CINEMA:Les Misérables
RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala a Savona ed Albenga
Les Misérables
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RUBRICA SETTIMANALE DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
In sala a Savona ed Albenga
Les Misérables
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Titolo originale: Les Misérables Nazione e Anno: U.S.A., 2012 Genere: Drammatico, Musicale. Regia: Tom Hooper Cast: Hugh Jackman, Anne Hathaway, Russell Crowe, Amanda Seyfried, Helena Bonham Carter, Sacha Baron Cohen, Samantha Barks, Eddie Redmayne, Aaron Tveit, Samantha Barks, George Blagden Distribuzione: Universal Pictures Italia Produzione: Working Title Films, Cameron Mackintosh Ltd. Recensore Biagio Giordano Film in sala a Savona ed Albenga |
Il film I miserabili (Les Misérables) di Tom Hooper è tratto da un romanzo di Victor Hugo uscito nel 1862 unanimemente riconosciuto come una delle opere narrative più importanti del XIX secolo europeo. Il libro di Hugo è stato fra i più letti nella seconda metà del ‘800 e in buona parte del ‘900.
Questo film è un musical, ogni dialogo è cantato in diretta dagli attori stessi in lingua originale con sottotitoli, la pellicola narra le vicende di diversi personaggi nella Parigi post Restaurazione che dopo la rivoluzione francese del 1798 vede di nuovo la presenza di un Re. La storia si snoda lungo un lasso di tempo di circa 20 anni (dal 1815 al 1833). I personaggi del film, come quelli del libro, fanno parte di uno degli strati più bisognosi della società, i cosiddetti “miserabili”: persone cadute in miseria per diversi motivi tra cui la sfortuna. Ne fanno parte, in modi tristi prossimi alla tragedia, ex carcerati che non riescono più a trovare un lavoro rimanendo relegati in una condizione di emarginati, prostitute maltrattate per strada e soggette ai capricci sadici di ogni uomo di potere, monelli che praticamente vivono più nella strada che in casa rimanendo in uno stato di salute precario, studenti in condizioni di indigenza che risiedono per strada cercando di sopravvivere con espedienti vari e chiedendo aiuto agli ex nobili per completare gli studi. Jean Valjean è un giovane agricoltore, potatore, che lavora a Faverolles, il destino lo ha obbligato ad essere responsabile della vita della sorella e dei suoi figli, per amore verso di loro ridotti alla fame, si vede costretto un giorno a compiere un reato: a sottrarre un tozzo di pane a terzi. Per il magistrato il gesto non ha alcuna giustificazione né attenuante di sorta, e l’uomo viene condannato a cinque anni di lavori forzati nel penitenziario di Tolone. Dopo alcuni tentativi di evasione dal carcere andati a vuoto la pena gli viene allungata di 14 anni. Valjean esce dal carcere a 46 anni a seguito di un’amnistia del 1815, dopo aver scontato 19 anni di reclusione. All’uscita dal carcere Jean Valjean nonostante abbia pagato con la sua lunga detenzione il reato commesso, si vede consegnare un certificato penale che lo individua per sempre come persona socialmente pericolosa, l’uomo sente di colpo svanire la sua ebbrezza per la libertà appena ottenuta e precipita in uno stato di avvilimento: sa che non sarà più possibile per lui trovare lavoro e che la cosa lo costringerà a delinquere e a cambiare identità. Jean Valjean prende a girare senza meta, disperato, attraverso il sud-est della Francia, nel sociale che percorre dove chiede aiuto non gli viene concesso né lavoro né alloggio, trova quindi conferma, con angoscia, che per lui qualsiasi opportunità di riscatto sociale gli è effettivamente preclusa. Questa situazione disperata finisce per trasformarlo da persona giusta, meditativa ad un essere cinico e istintivo pronto a colpire l’altro per mangiare. Un essere del tutto ostile verso il mondo. |
