Cinema: La seconda moglie

La seconda moglie
Titolo originale The Second Woman
Paese di produzione Stati Uniti d’America
Anno 1951
Durata 91 min
Dati tecnici B/N
Genere thriller
Regia James V. Kern
Fotografia Hal Mohr
Interpreti e personaggi
Robert Young: Jeff Cohalan
Betsy Drake: Ellen Foster
John Sutton: Keith Ferris
Florence Bates: Amelia Foster
Morris Carnovsky: Dr. Raymond Hartley
Henry O’Neill: Ben Sheppard
Jean Rogers: Dodo Ferris
Raymond Largay: Maj. Badger
Shirley Ballard: Vivian Sheppard

La bella Ellen Foster durante un viaggio in treno conosce il ricco Jeff Cohalan. I due familiarizzano e cominciano a frequentarsi, tanto che a un certo punto scoprono di amarsi. Ma l’uomo, via via, agli occhi della donna, appare sempre più strano: turbato da qualcosa che gli impedisce di essere se stesso fino in fondo, (ossia attraente e carismatico come la sua brillantezza nella conversazioni sul treno lasciavano intravedere).
Quando la donna, con l’aiuto di altri, conoscerà alcune ombre del passato dell’uomo e quindi lo incalzerà per fargli dire quelle verità che essa ancora non conosce, tutto tra loro sembrerà precipitare portando l’uomo a comportarsi in un modo sempre più colpevole.

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Thriller anni ’50 ambientato negli Stati Uniti, ben congeniato, con sostegni psicanalitici corretti nella loro formulazione, i cui enigmi psichici, lontani dalla medicina, di per sè funzionano già da thriller (anche nella vita di tutti i giorni degli americani anni ’50).
Ottima regia, sopratutto per l’impostazione della narrazione che avviene in un binario di buon spessore letterario, cui contribuiscono in maniera importante anche i dialoghi, mai banali e nello stesso tempo privi di verbosità,.
Grande verismo nella recitazione degli attori, che fanno tutto da soli senza direzione della regia, tanto sono ben calati nella parte dei personaggi.
Stile filmico oggi impensabile, ma che pur dovrebbe suggerire al cinema di oggi, per quanto riguarda il bisogno di verismo, sostanziosi cambiamenti: sia nella recitazione che nella regia, il tutto andrebbe a vantaggio dell’abbattimento di ogni traccia di finzione, così fastidiosa quest’ultima quando oggi (sempre più) appare tanto evidente nei film…

 Biagio Giordano

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