Ormea
Ormea: scoperti 250 piloni votivi, un centinaio sono opere d’arte
Censiti e fotografati da Filippo Bonfiglietti, ingegnere e scrittore
Nei boschi, sulle cime, lungo i rii, in pietra e calce. I più antichi del ‘600
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Ormea: scoperti 250 piloni votivi, un centinaio sono opere d’arte
Censiti e fotografati da Filippo Bonfiglietti ingegnere e scrittore
Nei boschi, sulle cime, lungo i rii, in pietra e calce. I più antichi del ‘600
I piloni votivi sono piccole costruzioni di solito edificate lungo le strade, affrescate con immagini sacre o adornati con statue e quadri della Madonna o dei Santi; sono sempre piccole opere d’arte e, in molti casi, sono opere d’arte autentiche.
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Hanno origine molto antica e sono gli eredi delle “Mongioie”, cumuli di pietra che le popolazioni celtiche costruivano ai bordi delle strade con funzioni religiose e anche di segnavia: non è un caso che il monte più importante della zona si chiami, appunto, Mongioie. I piloni votivi da noi trovati, inventariati e numerati finora nel territorio di Ormea sono 176. Un centinaio quali sono piloni in senso stretto, mentre il resto è costituito da dipinti o da altre opere ricavate sulle pareti di edifici. A questi sono da aggiungere altri ottanta piloni non ancora individuati e catalogati, ma riportati sulle tavolette al 25.000 dell’Istituto Geografico Militare negli anni ‘30. Dunque, nel territorio di Ormea le opere d’arte devozionali (inclusi i piloni distrutti dopo gli anni ‘30) sono circa 260 mentre i piloni veri e propri sono circa 180. I Piloni, le edicole e i dipinti murali di Ormea sono opere d’arte popolare dovute a ingenue manifestazioni di fede del passato recente, spesso danneggiate dalla sciocca trascuratezza di un presente incolto, inconsapevole del loro valore. Testimonianza di una devozione profonda verso la Madonna e i Santi, i piloni votivi venivano (e vengono tuttora) costruiti per ottenere aiuto e protezione nelle difficoltà quotidiane, oppure per celebrare una grazia ricevuta. |
Circa la metà dei piloni si trovano in “posizione di dominio”: ossia, sono stati costruiti su un rilievo, su una roccia o su una qualunque posizione dominante, guardando in basso come a sfidare qualcosa. Non è un caso che un pilone sopra Chionea sia dedicato a San Defendente. Dunque, probabilmente, implicano una protezione da qualcosa: dalla natura o più probabilmente dai nemici, dato che il territorio di Ormea è stato afflitto dai Saraceni prima del Mille, dalla guerra delle Viozene per cinquecento anni fino al Settecento, dalle liti guerreggiate fra signorotti locali per tutto il Medioevo e dai soldatacci della rivoluzione francese alla fine del Settecento. Protezione, scongiuro o altro non si sa. |
I piloni si trovano nei posti più improbabili: sparsi nei boschi, su qualche cima o vicino a qualche rio. Anche perché nel passato venivano di solito eretti a margine delle strade di allora, che non corrispondono più alle strade di adesso. Così succede spesso che siano vicini alla strada attuale, ma che le volgano le spalle come se ne fossero offesi mentre, invece, sono semplicemente stati abbandonati dalla strada originale. I piloni sono in muratura di pietre e calce. Sono intonacati e ospitano sempre una nicchia centrale e sono protetti da un piccolo tetto di ciappe che dovrebbe impedire all’acqua piovana di penetrare all’interno e di fare danni. |
La nicchia rappresenta il cuore dell’atto di devozione all’origine del pilone. Di solito è affrescata sul fondo, sui lati e anche esternamente, sulla facciata del pilone. Qualche volta, invece di essere affrescata, contiene un dipinto; altre volte contiene una statua, spesso incongruamente piccola rispetto allo spazio che la ospita. |
Le edicole, per struttura e per qualità, sono come i piloni, ma sono molto più grandi perché, oltre allo scopo votivo, hanno anche quello di essere un luogo di riposo, di sosta e un riparo dalle intemperie. Il viandante, nell’edicola, trovava una protezione che spesso aveva un’importanza ancora maggiore nei funerali. I dipinti murali invece sono alloggiati sui muri perimetrali degli edifici, nei modi più imprevedibili e fantasiosi: a volte sono solo un dipinto superficiale, altre volte alloggiano il dipinto in una nicchia, a volte hanno un cornicione di protezione e altre volte non l’hanno; a volte contengono un affresco o un dipinto a olio, altre volte contengono una statua. |
Si dice che i piloni più antichi risalgano al ‘600, più o meno quando furono costruite le frazioni e le loro borgate. Il pilone datato più antico che abbiamo trovato porta la data del 1721. |
I dipinti – dei piloni, delle edicole e sulle pareti delle case – sono di qualità molto varia, ma i più belli sono quelli di Eugenio Arduino, almeno una trentina del totale. Suo è l’affresco rappresentante la Madonna del Rosario, sull’angolo di una crollante alla borgata Rian, dove resta l’unica cosa in buono stato, suo è l’affresco rappresentante la Madonna Incoronata con Bambino tra San Grato e San Rocco, evidentemente restaurato su un pilone in buono stato sopra Chioraira. Il fatto che queste opere d’arte siano anche reperti archeologici, sia pure non molto antichi, è fuori discussione. E il fatto che alcune di queste opere d’arte siano ben tenute mentre altre sono del tutto abbandonate, fino quasi al crollo, è evidente e inammissibile: sia dal punto di vista culturale, sia da quello turistico, sia per considerazioni d’ordine economico. Perché mettere i Piloni, le edicole e i dipinti in sicurezza significa solo rifarne il tetto o il cornicione per impedire le infiltrazioni d’acqua: una faccenda elementare di costo trascurabile. |
Altra cosa, naturalmente, è restaurarli, tanto più che il restauro è una faccenda delicata che non tutti sanno fare: e ormai sono arcinoti alcuni restauri che forse hanno resa più manifesta una devozione che si credeva scomparsa, ma certamente hanno rovinato completamente l’opera originale, facendo più male che bene. Diciamo che la messa in sicurezza è un passo del tutto indispensabile, mentre il restauro è altrettanto opzionale. Ed è indispensabile che sia fatto bene: altrimenti, meglio niente. Filippo Bonfiglietti 16 novembre 2010 |
Domanda di un lettore a Bonfiglietti “Scusi, lei abita a Ormea e ha avuto qualche incarico per recuperare queste opere oppure il suo articolo è un pezzo con cui intende catturare l’attenzione e suscitare interesse sull’argomento? Lei è un archeologo?” |
Risposta
Filippo Bonfiglietti
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