CINEMA: Selma-La strada per la libertà
RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Selma-La strada per la libertà
In sala nella provincia di Savona
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RUBRICA DI CINEMA A CURA DI BIAGIO GIORDANO
Selma-La strada per la libertà
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Titolo Originale: SELMA
Regia: Ava DuVernay
Interpreti: Tim Roth, David Oyelowo, Giovanni Ribisi, Cuba Gooding Jr., Oprah Winfrey, Carmen Ejogo, Tessa Thompson, Alessandro Nivola, Tom Wilkinson, Common
Durata: h 2.08
Nazionalità: Gran Bretagna, Usa 2014
Genere: biografico
Al cinema nel Febbraio 2015
Recensione di Biagio Giordano
In sala nella provincia di Savona
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Alabama, Stati Uniti, metà anni ’60, nonostante il diritto di voto democraticamente acquisito, stranamente molti neri non vanno a votare. Perché? La causa è banale e quasi incredibile, i politici delle amministrazioni locali, con la complicità di una parte della popolazione bianca, quest’ultima indubbiamente razzista, intimidiscono i neri, facendo a gara a chi riesce a trovare il modo più divertente per incutere loro paura o angosce paralizzanti. La gravissima situazione non può lasciare a lungo indifferente i neri più colti o fermamente reattivi al male, nonché quei bianchi maggiormente sensibili alle ingiustizie razziali, tutte persone facenti parte di movimenti di sinistra laici e di grandi organizzazioni religiose di fede cristiana o maomettana. Proprio in quegli anni avviene un inaudito atto terroristico che porterà molti bianchi a solidarizzare con la causa nera. E’ un attentato con esplosivo, di chiara matrice razzista che lascia sgomenti per la sua ferocia, un tragico episodio che vede la morte di 4 bambine nere. Il fatto susciterà grande impressione in tutto il mondo occidentale rimanendo tuttora indelebile nella memoria della storia democratica occidentale. Nella primavera del 1965 una folla di manifestanti, per la verità non ancora molto numerosa, composta in prevalenza da neri, accompagnati dal reverendo cristiano Martin Luther King, si raduna nella cittadina di Selma in Alabama, nel sud degli Stati Uniti dove più forti sono le discriminazioni razziali.
Essi manifestano pacificamente per ottenere l’estensione di diversi diritti civili ai neri e protestare contro le vergognose violenze psicologiche e fisiche attuate nei confronti dei cittadini afroamericani, in prossimità delle elezioni, angherie perpetuate da alcune istituzioni amministrative e parte delle popolazioni bianche residenti in Alabama. Il raduno seppur pacifico fa paura alle forze istituzionali più reazionarie, può essere infatti l’inizio o l’estensione di un processo di presa di coscienza dei neri sui propri diritti dalla portata innovativa inimmaginabile. L’episodio assume allora una notevole valenza politica; ed è perciò che la folla viene caricata e dispersa dalla polizia. Gli ordini per questo attacco selvaggio provengono dai piani alti del potere politico. Numerosi saranno i neri feriti. Ma ormai il processo democratico di rivolta legato alle ingiustizie razziste è strutturalmente in atto, con una maturità culturale e sociale che lascia sbalorditi, del tutto inedita; è un processo animato da forze sempre più incontenibili, rappresentate da persone anche di altre razze tanto indignate da non avere più paura di niente. La violenza spaventosa sulle 4 bambine nere e il fatto sanguinoso di Selma, grosso crimine contro la costituzione degli Stati Uniti, non faranno quindi che rendere ancora più prorompente l’avanzata democratica dei neri. In seguito anche la capacità di relazione politica di Martin Luther King, uomo umile e paziente che segue le indicazioni spirituali del vangelo, che è costantemente in contatto con il presidente americano Lyndon Johnson nonché con quella parte delle istituzioni democratiche favorevole alla soluzione della questione dei neri, farà si che le manifestazioni pacifiche di massa degli afroamericani potranno avere sempre più ascolto istituzionale, fino al punto di produrre un’attenzione politica riformista mai verificatasi prima. Selma-La strada per la libertà è un film molto coinvolgente, soprattutto per la intensità drammatica espressa dalla storia che, presa nel suo insieme, funziona a meraviglia, contribuendo a valorizzare questo genere di film sempre più snobbato dagli spettatori. Da un punto di vista letterario, notevole è il trasporto emotivo che la narrazione provoca, soprattutto per le attese di sviluppo che i tragici fatti suscitano nello spettatore. Attese che appaiono ben dosate, la sceneggiatura infatti agisce sugli episodi, dopo averne annunziato la quantità, scegliendo i più significativi, dandogli una forma snella, non semplificata, ma ricca di un certo spessore interpretativo. Riusciti sono anche il terrore e la pietà, termini letterari che colpiscono gli spettatori fin dai tempi teatrali aristotelici, essi scaturiscono in questo film da un modo di raccontare che appare in più punti debitore al teatro di alcuni meccanismi legati ai modi di coinvolgere emotivamente lo spettatore e alle tecniche recitative, due aspetti resi credibili anche da una fotografia insinuante che si impone per lunghi tratti come protagonista grazie a un linguaggio visivo intenso ma molto articolato in grado di colpire tutti gli organi di senso, sia in modo diretto sia allusivo, rendendo la drammaticità scritta e caldeggiata dalla sceneggiatura molto più potente delle previsioni. Una storia quella proposta in questo film che appare intessuta di uno stile di vero di non facile realizzazione, per certi versi prezioso, in grado di suggestionare il pubblico con la sua atmosfera dalle tinte forti, sempre ben contrastata, riportando certi spettatori a quei tempi indimenticabili e altri a vivere per la prima volta pagine storiche di cruciale importanza etica per l’occidente. Un film quindi che suscita trepidazioni e commozioni forti e prolungate, prevalentemente immediate, non procrastinabili cioè in un pensiero intellettualistico post film, perché scaturiscono da una sintesi scenica letteraria ben riuscita, che dà ai fatti storici il giusto peso rifiutandosi di rimanerne vittima paralizzata, rinunciando cioè ad aderire a una forma scenica di stile-documentario. Seppur può sembrare un po’ paradossale, occorre dire che il piacere che si scopre nel vedere questo film è frutto di una interpretazione registica di quei tragici fatti in chiave prevalentemente estetica, legata per lo più alle misteriose dinamiche pulsionali costitutive dell’inconscio dello spettatore. La regista afroamericana 42enne Ava DuVernay non è una novità in assoluto, è stata premiata come migliore regista al Sundance Film Festival del 2012 per il film sempre a tematica razzista Middle of Nowhere, e ritorna a sua volta, con Selma-La strada per la libertà, nelle atmosfere infuocate di quel precedente film, riprendendo con grande enfasi cinematografica l’argomento della battaglia per i diritti civili in America, tra l’altro offrendo un ritratto convincente di Martin Luther King. Quest’ultimo appare animato da un comportamento non solo di timbro realistico, ricco cioè di una complessità lontana da ogni forma agiografica, ma inspessito da una interpretazione del suo pensiero fatta con molta cura logica, per lo più deduttiva, che getta maggior luce su tutto un contesto sociale, politico e culturale, di quel periodo americano così gravido di straordinarie innovazioni politiche.
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