CINEMA: LINCOLN

RUBRICA SETTIMANALE DI BIAGIO GIORDANO
In proiezione in sala 4 del Diana
LINCOLN

RUBRICA SETTIMANALE DI BIAGIO GIORDANO
In proiezione in sala 4 del Diana
LINCOLN

Titolo Originale: LINCOLN

 

Regia: Steven Spielberg

Interpreti: Daniel Day-Lewis, Joseph Gordon-Levitt, Tommy Lee Jones, Sally Field, James Spader, David Strathairn, Tim Blake Nelson 

Durata: h 2.30
Nazionalità:
USA, India 2012
Genere:
biografico
Al cinema nel Gennaio
2013 

Recensione di Biagio Giordano

Sala 4 Diana Savona

11 Stati del Sud degli Stati Uniti (in cui vigeva lo schiavismo) dichiararono la propria secessione e formarono la Confederazione degli Stati d’America come reazione alla elezione di Abraham Lincoln alla Presidenza degli Stati Uniti d’America. Dopo quattro anni di guerra, dal 1861 al 1865, la Confederazione si arrese e lo schiavismo fu abolito in tutta la nazione

 

Abraham Lincoln si batté per porre fine alla schiavitù dei neri d’America.

 

L’ottenimento dell’approvazione del 13° Emendamento che ne prevedeva l’abolizione, in discussione alla Camera dei Rappresentanti, richiese una lotta molto difficile e dall’esito incerto, condotta anche sul filo del rasoio di alcune scadenze  improrogabili, una battaglia che si avvalse di forme di persuasione verso i rappresentanti contrari non proprio lecite,  approvate tacitamente dal Presidente stesso che, in nome del bene del  principio abolizionista,  aveva fatto velatamente capire che se necessario, per vincere, si poteva ricorrere ai suoi grandi poteri.

Il film si sofferma su gran parte dell’atmosfera giuridico filosofica, che attorniava lo staff del Presidente in quel periodo e la comprensione,  un po’ più  approfondita, del senso che avevano gli enormi ostacoli che si frapponevano nella Camera dei Rappresentanti all’approvazione della legge sulla abolizione della schiavitù.

 

Se la legge non veniva approvata si rischiava di aprire nella democrazia americana e nella storia un curioso paradosso, nel senso che se il Presidente avesse vinto la guerra di secessione (cosa poi avvenuta), causata proprio dalla questione della schiavitù, non avrebbe potuto comunque abolirla a causa di una mancanza di maggioranza nella camera dei rappresentanti degli Stati del Nord.

 

Questo film di Spielberg ha una andatura narrativa particolare, perché tende a dare non solo informazioni storiche e politiche ben sintetizzate, capaci di racchiudere anche le logiche più complesse dei fatti, ma  intende trasmettere allo spettatore una vera e propria interpretazione soggettiva degli eventi, costruendo, con grande difficoltà comunicativa, tipica della cinematografia di pensiero, concetti, e formulazioni critiche varie in buona parte inedite, ma smagliate, poco strutturate in un insieme in grado di comunicare al meglio le pagine di storia più importanti di quel periodo.

Spielberg tenta di realizzare per la prima volta un film culturale complesso, calato in significativi e noti fatti storici, e questo  ne spiega sia la lunghezza narrativa sia la verbosità prolungata dei dialoghi del film. L’esperimento appare in parte deludente. Forse la prolissità poteva essere attenuata spostando una parte consistente delle proposizioni dei dialoghi orali in rappresentazioni visive ben articolate, intese come codici-linguaggio a tutti gli effetti, con alla base opportune metafore, metonimie, simboli, etc.

 E’ per questo che da più parti mediatiche, il film è stato criticato, con la motivazione ripetuta che l’opera di Spielberg è cinematograficamente asettica, perché manca di qualsiasi forma  di spettacolo visivo o di spessore letterario. In effetti il film sembra privo di intrecci coinvolgenti e drammatizzazioni ben orchestrate, ma la questione, va ribadito, riguarda esclusivamente la messa in pratica in Spielberg, con difficoltà, di un’idea di film che è nello specifico, culturale. Con questo film Spielberg, che sa fare benissimo spettacolo, ha scelto di non farlo per lasciar spazio ad una sperimentazione in parte riuscita e in parte fallita.

 

Spielberg con la sua industria cinematografica personale e la sua bravura nella regia   sarebbe in grado di accontentare vaste esigenze di gusto del pubblico, rispettando le regole base della narrazione, come in questo caso (seppur a fatica), ma il suo recente progetto in corso richiede di dare la precedenza all’esercizio di un nuovo stile, inventivo, del tutto creativo, fatto per la prima volta di dialoghi visivi e verbali pregnanti oltre misura, qualcosa che sembra rivolto a un pubblico mediamente più colto capace quindi di apprezzare l’intelligenza e la raffinatezza dei dialoghi.

 

Con questo film qualcosa del progetto di Spielberg ha comunque funzionato, ed ha procurato piacere e divertimento a chi sa entrare più facilmente in sintonia con un discorso  più elaborato, verso chi cioè prova  piacere nell’intendimento del senso più specifico dei vari suoi messaggi, che pur nei noti limiti di tempi dello spazio filmico, in questo caso essi non appaiono mai troppo semplificati come accade normalmente in numerosi film con pretese culturali.

 
BIAGIO GORDANO
Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.