BANKITALIA SpA

BANKITALIA  SpA

BANKITALIA  SpA

In tutto questo pronosticare chi si sarebbe seduto sulla poltrona di Governatore di Bankitalia SpA è sembrato che l’unico requisito in gioco fosse non tanto il suo curriculum, quanto chi ne era lo sponsor politico (e persino la città natale!). E, una volta deciso il vincitore, si è tirato il fiato: l’autonomia di Bankitalia è stata rispettata!

Purtroppo, non è l’autonomia di Bankitalia ad essere stata, né oggi né mai, minacciata, bensì, sia oggi che ieri, quella del Governo italiano.

Se c’è un ente totalmente sovrano e schermato da ogni ingerenza degli Stati membri questo è proprio la BCE, e con essa le sue propaggini nazionali, tra cui, appunto, Bankitalia.

Nessuno invece ha posto l’accento sulla natura privatistica di un istituto che tratta, con l’autorevolezza che trae dalla sua sembianza pubblica, il simbolo della ricchezza prodotta dalla nazione: il denaro, dichiarandosene addirittura proprietaria.

Nessuno si stupisce che i politici di ieri abbiano messo nelle mani di una SpA, privata al 95%, la leva monetaria, ossia lo strumento che solo la mano pubblica dovrebbe essere autorizzata a manovrare, in quanto incarna l’interesse pubblico per eccellenza. Non ho mai superato lo choc che subii quando appresi che i soldi che tengo in tasca sono privati. Mi sembrava paradossale che l’istituto che si ammanta del titolo ingannevole di Banca d’Italia fosse invece una SpA privata. Non è così, evidentemente, per molti degli italiani cui la notizia è riuscita a filtrare (i più essendone ignari): la Pirelli produce pneumatici, l’Algida produce gelati? Beh, Bankitalia produce denaro, cosa c’è di scandaloso?

C’è, come diceva il banchiere Rotschild più di due secoli fa, che chi emette moneta tiene in pugno le sorti di un Paese.

Forse non ne sono indignati neppure gli indignados, perché non mi pare di aver visto tra le loro rivendicazioni quella della moneta di Stato; né quella di togliere alle banche commerciali l’arbitrio di prestare soldi che non hanno e che quindi non sono che ipoteche sulla ricchezza da prodursi in futuro: scippi di denaro dalle tasche dei giovani di oggi e di domani.

Scippi peraltro aleatori, poiché non c’è garanzia che quella ricchezza sarà effettivamente prodotta nei mesi ed anni a venire, alimentando così solo i deficit futuri.

Ho più volte stigmatizzato la disinvoltura con cui si transita da porte pubbliche a private e viceversa; e Mario Draghi ne è un esempio perfetto, zigzagando dal Ministero del Tesoro alla Goldman Sachs, a Bankitalia e infine alla BCE. E a fianco del Presidente del Consiglio, carico di conflitti d’interesse mai risolti, siede come Gran Visir Gianni Letta, insignito della carica di counselor di Goldman Sachs nel 2007 (e non è chiaro se lo sia tuttora).

 Non mi dilungo sulla lunga fila di personaggi dei piani alti della politica e della finanza che fanno con nonchalanche questi trasbordi; sia al di qua che al di là dell’Atlantico.

Con questo andazzo, non c’è da aspettarsi che qualcuno da quei piani denunci l’assurdità di un sistema monetario consegnato a interessi privati, che, comprensibilmente, operano solo per il proprio profitto, lasciando alla mano pubblica il compito di controllare il loro operato.

 Ma che controllo è mai possibile se controllore e controllato si scambiano ripetutamente la divisa dall’oggi al domani?

E allora cerchiamo di tener ben presente che: il Ministero del Tesoro è un ente pubblico; Bankitalia SpA e la BCE sono società private. Quindi, ogni swap tra le due istituzioni è da guardare con estrema diffidenza, almeno finché, come sarebbe logico e giusto, Bankitalia SpA e le sue competenze, in primis quella monetaria, non verrà assorbita dal Ministero del Tesoro, dando alla nostra moneta, quale che sia, dignità e funzione pubblica.

Vorrei che questo fosse il primo obiettivo dei giovani, e meno giovani, indignados, coi quali solidarizzo, sentendomi idealmente uno di loro, purché non sfocino in allucinazioni del genere di quelle che deviarono il ’68 verso richieste collettive demenziali e suicide.

Molto è stato detto e scritto, condividendo, Draghi in primis (!), le idee degli indignados, e condannando la violenza dei black bloc. Eppure, sono entrambi due stadi di ogni processo di cambiamento politico e sociale: la rivolta fine a se stessa, tesa solo ad abbattere un regime odiato; e un meditato processo rivoluzionario, con la visione di chiare alternative.

Natura e storia hanno sempre proceduto così: il futuro nasce dalle ceneri del passato. E la politica di oggi ha tutte le carte in regola per farne desiderare le ceneri.

 Marco Giacinto Pellifroni                                               23 ottobre 2011

 

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