25 Aprile: Italia e Portogallo

25 Aprile: Italia e Portogallo 

25 Aprile: Italia e Portogallo

Caso vuole che Italia e Portogallo commemorino insieme, con la festa nazionale del 25 aprile, la caduta delle rispettive dittature: nel 1945 e nel 1974.

Entrambi i popoli, tuttavia, stanno pagando il prezzo della nuova dittatura finanziaria, più alto in Portogallo, a causa del bail out di € 78 miliardi nel 2011. Un salvataggio concesso al Portogallo (e a Grecia e Irlanda) alle ormai ben note condizioni capestro dell’UE: drastici tagli alla spesa sociale e ai contratti di lavoro, conquistati con la Rivoluzione dei Garofani del ’74.


Murale celebrativo della Rivoluzione dei Garofani

Oggi, a 40 anni da quei gloriosi giorni, i portoghesi lo celebrano con un sentimento di amarezza e di rabbia, in quanto sentono di essere stati traditi e spogliati di quanto riuscirono ad ottenere dopo la caduta di Salazar. Un sentimento comune a tanti europei, chiamati a pagare di tasca propria errori altrui; mentre i responsabili rimangono impuniti e, ancor peggio, sono lasciati liberi di reiterare i reati finanziari già commessi ai danni dei popoli.


Lisbona 25 aprile 1974: un tank dei rivoluzionari tra ali di folla

In Italia, questo stesso giorno, non proviamo sentimenti diversi, dopo le “cure” dei governi Monti e Letta, così simili a quelle imposte ai portoghesi; mentre il governo Renzi sembra intento a perenni brindisi autocelebrativi per le “riforme” che sta attuando. Riforme che sembrano più fatte per dimostrare di fare qualcosa che per sollevare il Paese da una troppo lunga recessione, che non cesserà fintanto che proseguirà la litania del “ce lo chiede l’Europa”, ossia dei van Rompuy e Olli Rehn, o di chi li sostituirà dopo il 25 maggio.


Proteste popolari contro l’austerity in Portogallo

Eppure, una sostanziosa fetta di italiani sembra approvare la Renzi’s Frenzy, come la chiama Travaglio, più per disperazione che per convinzione, promettendo di premiare le sue reiterate promesse con il proprio voto. All’opposto, una quasi pari fetta di elettori non crede in un esecutivo visto come terzo stadio di una stagione di governi alternatisi per colpi di mano interni al palazzo, e sperano nelle virtù palingenetiche di un governo di rottura, firmato M5S. Un’alternativa che manca invece in Portogallo; ma che dilaga, sotto diverse bandiere, in molte altre nazioni europee, all’insegna dell’anti-europeismo, inteso non tanto come contrario ad un’Europa unita, quanto all’Europa dei burocrati, lontana dai reali bisogni della gente e più prona alle sanzioni che alla soluzione dei problemi: primo fra tutti quello dell’invasione selvaggia di immigrati che il programma Mare Nostrum incentiva anziché deprimere.

Marco Giacinto Pellifroni                 27 aprile 2014 

 

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