Nella città di Digne, però ha la fortuna di incontrare il vescovo della città, Monsignor Myriel, ex aristocratico in esilio a causa della rivoluzione francese che perseguitava i prelati. Il vescovo impegnato da tempo, per ragioni anche etiche, a mettere in pratica l’evangelo verso i poveri, gli dà da mangiare e lo rincuora della sua situazione. Valjean accetta i due doni ma non si fa scrupolo poi nella notte di rubare candelabri, posate preziose e fuggire. Catturato dalla polizia il Vescovo nel confronto diretto lo scagionerà. Jean Valjean, dopo aver commesso altri diversi furti tra cui la moneta di un bambino, viene preso da un senso di colpa ossessivo, e ricordando il bene che verso di lui è stato fatto, personificato dalla carità ricevuta dal vescovo, prende la decisione di cambiare vita e identità. |
Quello stesso anno, il 1815, Jean Valjean – ancora ricercato dalla polizia per vecchi reati – si stabilisce a Montreuil-sur-Mer dove, grazie ai precedenti aiuti del vescovo, riesce a metter su una bigiotteria e a diventare un cittadino autorevole, assumendo il nome di Monsieur Madeleine, nei suoi discorsi non c’è più alcune traccia del passato. Le sue opere di giustizia e di attenzione verso i poveri, le idee industriali che lo animano e la sua capacità artigianale vedono crescere di giorno in giorno la reputazione di Madeleine tanto da portarlo a diventare in breve tempo sindaco, con un ampio consenso degli abitanti della cittadina. L’ispettore di polizia locale, Javert, che lo conosce dai tempi di Tolone, è però un po’ turbato dall’immagine di Madeleine. E’ come se quel volto gli evocasse qualcosa di oscuro, riguardante aspetti o vicende del suo lavoro svolto nel passato. Questo film di Tom Hooper ha un buon impatto sugli spettatori, agisce come una sorta di urto immaginifico che induce a una reazione di complicità. Un ottimo film, sia per l’immagine che per l’etica che propone. Un’opera che risulta di fatto un messaggio-proiettile in grado di veicolare istanze immaginifiche giustizialiste su un’ epoca come la nostra caratterizzata da una estensione senza precedenti della corruzione politica. Viviamo infatti in un tempo storico contraddistinto dall’assenza di ogni senso di colpa per i reati commessi dal potere, basti pensare che ancora non molto tempo fa certi illeciti suscitavano sdegno e vigorose reazioni all’interno delle caste stesse. Il film stupisce anche per il ritmo scorrevole e le sequenze di immagini ad alto contenuto estetico. Verrebbe da dire che per la potenza creativa delle inquadrature, l’originalità delle scene così ben curate in ogni dettaglio, l’eccezionale coordinazione degli attori da parte del regista, la bravura degli attori stessi, gli intrecci molto fedeli alle regole classiche aristoteliche del racconto, il film potrebbe essere considerato un vero e proprio capolavoro. La pellicola riesce a trasmettere un carica lirica di pregevole livello lungo una narrazione che fa spettacolo e arte nello stesso tempo, in quanto Hooper fa sconfinare un po’ lo spettacolo dalla sua tradizionale frontiera con l’arte, un confine di solito rigido costituito dal filo robusto di una emotività grossolana e banale povera di senso, allargandolo, ibridamente, in forme nuove affini all’arte, ciò avviene per l’acquisizione nell’immagine di una seriosità prolungata, che riesce a dare maggior rispetto formale all’emozione che la racchiude. La soddisfazione del buon gusto elevato a norma, ne giova, esso è ricercato dal regista con determinazione, anche nella forma spettacolo. La narrazione è fatta di immagini e suoni molto ricercati, costruiti con sagacia e abilità tecnica impressionante, il lirismo appare subito di grande spessore comunicativo coadiuvato dalla profondità di campo fotografica e dai primi piani molto modulati che lo caratterizza, un lirismo felicemente funzionante ben inserito nel contesto storico della restaurazione francese, con tutti suoi colori di costume e culturali, una restaurazione caratterizzata da una drammaticità lenta e prolungata destinata a sconfinare in una nuova tragedia sociale. |
BIAGIO GORDANO |