55 SFUMATURE DI ROSSO

55. Sono gli anni trascorsi da quello della svolta culturale esplosa dopo i placidi anni ’50 e i fermenti degli anni ’60, preparatori dell’ormai iconico Sessantotto.

Mario Capanna, elemento di spicco del ’68. Vedi la sua evoluzione più avanti nel testo

Se fino allora l’Italia poteva sembrare tutta “casa, fabbrica e chiesa”, con governi monocolore DC o al più con partiti di frangia a reggere la livrea, le idee di sinistra, avversate in Italia dal clericalismo dominante e oltre Atlantico dal maccartismo che poneva addirittura fuori legge l’appellativo “comunista”, avevano trovato modo di concretarsi attraverso vasti movimenti di piazza, estesi in tutto il mondo occidentale, entrando di prepotenza sia in politica che nelle forme artistiche che più si prestano ad esprimere plasticamente la protesta, come la musica.
Si ricordano come leggendari i movimenti studenteschi ed operai accompagnati dalle struggenti canzoni dei loro cantanti simbolo: Bob Dylan e Joan Baez. L’individuo era superato dalla società; non si affrontavano i problemi del singolo, ma i guasti sociali, che la politica era deputata a lenire. Per non dire del risvolto pacifista, contro ogni tipo di guerra E, per inciso, sarebbe interessante sapere cosa ne direbbero oggi quei giovani della guerra per procura dell’Occidente contro la Russia, favorendone l’escalation attraverso l’invio all’Ucraina di armi sempre più potenti e offensive.

Joan Baez e Bob Dylan: due cantanti che hanno saputo accendere la passione politica nel cuore di milioni di giovani elettrizzati dallo “spirito del ‘68”

Il PCI era un pezzo del blocco granitico sovietico e puntava soprattutto ai colletti blu, riuscendo ad ottenere notevoli avanzamenti contrattuali collettivi.

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I colletti bianchi, con un maggior grado di istruzione, erano più attratti dalla sinistra culturale: quella che ha sin da allora preteso di averne l’egemonia, vedendo della destra la parte più becera, ma ignorando la destra “alta”: quella, per intenderci, di Augusto Del Noce, Giuseppe Sermonti, Renzo De Felice, Quirino Principe, Rodolfo Quadrelli e molti altri.  
La scoperta mia personale, e di pochi altri, in quei turbinosi anni, fu quella ambientalista, totalmente ignorata, se non addirittura osteggiata o derisa, dalle sinistre, le quali, cammin facendo, avevano finito col cristallizzarsi sul discorso delle retribuzioni. Che in seguito si scoprì, purtroppo tardivamente, che avevano potuto salire non tanto per la generosità “padronale” (termine oggi desueto), ma a spese dell’ambiente. Quest’ultimo ha continuato a fare da silenzioso “ufficiale pagatore” del nostro cosiddetto sviluppo, mentre il capitale, pur continuando il saccheggio, ha in seguito fatto rifluire nelle sue casse, oltre al plusvalore naturale, anche la diminuzione di salari e stipendi perpetrata negli ultimi 30 anni: basti dire che le retribuzioni di oggi sono, in termini reali, inferiori a quelle conquistate sino ai primi anni ’90. Ambiente e società, senza un’opposizione proporzionale all’aggressione industrial-finanziaria, si sono costantemente deteriorati, mentre il divario tra ricchi e poveri non ha fatto che allargarsi.

Enrico Berlinguer, guidò il PCI negli anni della sua massima vicinanza alle masse degli italiani. Morto nel 1984, nulla è rimasto del suo insegnamento, in particolare sulla “questione morale”

Nel color rosso, nel frattempo, veniva accentuandosi la distanza tra la sinistra ufficiale e quella che pretendeva di rappresentare quella movimentista post-sessantottina; con la prima virante sempre più verso il rosa, e la seconda verso toni rosso-verdi.
Infatti, anche se le ci vollero decenni, la sinistra movimentista si accorse infine dei disastri di questo sistema di vita; e abbracciò l’ambientalismo, con la pretesa, però, che essere verdi significasse ipso facto essere di sinistra, con la condivisione quindi di ogni sua posizione nei più svariati campi, come ad es. quello dei flussi migratori (sui quali non voglio qui ripetere quanto a più riprese già scritto). Insomma, le istanze ambientaliste, da conservatrici e reazionarie erano diventate sinonimo di “progresso sostenibile”. Non ci volle molto per vedere far propria questa formula da parte del capitalismo, per speculare anche sui presunti rimedi ai suoi stessi guasti.

