Bitume e Margonara: lo schema fotocopia…

Bitume e Margonara: lo schema fotocopia

Per tacer del Bofill e di tutto il resto

 Bitume e Margonara: lo schema fotocopia

Per tacer del Bofill e di tutto il resto

Personaggi e interpreti: 

– gli imprenditori in cerca di speculazioni facili

– i politici e gli amministratori incompetenti e/o succubi e/o complici

– i cittadini scavalcati e indignati

Regia (sempre):

Autorità Portuale

Neanche a farlo apposta (forse qualcuno sperava di guadagnare qualche mese in più) è appena esplosa la bomba: il Consiglio di Stato ha dato ragione al ricorso Gambardella per il porticciolo Margonara.

     
Giovanni  Gambardella  e logo dell’AP      

Con una sentenza che, al di là del linguaggio legale veramente ostico, offre parecchi spunti di riflessione, dubbi su un modus operandi a dir poco “leggero” dei nostri amministratori e sulle conseguenze, che ricadono sempre sui cittadini. 

Pasticci che scontiamo noi, sotto forma di scelte sbagliate e delibere pasticciate, mancanza totale di programmazione e autorevolezza amministrativa,  scempi irrevocabili,  economia al tracollo, bulimia di cemento inutile, occasioni perse e distrutte,  sprechi di denaro pubblico, dal cattivo impiego allo spettro dei risarcimenti ai privati.

Questa rappresentazione si continua a ripetere, con gli stessi protagonisti o quasi, da troppo tempo perché anche i più fanatici estimatori di una o dell’altra parte politica possano trovare elementi di difesa.

Sono del tutto indifendibili. In Regione alcuni hanno già perso, anche se purtroppo l’anzianità e il conservatorismo della popolazione ligure hanno prodotto un ricambio solo di facciata, in realtà assolutamente coinvolto nello stesso intreccio di interessi.

Qui in Comune vedremo l’anno prossimo, ma è evidente ormai a tutti che, con gli stessi meccanismi e gli stessi protagonisti in azione, nessun cambiamento in positivo sia possibile. Anzi, possiamo aspettarci che, nel quadro generale peggiorativo, tutto peggiori ulteriormente. A meno che i cittadini non decidano di spedirli definitivamente a riposo.

Possiamo vedere ora i vari elementi della trama di questa rappresentazione che, a giudicare dalle repliche, gode di grande successo sul palcoscenico locale. (Nota: col bitume alcuni di questi passaggi non sono applicabili, altri sono stati saltati, sottovalutati o condotti in modo molto rozzo e diretto. Ecco perché il caso è esploso in modo così dirompente).


Ultimo Progetto del porto alla Margonara

Punto primo: interessi privati speculativi.  Ci sono imprenditori e potentati economici che buttano l’occhio su uno scenario in evoluzione, e  iniziano a pensare a come realizzare enormi profitti col minimo sforzo, siano idee logistiche o cemento residenziale. Sono influenti, appartengono ai cosiddetti poteri forti, spesso non hanno fretta, disposti ad attendere anni tessendo la propria tela. Ma una cosa è certa: una volta che un progetto sia partito,  una volta che enti e personaggi siano coinvolti, liberarsene diventa pressoché impossibile. Prima o poi, s’ha da fare, e come ho scritto spesso su queste pagine,  la parola fine è difficile da mettere. Si può bocciare una cosa, se ne può scongiurare un’altra, ma il progetto, l’idea rimane lì, dormiente, muta, si trasforma, aspetta momenti migliori. E notare una caratteristica, un sigillo che non manca mai: non si tratta in ogni caso di iniziative che possano portare qualche beneficio alla comunità, di solito si tratta del massimo danno possibile col minimo vantaggio.  Probabilmente perché è il più economicamente conveniente, ma non solo. Manca qualsiasi sensibilità, qualsiasi forma di cultura del territorio, che consentirebbe magari di fare abbastanza soldi, se non addirittura gli stessi soldi, in modo meno negativo e invasivo o addirittura portando benefici diffusi.

