viviamo in una cultura da Guinness dei primati. Lo sa che esistono anche le corse ai 100 metri a ostacoli con le pinne? La chiamano Pinnathlon».

Come salvarsi? Magari con il passo lento dello svago creativo.

«Il tempo del disegno è un antidoto spensierato alla velocità estrema delle nostre città» spiega Stefano Mirti, direttore della Scuola superiore d’arte Applicata del Castello Sforzesco di Milano. «Nei corsi di disegno aperti a tutti che terremo di sera in dicembre e gennaio alla biblioteca della Triennale, chiunque vorrà riprendersi da una giornata dura in ufficio potrà venire da noi e cimentarsi in acquerelli e collage». Rilassandosi. Per non finire come quei due escursionisti che scorgono un orso minaccioso. Uno dei due si allaccia bene le scarpe e l’altro gli dice: «Che fai? È inutile correre, l’orso è più veloce di noi». «Ma io mica devo battere l’orso basta battere te».

 

GIULIANO ALUFFI  La Repubblica

 

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