CINEMA: Lawrence d’Arabia

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Lawrence d’Arabia

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 Lawrence of Arabia

Lawrence of Arabia

GB 1962

REGIA: David Lean

ATTORI: Peter O’Toole, Omar Sharif, Arthur Kennedy, Jack Hawkins, Anthony Quinn, Claude Rains, Anthony Quayle, José Ferrer

Recensione in nuova versione in esclusiva per Trucioli savonesi di Biagio Giordano

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 Lawrence d’Arabia è un film di grande potenza espressiva e di eccelsa rappresentazione fotografica: mai il deserto d’Arabia è stato ripreso con risultati così ricchi di poesia visiva e sonora.

Nel film il deserto sembra un soggetto vivo: il vento, gli animali, i suoni e i rumori, emergono in tutta la loro autenticità naturale, accompagnati dalla splendida musica di Jarre,  affermandosi come  coprotagonisti estetici dell’opera di Lean.


Le bellezze fotografiche e il ritmo spettacolare delle azioni sembrano a volte coprire le discontinuità di una sceneggiatura che appare qua e là un po’ complicata seppur ad una maggior attenzione logicamente corretta. L’estetica visiva più immediata distoglie lo spettatore da qualche smagliatura comunicativa presente nella delineazione visiva dei profili psicologici dei personaggi, non sempre messi a fuoco con sufficienza.

La filosofia di questo film sembra risolutamente incentrata sui valori della generosità, del sacrificio e del eroismo che il diverso eroe elargiva ancora agli inizi del ‘900 per poi successivamente, come figura tipo, demitizzarsi del tutto e scomparire.

L’inquietudine del diverso, la sua sensibilità umana a volte troppo chiusa e sorda al confronto, a volte geniale nelle profondità psichiche che coglie, fa capire attraverso questo film come essa possa portare a compiere gesti di grande coraggio: ad esempio le  grandi imprese militari di fine ottocento e inizi novecento.


Atti nobili, che  però cadevano  inevitabilmente preda del realismo  del potere politico la cui complessità diplomatica rispecchiava una difficoltà presente realmente anche nelle cose. Un potere  razionale e freddo che si contrapponeva inevitabilmente  alla  emotività passionale dell’eroismo singolo. Un potere che era anche pronto ad inghiottire e a sfruttare, per  motivi spesso vicini alla ragion di stato, tutto ciò che l’impresa eroica individuale e anarchica di bello e idealmente importante produceva.

Quello che il film sembra scrivere e sottolineare con più forza è la potenza della speranza storica del cambiamento di un popolo verso l’indipendenza, il diritto etico a una  azione liberatoria. In questo caso nel film essa sfocia nella delusione, in una nuova tragedia del popolo che è nello stesso tempo anche il fallimento di uno spirito nobile individuale ormai al tramonto con l’inizio del ‘900, come quello incarnato da Lawrence: probabilmente l’ultimo grande eroe dell’epoca post romantica.

Un uomo tutto di un pezzo, ormai sempre più raro, impegnato a sostenere forme di eroismo etico e militare in un mondo ancora ricco di speranze ma che andava inesorabilmente verso il tramonto del riconoscimento dell’individualità militare geniale come valore da perseguire in certe particolari circostanze.

Il film uscito nel 1962 è tratto dal libro I sette pilastri della saggezza il cui autore è lo stesso Thomas Edward Lawrence (1888-1935), personaggio principale della pellicola, interpretato da un grande Peter O’ Toole scomparso 5 mesi fa a Londra dopo una lunga malattia. In questo film il famoso attore irlandese era agli esordi.

L’opera del regista Lean narra in modo spettacolare alcune vicende principali della campagna araba dell’esercito inglese nel periodo 1914-1918. Il regista trae dalla bellezza del libro autobiografico un’ispirazione sia poetica che politica, spesso originale, andando oltre ogni schema interpretativo storico già noto.


Lawrence è un agente del servizio segreto inglese atipico di straordinarie doti empatiche.

Il film inizia con un lungo flash back che riprende le sequenze che precedono   e accompagnano fino alla morte il tenente Lawrence, disgrazia avvenuta per un incidente stradale nei pressi della sua dimora in Inghilterra.

La morte, almeno in parte, sembra attribuibile a una velata volontà suicida di Lawrence. Infatti dal film sembrerebbe che a provocare l’incidente abbia contribuito una grave e inspiegabile, in altri termini, imprudenza dell’agente inglese.

La scena mostra Lawrence alla guida della sua motocicletta intento a raggiungere progressivamente una velocità molto elevata. Il mezzo sfreccia tra pericolosissime colonne di alberi e lungo una strada di scarsa scorrevolezza perché troppo ombrosa e mal tenuta. La velocità dà chiaramente allo spettatore la sensazione di un pericolo imminente: un segno drammatico di premonizione. Chi guarda il film percepisce subito che può accadere qualcosa di molto serio, immagina ad esempio che un eventuale improvviso ostacolo non sarebbe stato potuto evitare dalla motocicletta. L’incidente mortale avviene quando la moto all’improvviso viene a trovarsi di fronte a un uomo in bicicletta; per scansarlo Lawrence è costretto a sterzare bruscamente finendo fuori strada in un dirupo.