  
G.Miazza attuale presidente di AP
 
Punto secondo: Autorità portuale. E’ il cardine, il fulcro di tutto. Dispone, predispone, decide, comanda, gestisce dispoticamente il territorio. Nessun amministratore locale si sognerebbe di mettersi di traverso, a volte sembra si abbia paura anche solo di obiettare. Chi prova a opporsi trova un muro: baracche demolite, spiagge abbandonate, scaletti sfrattati nel più totale disprezzo dei comuni cittadini. Possiamo definirla arrogante? Possiamo. Non è disposta a discutere le sue intenzioni né a renderle pubbliche più di tanto. La trasparenza, sul sito dell’Autorità Portuale, lascia molto a desiderare.  L’attuale presidente Miazza a onor del vero è più disponibile, più partecipe. Ma sospetto che dietro, non per sua colpa ma per una serie di interessi e posizioni consolidati nel tempo, rimanga il solito muro.

Punto terzo: inizia l’iter  I pezzi si muovono sulla scacchiera predisponendosi al gioco. Si iniziano a preparare gli scenari, i piani regolatori,  si acquistano e fanno acquistare terreni a condizione di favore (a volte anche demaniali), si cambiano destinazioni d’uso. Ci sono le prime delibere autorizzative.  Si fa in modo che le decisioni di base, quelle che mettono le fondamenta, siano assolutamente sottotraccia, ma che rendano difficile se non impossibile tornare indietro. Solo dopo si inizia a trasferire le pratiche negli uffici amministrativi, si parte coi progetti.

Punto quarto: indoramento Quando il progetto inizia a prendere forma, occorre sondare il terreno, preparare i cittadini.  Si racconta qualcosa,  si fanno ipotesi economiche, si spiegano idee ai media, girando intorno alle questioni, facendo pensare a mirabili visioni del futuro. Siano meravigliose trasformazioni dello scenario urbano o centinaia di posti di lavoro. Si sottolinea, a volte inventando di sana pianta, il lato positivo. Si scova una ciliegina, un diversivo, che può essere una meravigliosa compensazione, una inevitabile necessità, un archistar di grido.


La spiaggia della Margonara
Punto quinto: degrado e condizionamento psicologico  L’indoramento nonfunziona abbastanza? Il bene, i terreni, l’area di cui si sta parlando vengono lasciati al loro destino, in attesa dell’irreversibile tracollo. Lo squallore, il degrado, a volte condizioni di pericolo per l’incolumità pubblica o la sicurezza, sono ampiamente tollerati, anche per anni.  Due transenne, due paraschegge per evitare responsabilità, e via. Lasciamo fare al tempo.  Le eventuali controproposte, le soluzioni alternative e migliori per i siti, le idee che rovinerebbero le uova nel paniere agli interessi predisposti,  diventano rapidamente irrealizzabili, senza sforzo.  Si lascia credere che siano impossibili, si pongono ostacoli e obiezioni pretestuose, economiche o progettuali. Alla fine l’unica soluzione sul piatto diventa inevitabile. Molti si rassegnano, e anzi, proprio i cittadini che amano di più la loro città diventano i migliori alleati, in nome del qualsiasi cosa ma subito. Pochi comprendono a fondo il trucco, i meccanismi.

Punto sesto: risveglio dei cittadini   Ad un certo punto, in una certa fase dell’iter, qualcuno inizia a capire, a preoccuparsi, a chiedere. Siccome ben difficilmente le idee di “lorsignori” possono piacere alla maggioranza dei cittadini, visto che vanno contro ai loro interessi,  non tutti si fanno convincere dalla propaganda a favore, molti afferrano i dettagli.  Si formano comitati, chiedono di essere ascoltati. L’idea più logica e democratica, programmazione partecipata, soluzioni da trovare insieme, referendum ecc., è vista dagli amministratori come l’aglio per i vampiri. Mascherandosi dietro scuse tipo: la democrazia è elettiva, siamo delegati a decidere, la democrazia diretta è demagogica, è pericolosa, noi sappiamo quel che è bene per i cittadini…vanno avanti per la loro strada e per le loro delibere. Al massimo, dandosi un’aria un po’ sofferta, che fa fine e non impegna, cercando di mostrarsi partecipi e di rassicurare, o introducendo contentini.

