Cinema: 7 giorni a Entebbe
7 giorni a Entebbe, di Josè Padilha con Rosamund Pike, Daniel Bruhl, E.Marsan,
GB, 2018,
drammatico, 107 minuti
Attenzione, commento con spoiler
Fine giugno del 1976. Un fatto vero. 2 estremisti tedeschi che hanno sposato la causa palestinese, e due combattenti palestinesi, dirottano un aereo della Air France subito dopo la partenza da Atene, con 248 passeggeri a bordo.
L’aereo giunge a Entebbe in Uganda, dove con la complicità del Governatore di quella nazione, i dirottatori apriranno un negoziato con il governo israeliano per il rilascio di alcuni combattenti palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane.
Israele che non ha mai trattato in precedenza con i combattenti palestinesi, finge questa volta di essere disposta al dialogo, mentre nel frattempo prepara una squadra specializzata nella liberazione degli ostaggi con la forza delle armi.
Saranno numerosi i morti tra i combattenti di entrambe le parti compresi numerosi soldati ugandesi, ma l’impresa riesce, gli ostaggi dopo 7 giorni saranno liberati. Il governo israeliano è noto per essere sempre stato deciso, ancora oggi, a non trattare mai con i palestinesi, nonostante a volte qualche ministro proponga di negoziare con essi per evitare inutili spargimenti di sangue.
Film d’azione solo per lo stretto necessario, totale rinuncia allo spettacolo a vantaggio della cultura e dell’introspezione dei personaggi protagonisti, compresi i membri del governo israeliano che svelano paure, emozioni contrastanti, indecisioni, umanità, mancanza di fiducia in se stessi e a volta addirittura anche forti dubbi sulle ideologie che li animano…
Scene di danza fuori campo segnate dal dolore e dal bisogno di liberazione, accompagnano le situazioni di maggior drammaticità, rafforzando l’intensità espressiva di quei momenti…
Un film vero che mostra l’altro volto del conflitto tra Israele e Palestina, un volto anche spirituale, che getta bagliori di luce umana sulla lunga indecisione che caratterizza i soggetti in campo prima di compiere atti dolorosi.