una nuova specie di invasione barbarica

                 QUANDO LA CRIMININALITA’ ORGANIZZATA
 E’ AL GOVERNO 

     QUANDO LA CRIMININALITA’ ORGANIZZATA E’ AL GOVERNO

Viviamo in un brutto Paese. Viviamo in un Paese la cui classe politica e dirigente non è più in grado di tutelare quel che rimane di quei beni comuni che dovrebbero rimanere, appunto, patrimonio comune, e addirittura, in molti casi, dell’umanità; ma che la mala (in tutti i sensi) amministrazione pubblica e una speculazione privata selvaggia e insofferente alle norme e ai controlli a tutela del territorio e dell’ambiente stanno devastando sotto i nostri occhi.

Ora non v’è dubbio che il paesaggio è uno di questi beni comuni, tanto che “La Repubblica” tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della Nazione” (Art. 9 Cost), eppure mai come in questi ultimi anni abbiamo assistito a una cementificazione così massiccia e incurante delle più normali compatibilità ambientali e dei vincoli urbanistici, archeologici e persino idrogeologici, con le conseguenze “emergenziali” (ma prevedibili) che tutti conosciamo.

Tutti? Non proprio se “è solo di un mese fa l’ipotesi Tremonti-Confindustria di modificare l’Art. 41 della Costituzione, che oggi garantisce la libertà d’impresa purché non sia in contrasto con l’utilità sociale; la proposta di modifica prevede che gli interventi regolatori dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali che riguardano le attività economiche e sociali si informino al controllo ex post. In questa proposta di controllo postumo, che equivarrebbe di fatto all’azzeramento di ogni controllo, è la radice del silenzio-assenso elevato a principio assoluto, della metamorfosi della d. i. a. (dichiarazione di inizio attività) in s. c. i. a. (segnalazione certificata di inizio attività); in una Costituzione immaginaria, non in quella vigente”. Così Salvatore Settis lancia un altro dei suoi tanto accorati quanto inascoltati appelli in difesa dei beni culturali, su La Repubblica del 12 luglio. Ma d’altra parte chi dovrebbe ascoltarli non li ascolta e chi li ascolta è una minoranza avvertita e lungimirante che può solo testimoniare il proprio amore per la bellezza e per l’arte, ma niente di più, dato il rapporto di forze in campo e gli enormi interessi finanziari privati che sono in gioco. “Nell’emendamento che il voto di fiducia intende imporre brutalmente al Paese – continua Settis – la libertà d’impresa viene sovraordinata al pubblico interesse, e viene cestinato l’articolo 9 che prescrive la tutela del paesaggio legandola a un sistema di valori incentrato sull’utilità sociale, la dignità della persona umana, i limiti imposti alla proprietà privata allo scopo di assicurarne la funzione sociale (Art. 42). Il pubblico bene viene calpestato, la tutela messa in sottordine rispetto all’unico diritto sovrano, quello di fare impresa a qualunque costo, anche inondando il territorio di cemento e di brutture, anche proseguendo lo spietato consumo di suolo già in corso (13 ettari al giorno cementificati nella sola Lombardia).” Non sembra di assistere impotenti a una nuova specie di invasione barbarica? Va bene che l’italiano medio, nonostante la retorica, non ha mai brillato per l’attaccamento al proprio territorio, inteso come bene culturale e non come area edificabile, ma ora non è più una mera questione di sensibilità o di ottusità estetica: procedendo di questo passo arriveremo ben presto al collasso ambientale e all’emergenza sanitaria, come si è visto in Campania e ora, a quanto sembra, anche a Palermo. Ma come si è potuti arrivare a questo punto? Che cosa non ha funzionato? Non sarà che il prevalere degli interessi privati su quelli pubblici e la stessa ormai accettata da tutti (o quasi) personalizzazione della politica, e quindi in un certo qual modo la privatizzazione anche delle istituzioni ereditate dalla prima Repubblica , abbiano di fatto trasformato la nostra Repubblica democratica fondata sul lavoro e sulla sovranità popolare in una specie di premierato populistico mediatico basato sulla sovranità del privato sul pubblico? E non sarà che questo privato – una volta ottenuta l’investitura popolare manipolando il consenso anche grazie all’impegno di opinion maker di regime – si senta libero di agire come meglio crede per propri interessi privati ed egemonici, possibilmente fuori da ogni controllo dell’aborrita legalità? Se così fosse l’esecutivo sarebbe incostituzionale, e quindi saremmo governati da una cricca eversiva che dovrebbe andare sotto processo per alto tradimento e attentato alla Costituzione. Certo è che tanto costituzionale non è, se, come scrive ancora Settis: “Una perversa Costituzione-fantasma, e non quella vera, detta l’azione di governo. Se non si corre velocemente ai ripari, muore il bene comune, muore l’etica della Costituzione, muore la legalità, la storia e l’identità del Paese.” Sempre che, naturalmente, ci sia ancora il (bel)Paese.

Fulvio Sguerso 

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