Una morte che nel film assume un aspetto significante importante, perché presenta subito allo spettatore la caratteristica essenziale di Lawrence: l’indifferenza folle al pericolo. Il tenente inglese incarna perciò un personaggio sprezzante del rischio che sarà  un aspetto dominante della sua personalità, un aspetto che guiderà lo spettatore a scoprire via via, senza più stupirsi, la struttura paranoica  dell’agente inglese sia nei gesti bellici sia  nelle scelte  progettuali da ufficiale, quest’ultime  del tutto contrarie ai voleri della sua gerarchia superiore.


Il film, dopo il flash back sulla morte dell’eroe inglese Lawrence, si cala nelle  vicende arabe del tenente, prosegue con la scena della sua  convocazione   presso l’ufficio del colonnello dell’esercito inglese. A sorpresa, dopo l’ennesima critica del superiore al suo modo stravagante di comportarsi, gli viene comunicato che è stato ritenuto idoneo, dalla sezione araba dell’esercito britannico, a guidare una delicata missione in Arabia (1916).

L’incarico consiste nel trasmettere notizie di guerra ai generali dello stato maggiore, informazioni riguardanti gli esiti delle battaglie degli inglesi contro i turchi in alcune zone tatticamente strategiche dell’Arabia.

Raggiunti i suoi ufficiali superiori alle soglie del deserto di Nefud, Lawrence viene  informato sullo stato della guerra in quella zona, ma nel mentre sembra  accontentarsi di stilare un rapporto sulle informazioni ricevute, per i superiori, medita scettico su quanto sta accadendo.

Il tenente, con grande rammarico, viene a conoscenza delle vere intenzioni militari e strategiche del governo Inglese. I politici inglesi vogliono usare le tribù beduine per cacciare i turchi  e  spartirsi insieme ai francesi l’Arabia.

Lawrence  è coinvolto idealmente dalla ingiusta sottomissione degli arabi allo straniero. Considera, quella araba, una grande civiltà; una cultura purtroppo  da tempo sotto il giogo  della tirannia straniera che ne penalizzava le doti  espressive.  Lawrence è molto sensibile ai problemi della gente araba, ad un certo punto decide di andare contro corrente e cerca un dialogo amico con le tribù beduine per tentare di mettere in atto un piano personale quasi impossibile a favore dell’ indipendenza dell’Arabia.

Convinto che attraverso il Nefud si possa compiere un’impresa militare  grandiosa che farebbe saltare il progetto dei suoi superiori  teso a spartire con la Francia l’Arabia, Lawrence comincia a vedere il deserto con simpatia, si fa coinvolgere dal suo linguaggio naturale e dalla sua pulizia dirà in seguito.


 Il tenente Lawrence, sempre più convinto delle idee che gli sono sorte, rompe le relazioni con il suo superiore inglese e coinvolge l’emiro Feisal in un grandioso progetto tattico.

Lawrence decide di avvalersi delle tribù arabe di Feisal e di quelle mercenarie di altra dislocazione territoriale per sferrare un duro attacco alla guarnigione turca di stanza ad Aqaba. Il tenente inglese ha la geniale idea di attaccare l’esercito turco, che ha solo cannoni fissi  rivolti verso il mare, alle spalle, di sorpresa: dalla parte della città che dà sul deserto di Nefud.

Nessuno aveva osato attraversare quel deserto. Le possibilità di sopravvivenza risultano infatti minime. Sporadiche sono  le oasi d’acqua e il caldo è particolarmente intenso tanto che quel deserto è considerato metaforicamente l’incudine del sole.

 Lawrence dall’animo umano molto generoso,  è vivificato da una forza psichica straordinaria, che probabilmente rappresenta una reattività potente  alle violenze umane viste e subite. Il tenente inglese fa intendere che è sicuro di farcela.

Il tenente inglese condurrà le sue imprese militari, ricche di umanità, con grande slancio ed efficacia ma le sue aspettative più umane si avvieranno strada facendo  verso un bilancio tutto sommato negativo. Numerose saranno le delusioni e di varia natura; tra queste   quella verso se stesso,  per l’incapacità di essere stato coerente fino in fondo, sopratutto con i principi etici professati ai media durante le sue imprese.

Lawrence ossessionato da un nevrotico senso di colpa e da un’identità sessuale incerta che gli tormenta la carne angosciandolo, finirà per commettere errori fatali. Sarà catturato dai turchi,  in una forma forse inconsciamente volontaria:  eccessiva sarà infatti la sua imprudenza negli spostamenti  nella città dominata dai turchi. Tra le loro mani subirà un’impietosa sodomizzazione. Da quel momento il suo comportamento militare sarà disumano, cinico, intollerante, esibizionista, come quando ad esempio sterminerà senza pietà, in una delle numerose battaglie nel deserto, un nucleo di soldati turchi indifesi che avevano espresso con chiarezza la volontà di arrendersi.

 

 BIAGIO GIORDANO
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