Archeologia imperiese sull’altare del dio denaro

L’ennesima assurdità emerge dopo gli scavi
per la realizzazione di un parcheggio
Archeologia imperiese sull’altare del dio denaro

L’ennesima assurdità emerge dopo gli scavi
per la realizzazione di un parcheggio
Archeologia imperiese sull’altare del dio denaro
Ino Gazo
 Imperia. Dicono che i liguri  siano avari, che abbiano il “braccino corto”. Avvinghiati alla loro “roba” a cui tengono più che un parente stretto. Peccato sia un trito e ritrito luogo comune, assolutamente lontano dalla realtà.
 Certo, perché se fosse vero, forse non avremmo lasciato deperire, regalato, distrutto o eliminato tanta parte del nostro patrimonio architettonico e culturale
 Una volta in nome di un equivoco senso di modernismo, adesso per ignavia, indifferenza o speculazione. Per il vantaggio di pochi, insomma, ma con il danno per tutti. E gli esempi, purtroppo non mancano, anzi abbondano. Uno degli ultimi riguarda un sito archeologico che pochi hanno avuto la possibilità di vedere e che la maggioranza degli imperiesi non vedrà mai.

Non è il caso di riferirsi agli scavi per il parcheggio di via Benza, a fianco del Duomo: quel cantiere è stato bloccato dopo aver portato alla luce resti delle mura seicentesche di Porto Maurizio. Giusto aver fermato i lavori ma allora perché la strada romana emersa al Borgo Prino è stata ricoperta ed è  scomparsa? Eppure quel sito archeologico riscriveva la storia dell’insediamento portorino e dava speranze  agli esperti della Sovrintendenza regionale convinti che, in quella zona, probabilmente ci fosse un anfiteatro: tanto, insomma, da creare un sito archeologico di rilevanza internazionale.

E tanto da contraddire chi, invece, pensa che la cultura non dia da “mangiare”. In effetti la scomparsa sotto cemento di quella strada “da mangiare” ne ha dato. Ma al privato che ha costruito un condominio e che ha dovuto spostare in curva le tribune dell’adiacente pista di atletica.

Questo è soltanto l’ultimo esempio dal nostro passato “immolato” in nome del dio denaro. 
Basterebbe capire quanto avviene non molto lontano dal capoluogo rivierasco: in Costa Azzurra esistono località che possono vantare modesti siti archeologici che, però, sono venduti con risultati notevoli sotto l’aspetto turistico.

E, comunque, è evidente il rispetto per le proprie radici, un rispetto che mantiene in vita anche testimonianze che, noi liguri avari, se non provvediamo a eliminare certamente ignoriamo. Alla faccia della tirchieria e, soprattutto, delle possibili occasioni di valenza turistica che potrebbero cambiare il destino di un territorio da promuovere.  Una riflessione che vale anche per i lavatoi che segnavano la vita di tanti borghi imperiesi e che, invece, sono scomparsi lasciando un vuoto di un passato ormai dimenticato. Qui diventano importanti anche i ricordi personali: via Rambaldo a Borgo Marina era soltanto pedonale, avevo un “corridoio” centrale di mattoni rossi con due strisce di ciottoli ai lati. Tutto scomparso, seppellito sotto un manto d’asfalto rosso adesso rovinato da buche e avvallamenti. E ancora: il bigo, una  gru per i “profani” di cose di mare, che svettava sulla banchinetta Medaglie d’oro dagli anni 60 da qualche mese è stato eliminato senza un motivo logico. La decisione di qualche dirigente del Porto di Imperia spa ha privato il borgo e gli appassionati di una testimonianza che poteva doveva trasformarsi in un’icona.

Ino Gazo  da  

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