Bimbo morto nel vano ascensore a Roma

Bimbo morto nel vano ascensore a Roma
Le responsabilità, i malaffari, le incurie spalmate negli anni

   Bimbo morto nel vano ascensore a Roma
 Le responsabilità, i malaffari, le incurie spalmate negli anni.
Le varie menti sconosciute che si sono succedute, la superficialità che porta al degrado.
Persone ormai assenti e decisioni prese che si ripercuotono come onde nei decenni a venire.
Scelte dimenticate di cui si sente l’eco in lontananza senza poter capire cio’ che dice.
Come proiettili sparati da decenni che colpiscono dritti al cuore.
Colpe umane che portano alla morte.
Un bambino di 4 anni.
Che la mattina si è svegliato senza sapere di essere nel mirino di una sorte che forse ha un origine lontanissima.
Chi lo sa? Chi puo’ sapere o scoprire veramente dove sta la colpa?
Si scatenano le indagini, i sensi di colpa e anche la paura.
Un percorso a ritroso di rabbia.
Un desiderio di vendetta. Vero e comprensibile.
Tutti parlano. Chi puo’ si muove o forse fa solo polvere.
Una corsa febbrile per trovare una ragione, come se questa bastasse, come se l’anima si accontentasse.
Una staffetta per dare i volti all’orrore.
Accade cosi in ogni tragedia che ci lascia sgomenti.
Leggiamo e ascoltiamo grida di paura e fatichiamo a credere.
Ma dura poco.
Una settimana. Forse due.

E  poi i riflettori cominciano a spegnersi e la lente rimpicciolisce. Le voci sono flebili.
Ci siamo abituati. Finchè regna il silenzio.
Le indagini faranno il loro corso.
Gli uomini ci penseranno.
Forse qualcuno pagherà e altri eviteranno di sbagliare.
Speriamo.
Tutti noi a poco a poco non ricorderemo più.
Fra un anno la nostra memoria faticherà per mettere a fuoco.
Forse la vera nostra colpa è questa: dimenticare.
Lasciare il dolore a chi è stato toccato davvero.
O forse è la nostra unica forma di difesa.
Ma come ogni storia affollata di gente, di sbagli, di lacrime, giudizi e preghiere la realtà autentica è una soltanto: un bimbo morto.
Una vita brevissima cristallizzata per sempre nella sua incapacità di vedere come sarebbe andata a finire.
E una madre spettatrice inerme di una rappresentazione che la nostra mente persino rifiuta.
Una madre che forse per la prima volta non ha potuto fare nulla.
Ecco a lei spetta forse il destino peggiore.
A lei tocca vivere.
 
 LORETTA RAMOGNINO
 
Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.