Emblematica della parabola della sinistra, è quella stessa di Mario Capanna, da leader del Movimento Studentesco sessantottino, poi parlamentare e oggi facoltoso pensionato, ben adagiato nel sistema che voleva distruggere. Una canzone di Gino Paoli potrebbe farne da sfondo. “Eravamo quattro amici al bar, che volevano cambiare il mondo…” Assieme a lui tanti altri contestatori, poi assorbiti e ingrassati dal “sistema” 

Mentre il movimentismo da rosso passava a rosso-verde, il partito comunista, attraverso tutta una serie di sigle che neppure ben ricordo, da pezzo del monolite sovietico, cambiava monolite, attaccandosi, senza troppe remore, al monolite capitalista americano. L’antico PCI s’era convertito a vassallo della galassia di Borse, banche e potentati transnazionali, intravvedendo in loro l’unico futuro possibile. Il rosso s’è venuto del pari sbiadendo, fino a sfociare in un pallido rosa. Gli unici campi disponibili per non appiattirsi del tutto su posizioni della destra capitalista erano alcuni diritti civili emergenti, che la sinistra ha abbracciato con convinzione, per purgare i suoi peccati nei campi finanziari e nella endemica “caccia alle poltrone”, per trasformare il perduto idealismo in una gratificante rendita economica.

Ciò che rimane della sinistra gruppuscolare, quasi senza consensi, nonostante le dimensioni dell’attacco all’ambiente, di cui si sono proclamati difensori, così come l’industria green. E ci è mancato poco che il duetto qui sopra si arricchisse di un terzo membro: Soumahoro

Eccola quindi invocare, a fronte di una popolarità in costante declino, l’immigrazione senza regole, che non siano quelle “del mare”, adattate a uso e consumo di naufraghi volontari, lo ius soli, l’utero in affitto, i matrimoni tra omosessuali e via dicendo, fatti salvi alcuni altri traguardi, come l’aborto e l’eutanasia, più trasversali. Si è dunque fatto ricorso ai più bizzarri diritti del singolo, stravolgendo i diritti della società nel suo insieme e mandando a picco la coesione sociale in una nazione senza più identità e composta di cittadini atomizzati e scaduti a meri contribuenti, da spremere con tasse e sanzioni.
Se mi si consente un excursus in campo enologico, direi che il barbera è diventato un rosé. E sa pure di tappo.Marco Giacinto Pellifroni   05 febbraio 2023

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7 thoughts on “55 SFUMATURE DI ROSSO”

  1. Analisi perfetta sulla sinistra. Il loro problema, ben evidenziato da lei, è che non si rendono conto dei danni che fanno. Se ora governa la Meloni la colpa è solo loro che hanno abbandonato i poveri e anche il ceto medio e continuano a sbagliare pieni di arroganza. Anche nel vostro sito vedo che ci sono collaboratori di sinistra, non tutti per fortuna solo uno o due, pieni di spocchia e arroganza che non sopportano chi non la pensa come loro e usano parole pesanti per denigrarli.
    Complimenti Dott. Pellifroni i suoi articoli sono un toccasana per le persone libere

  2. Spocchia e arroganza? Signor Andrea non si guarda mai allo specchio? Mi pare che lei consideri nemiche le persone che la pensano diversamente da lei. Quanto a me, lei, per me, è semplicemente un avversario. Dov’è l’arroganza? Dov’è la spocchia? Un saluto da Fulvio Sguerso.

    1. Io non la considero per niente un nemico mi danno solo fastidio le persone che hanno la verità in tasca, si ergono e si comportano con disprezzo con chi non la pensa come loro. Siccome si è sentito chiamato in causa magari con un bel esame di coscienza potrebbe trovare la risposta alla sua domanda: dove sono stato arrogante e spocchioso?

      1. Signor Andrea, se vogliamo dialogare correttamente cerchiamo di mettere da parte espressioni come “avere la verità in tasca” e anche “ergersi con disprezzo verso chi pensa in modo diverso” , perché allora mi dovrebbe dire dove, quando e perché io sarei stato spocchioso e arrogante, e chi avrei trattato con disprezzo. E’ curioso che lei inviti a un bell’esame di coscienza una persona che per mestiere esanima continuamente quello che sente, che pensa e che scrive. confrontandosi dialetticamente con i suoi interlocutori, purché non prevenuti e disposti a fare altrettanto, cioè esaminarsi. Il presupposto di metodo per un dialogo autentico è che nessuno ha la verità in tasca, a meno di non credersi Dio. Un cordiale saluto.

  3. Condivido numerose parti dell’articolo del signor Pellifroni, e penso che le divisioni presenti nella sinistra siano un vero e proprio disastro per il nostro Paese, perché oltre a favorire governi di destra c’è da dire anche che non riescono (come rappresentanza di sinistra presente in parlamento) a fare un’opposizione efficace, sempre perchè cocciutamente divisa in nome del mantenimento delle proprie identità sempre più microscopiche. Occorre essere almeno uniti su cinque grandi questioni, primo far perdere credibilità ai governi di destra lavorando sodo su ogni aspetto populista che mettono in campo, secondo diritti civili e ambiente, terzo miglioramento delle condizioni dei lavoratori, quarto maggior risorse su sanità, cultura e scuola, quinto abolizione del precariato. Altrimenti è la fine per il prossimo decennio della realizzazione di ogni idea concreta di progresso…

    1. Condivido queste chiare e precise parole di Biagio Giordano. Così dovrebbe parlare anche il Pd, e possibilmente con una voce sola. Non dico che dovrebbe tornare alle direttive imposte da un Comitato centrale, ma troppe linee e troppe correnti interne fanno perdere letteralmente la bussola anche agli iscritti, non per niente sempre più pochi. Vedremo che cosa e chi uscirà vincente dal congresso!

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