Adunata

La grande battaglia che ci attende sul mare nostrum !

ADUNATA

 La grande battaglia che ci attende sul mare nostrum !

ADUNATA

Il vetero compagno Pietro Pistarino si è fatto rivedere, dopo un bel po’ di tempo.

“Dove sei stato, Pista?”

“Lascia perde, ho pigiòn a freve. A  l’eô a Milàn ün po’ de giôrni da ô frae  de me cügnou pe’ fâ festa aô battaeximô de so nessa Jennifer.”

“Belàn, Pista, che nome esotico!”

 Aôa a modda a l’è côscì, quande a va ben i mattetti se ciamman Maicol, Frida, Melania, Jonathan  ecc.”

 

            “E così a Milano che cosa hai visto di bello ?”

“De bellô, ninte. Pe’ bôn peizô a l’è arrivâ a manifestasiôn da Lega.”

            “ Hai visto anche quelli di Savona?”

“Scì, l’ho visti passâ tütti, cômpresi i nostrâe. Cartelli pin de belinate e ô ghe n’ea ün che nô ho  capiô,  ô gh’ea scritô:

 Bossi senza Maroni è come Formigoni.”

            “Ma dài, te lo sei inventato!”

“Mae züamentô, nô oriē ciü  pisciâ! In sce ün atrô ô gh’ea scritô :

 Se viene a galla il Trota, lo pigli nella Cota.

E poi:

            La Mauro che sta addosso è come il can sull’osso.

E anche:

            Il cerchio che si chiude ti manda alle Bermude.

 

 Zônzighe:

 

            Coi soldi di Tanzana, si sta sempre in campana.

            “Ma è Tanzania, non Tanzana!”

“San assâe sassissa. In ciü i gh’ean quelli antigovernativi cômme:

  Con Monti e con Fornero, ci resta il cimitero.

 Ghe n’ea anche de sfôndô fascisticô culinario insce ô stocchefisce a-a veneta  cômme:

 Tosi in piazza ? Baccalà,  Zaia Zaia alalà.”

            “Insomma, dei nostri padanici chi hai notato, in particolare?”

“Aôa ô vegne ô bellô: Calderoli attacco  a Rosalia, scindicô d’Arbenga.”

            “Ma no, che cosa vorresti insinuare?”

 

“Te digo che ô Calde, côn dôi êuggi che i paivan dôi fanâ, ô l’axeiva  piggiòn a Rosi pe’ e spalle ‘cum longa manu’ e lē, côscì piccina, se ne stava ün po’ môscia côn ün mezô fattoriso. Gh’an fâeto a foto che ti a trôevi in sce ô Secolo de lünedì 23 zenâ. Che poi, pe’ cônsôlāse, a s’è accômpagnâ côn ô  Ciangherotti, ô specialista da rümenta  che, però, ô l’è un zôenotto aitante che côn quell’atrô ô l’ha sôlô da spartī a limma pe’ i denti di clienti.”

 “ E Bossfinger ?”

 

“Ti schersi? ô parla sempre in scie ô parchettô, sôlô lē,  e ciü ô nô se capisce ninte e ciü ô parla mandando assidenti e minacce a tütti, sorvatüttô aô gran cappô de Milàn  che ô gh’a môllon e ô l’ha da pensâ a-a camera e aô senato… da presümmia  nessa de Mubarak.   Maroni sittô.”

            Insomma, se abbiamo ben capito attraverso il racconto di Pistarino, depurato dalla sua connaturata faziosità, una vera e propria adunata per alzare un po’ di polvere e farsi  vedere.

            Essi, secessionisti fasulli logorati dalla dannosa nullità della pregressa italica gestione ministeriale, alla quale hanno partecipato con le punte della loro leaderschip, Bossi, Calderoli, Maroni, Castelli, Gelmini, Tremonti (?), sono, per fini meramente elettorali, alla disperata ricerca di una  politica presenza, in distacco dalla viscerale subordinazione al gran Capo de Milàn del quale hanno sostenuto atti ed uomini indifendibili.

            …Ma se invece…

“Capo,  ci provocano, c’è un bambino senegalese che sventola un tricolore, è scappato ai suoi, crede  che sia una festa per tutti ed è venuto in mezzo, così Salvini sta strillando come un’aquila, per la bandierina, s’intende!”

“E alùra ? Lasciate che i fanciulli vengano a me… (questa l’abbiamo già sentita)  Il tricolore l’abbiamo inventato noi padani. Ma ve le siete dimenticate le cinque giornate di Milano? Brescia la Leonessa d’Italia? I volontari bergamaschi per l’impresa dei Mille? Il Tommaseo a Venezia? Mazzini a Genova?  Ma piantiamola lì, il Risorgimento, l’unità d’Italia,  l’abbiamo fatti noi del Nord con i picciotti di Sicilia.” 

            “Capo, non ci capiamo più niente! E la secessione, e il popolo del Po, e i terroni?

            “Son tutte balle, ora qui, sulla via di Binasco, ci ho avuto l’illuminazione, mi è comparso il novarese Presidente  Scalfaro dal Paradiso, con la Costituzione della Repubblica in mano che splendeva come le tavole di  Mosé,  e mi ha detto: Umberto perché mi perseguiti?

Adesso fonderemo il P.P.P. – Partito Popolare Poitaliaco- che raccoglierà intorno a sé tutti gli italiani del nord, del centro e del sud che riconoscano che il Po è il più grande fiume d’Italia: questo sarà l’unico denominatore della comune fede.”

“Ma Capo, il Po è il più gran fiume d’Italia !”

“Sitto!

Perché il Po,  gettandosi nel mare Adriatico, procede come grande corrente a sud, circonda tutte le coste d’Italia, comprese  quelle sicule, risalendo per il Tirreno fino a raggiungere il genovese e l’imperiese e anche Nizza, della quale rivendichiamo l’italianità padanica.

            Questa è la grande battaglia che ci attende sul mare nostrum.

            Popoli Poitalici, a Noi !”

                                                                     BELLAMIGO

 

                                                                     BELLAMIGO

 

5 febbraio 2012          

 

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