Punto di svolta: i cittadini, come le formiche, nel loro piccolo…   Diciamo punto di svolta perché può esserci o no.  Nel caso del Crescent e della torre Bofill, per esempio, gli appelli dei comitati sono rimasti inascoltati, non c’è stata mobilitazione.  Forse erano tempi meno internettisti e più distratti, forse era difficile percepire il danno, in fondo si costruiva sul costruito.  Finché non ci si è trovati di fronte i muri di cemento e le grandi vetrate squallide e vuote che deturpano e impoveriscono il tessuto economico e sociale della darsena. Allora sì, vedendo le conseguenze, si è iniziato a capire. Ma troppo tardi.

Sul bitume, come su Margonara, le pressioni sono state più efficaci, hanno creato un certo scompiglio. Specie, si sa, in periodi preelettorali, e quando si vede che a protestare non sono i soliti quattro ambientalisti nemici del progresso, ma i propri stessi elettori.


Post svolta 1: prendere tempo   Anche se miracolosamente tutti gli amministratori interessati si convertissero al cemento zero in una notte, rimane molto, molto difficile disfare matasse ingarbugliate e tele tessute in tanti anni di lavoro, accordi, decisioni e progetti. Sarebbe faticoso persino per una amministrazione assolutamente in buona fede e  fuori dai giochi. Figurarsi per chi, dopotutto, di quei giochi è comunque parte, magari legale e legittima, eh, non sto insinuando niente… ma comunque parte di percorsi intrapresi, per un sì distratto su un documento o per una partecipazione convinta. Diviene evidente però che un niet ai cittadini, un irrigidimento, avrebbe conseguenze. Allora si cercano decisioni interlocutorie, prese di posizione che sembrino svolte o ripensamenti,  buone ad avere il titolo sui giornali che accontenti il pubblico,  ma con cautela.  Difficile mettersi improvvisamente di traverso dopo aver  accondisceso per anni, quand’anche lo si volesse, cosa da non dare certo per scontata, per i  nostri amministratori.

Nel frattempo, molte cose possono cambiare, si può arrivare indenni alle elezioni,  si può studiare un percorso diverso, ci si può inventare qualcosa.

 

 Se non funziona, può arrivare l’apparente cambio di rotta, il passo più deciso. Parliamo delle decisioni regionali su Margonara, quelle che il Consiglio di Stato ha bocciato. Dico apparente, perché la procedura che ha segnato la svolta sembra così pasticciata e tardiva, a giochi ormai molto avanzati, da essere contraria anche alla logica, come ha sottolineato la sentenza stessa.  Per cui, o c’e’ stata a qualche livello dell’incompetenza, della leggerezza,  oppure in realtà la possibilità di bocciatura e di stop dei giudici era stata in qualche modo messa in  conto e prevista fra le ipotesi, magari come alibi per ripartire in altro modo.

Tutto sta a capire se la tavolata sorridente prima delle precedenti regionali fosse veramente la conversione di Burlando sulla via della Madonnetta, per quanto tardiva, o una decisione preelettorale di coalizione per far contente le sinistre.

Che la pelle su cui avviene tutto questo, sia quella dei cittadini, ça va sans dire.

Post svolta 2: le conseguenze  Sia sul bitume, sia sulla Margonara, la partita è ancora tutta da giocare. Poco di positivo si può sperare, come stop definitivo ai progetti, pietra tombale, sospiro di sollievo,  tanto di negativo o almeno di lunga sofferenza: iter legali, ricorsi, proposte  e contro proposte, siti e progetti alternativi, compromessi,  pasticci.

E soprattutto soldi, soldi, soldi. Per le spese legali, per i risarcimenti delle parti danneggiate, per i progetti avallati e poi rallentati. Pasticci che devono pagare sempre e solo i cittadini? Mai i responsabili in solido delle loro azioni e decisioni?

Intanto, spero che le persone inizino a convincersi di ciò che dicevo all’inizio: occorre un cambiamento. Totale. Radicale. Di persone e idee.

Perché quanto sopra esposto, e più e più volte ripetuto,  non può essere certo un caso, ma un modus operandi.

P.S. A dispetto di una abilità mimetica degna di sabotatori d’assalto, della capacità di defilarsi e uscirne quasi indenni di personaggi come Vaccarezza, dei tentativi di farsi scudo del presunto nuovo della Lega, ribadisco e ripeto che anche il centrodestra, come amministrazione provinciale ad esempio, è perfettamente addentro e parte di questo meccanismo.

Milena Debenedetti Consigliera del Movimento 5 stelle

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