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Siamo la società del segno +, sorvolando sul suo rappresentare, oltre all’addizione, la croce del camposanto, che indica efficacemente la direzione in cui stiamo collettivamente puntando.
Se ad una festa il numero di convitati, per qualsiasi motivo, risulta superiore alle previsioni, le fette di torta si assottiglieranno, per non far torto a nessuno. Al contrario, l’umanità è cresciuta in maniera abnorme rispetto al passato; ma, per restare nella metafora, anziché assottigliare ciascuna fetta di torta, se n’è portata in tavola una più grande, onde distribuire agli accresciuti convitati una fetta addirittura più grossa. Con ciò, si è ignorato allegramente che nella dispensa la quantità degli ingredienti era rimasta la stessa e quindi incapace di far fronte alle prossime feste.
Fuor di metafora e limitandoci in questa sede all’Italia, è istruttivo considerare la variazione delle dimensioni delle automobili a partire dal 1970 ad oggi, ossia da quando cominciarono le prime inquietudini su dove sarebbe andata a parare l’idolatria della crescita sino alle odierne certezze.
Ora, è chiaro che le odierne dimensioni delle auto possono essere, in parte, compatibili con le autostrade, ma non con certe strade provinciali e, men che meno, con gran parte delle vie cittadine, specie in un’Italia costellata di città cambiate ben poco nei secoli. Se non altro per le difficoltà di parcheggio.
Di pari passo con le dimensioni, naturalmente, è cresciuto il peso, quindi la quantità di metalli e plastiche di cui i recenti modelli sono costituiti. E col peso, cresce, nonostante le acrobazie degli ingegneri, anche il consumo di carburanti.
Notare che la maggior parte dei componenti di un’automobile è d’importazione; in particolare i componenti elettronici. La dipendenza dall’estero è in prospettiva ancora più stringente se pensiamo alle nuove direttive europee, che prevedono l’addio ai motori a scoppio e diesel in favore delle auto elettriche, per le quali la dipendenza dalle materie prime estere, e in particolare cinesi, è pressochè totale.
Ora, in un contesto come sopra illustrato, è demenziale tagliare i cordoni vitali con le nazioni maggiori fornitrici delle materie prime, di base ed energetiche, come la Cina e la Russia.
La UE, col fervente appoggio della nostra Giorgia Meloni, fece, sin dall’inizio del conflitto Russia-Ucraina, il beau geste di schierarsi con l’Ucraina, passando dalle parole ai fatti: sanzioni economiche e forniture di armi di offesa, anziché di sola difesa.
C’è decisione più dissennata di imporre sanzioni economiche ai principali fornitori delle tue materie prime ed energetiche essenziali alla tua stessa economia? Se la Germania, in previsione dei danni che le sarebbero derivati con la chiusura dei gasdotti russi, si accodò con estrema riluttanza (mi chiedo se la Merkel avrebbe mai commesso un errore così madornale), l’Italia, ignorando le conseguenze per la sua economia di un gesto simile, si erse impavida (quasi echeggiando il “me ne frego” di trascorse bravate) e più che mai convinta di compiere una scelta di etica politica. Come se i due termini non fossero ossimorici. E, per fugare ogni dubbio, la Meloni non fa che ribadire, in occasione di uno dei tanti, troppi, consessi internazionali, persino a latere di un funerale eccellente, come quello del controverso Napolitano, il suo convinto appoggio all’Ucraina e il nostro indefesso rifornimento di armi. Persino oggi, che gli americani (non Biden) si pronunciano contro il continuo invio di armi a Kiev, rendendosi conto che quella dell’Occidente è né più né meno che la versione attuale della guerra fredda, con relativa brinkmanship, ossia provocazione dell’avversario fino all’orlo del precipizio nucleare, persino oggi, dicevo, l’intrepida Meloni non si arrende all’evidenza e tuona in nome del popolo italiano.
Ma quale popolo italiano? Se girasse un po’ tra la gente, si renderebbe conto del tiepido, se non nullo, appoggio che la sua politica (anche migratoria) sta riscuotendo tra i comuni cittadini, sulle cui spalle s’è scaricato il peso di questa idiota superbia. La nostra statista non s’è resa conto di aver trascinato l’Italia in un’economia quasi di guerra, dopo essere appena usciti da quella targata Covid. Come rimedio si è scelto di tamponare alla bell’e meglio il disagio creato nella popolazione mediante sporadici sussidi, equivalenti ad altrettanti pannicelli caldi. Di diminuire la spesa pubblica nelle sacche di sperperi che la ingigantiscono anno dopo anno, non se ne parla e si ripiega sull’innalzamento del debito. [VEDI e VEDI] Un debito che oggi costa assai più dell’epoca pre-guerra, a causa dei tassi d’interesse lievitati a dismisura dalla BCE per combattere un’inflazione non certo dovuta a spese folli della popolazione, ma al crescere dei prezzi delle materie prime, causate dalle scelte comunitarie in politica estera. Il classico cane che si morde la coda.
La situazione odierna vede un’UE che si rende tardivamente conto di aver fatto assai più male a se stessa che ai suoi nuovi avversari, con l’inflazione e il costo del denaro non dovuti ad una baldoria collettiva, bensì a fattori esterni, quali appunto ho appena indicato.
Se gli USA da questa situazione hanno tratto solo vantaggi: vendita a prezzi folli del gas da scisti bituminosi (taccio qui dei danni ambientali che ne conseguono) all’ingenua UE, e possibilità di testare sul campo il loro ampio arsenale, in continua evoluzione, senza vittime proprie; l’UE ne sopporta solo i danni economici, scoprendo che le sanzioni sono la messa in pratica del proverbiale imbecille che taglia il ramo su cui è seduto.
Mentre l’industria sta provando i brividi delle calate vendite, pur proseguendo nell’illusione della ripresa del “sempre +”, un incoraggiante segnale arriva invece dai giovanissimi, in particolare la generazione Z, [VEDI] che sembrano ripudiare il sogno dell’automobile, con tutto la negatività ambientale e sociale che insiste sulla sua scia: quasi un revival di quando a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, stavano nascendo i primi gruppi di ambientalisti, ignari di dove ci avrebbe condotto il “verbo verde” nelle mani di industria e finanza. Nella speranza che, crescendo, non si lascino assorbire dalle tendenze correnti, tese all’unico scopo di far crescere il moderno totem del Pil, chiudo queste mie righe, esortando i giovani (ma leggono ancora?) a non lasciarsene scalfire.
Marco Giacinto Pellifroni 8 ottobre 2023
Con questa frase ….Siamo la società del segno +, sorvolando sul suo rappresentare, oltre all’addizione, la croce del camposanto, che indica efficacemente la direzione in cui stiamo collettivamente puntando….lei ha condensato in poche righe la nostra situazione attuale. Bravissimo anche nel prosieguo l’articolo.