Quando eravamo noi i cinesi in Cina
ITALIA – CINA
QUANDO ERAVAMO NOI I CINESI IN CINA
LA STORIA DELLA PICCOLA MINI COLONIA ITALIANA IN CINA
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ITALIA – LA CINA QUANDO ERAVAMO NOI I CINESI IN CINA LA STORIA DELLA PICCOLA MINI COLONIA ITALIANA IN CINA Nel 1901 un contingente di truppe internazionali venne inviato in Cina per sedare una violenta sollevazione xenofoba contro gli stranieri e a protezione delle delegazioni diplomatiche a Pechino. Il contingente si fermò a Tien-Tsin, oggi Tianjin, terza grande metropoli della Cina. Comincia così la strana storia della Concessione Italiana in Cina. Sono circa 2000 i soldati italiani del contingente internazionale composto da francesi, inglesi, tedeschi, russi, americani, giapponesi, austriaci per un totale di 70mila militari, che domarono completamente la rivolta nel 1901 ponendo fine all’assedio ed entrando in Pechino. Era l’inizio di una difesa comune dei propri interessi commerciali in Cina. Anche a noi, come agli altri Stati, venne assegnato come bottino di guerra un indennizzo monetario e la concessione di Tien-Tsin, un’area di circa 40 ettari in cui proteggere e far prosperare le nostre attività commerciali.
L’area era per lo più un’ immensa palude, che non scoraggiò per nulla i nostri commilitoni che lavorando alacremente resero il territorio abitabile e funzionale come base militare. Furono realizzate strade, fognature, un ospedale, una scuola, un ufficio per le tasse e persino un Municipio, fino a raggiungere negli anni venti una piccola Italia in Cina. Con l’ascesa del fascismo in patria fu inviato a Tien-Tsin un podestà di provata fede a Mussolini, furono persino costruiti edifici quali caserma, stadio per lo sport al fine di propagandare anche lì il regime fascista. La difesa della delegazione venne affidata a carabinieri, bersaglieri, alpini e marinai della San Marco. Nel 1930 vivevano nella concessione circa 8mila abitanti, e molte imprese italiane avevano aperto uffici commerciali come Il Credito Italiano, i LIoyd di Trieste, mancava solo la Fiat e la Magneti Marelli per avere maggiore penetrazione e un maggiore inserimento nel mercato cinese. Purtroppo per non essersi ancora sollevati dalla crisi della Prima guerra mondiale e per la guerra cinese esplosa nel 1926 le aspettative vennero un po’ deluse. Intervenne l’invasione dei Giapponesi che nel 1932 entrarono a Pechino e a Tien-Tsin, e fu solo grazie all’adesione dell’Italia fascista nel Patto Anticomintern, stipulato con la Germania e il Giappone, che la nostra delegazione continuò, seppur in modo più limitato, ad operare. Con l’entrata in guerra dell’Italia nella seconda guerra mondiale nel 1940 i nostri soldati e la nostra delegazione rimasero completamente tagliati fuori dal resto del mondo. Con l’attacco contro l’America a Pearl Harbor nel 1941 e della sua entrata in guerra, tutte le sedi straniere delle delegazioni presenti in Cina furono attaccate e i militari spediti in vari campi di concentramento, con la solo eccezione degli italiani in quanto alleati dei tedeschi e giapponesi che vissero per circa tre anni isolati senza ricevere posta, senza alcun lasciapassare, ricevendo inoltre poche e saltuarie notizie; sapevano che la guerra non andava bene per l’Italia, ignoravano i bombardamenti delle nostre città e la caduta del governo fascista nel Luglio 1943. La concessione venne revocata e nel 1947 i nostri ultimi connazionali furono rimpatriati e lasciarono definitivamente Tien-Tsin e la Cina. Un epilogo tragico di una storia che è durata circa 50 anni, oggi è solo una vicenda dimenticata da molti e dal tempo. A Tianjìn nel 2006 l’allora Presidente del Governo Prodi ha inaugurato la sede del nostro Istituto per il Commercio Estero ricordando con orgoglio la nostra concessione di Tien-Tsin dove ancora oggi batte un piccolo pezzo della nostra storia italiana in Cina. Oggi i cinesi vanno a mangiare il gelato in quel poco che è rimasto di un’Italia che non c ‘è più. P.A. PERINO Articolo ripreso da Focus e rielaborato |