TP: Teoria della cospirazione, come se fosse Antani

TIRRENO POWER:
Teoria della cospirazione, come se fosse Antani

TIRRENO POWER:
TEORIA DELLA COSPIRAZIONE, COME SE FOSSE ANTANI
In questi giorni siamo stati letteralmente bombardati da informazioni di ogni tipo sulla questione Tirreno Power. Abbiamo sentito, ascoltato e visto di tutto. 
Abbiamo ascoltato le posizioni ambientalisti più integralisti che hanno dato poca importanza all’impatto socialmente negativo che costituisce la chiusura dell’unica vera fabbrica rimasta sul nostro territorio, impatto devastante soprattutto in termini di ricadute occupazionali ed economiche per tutta la provincia. 
Abbiamo visto manifestare i dipendenti di Tirreno Power davanti alla Prefettura, immagine “cartolina” purtroppo negli ultimi anni della nostra provincia. Abbiamo avuto pareri di medici, associazioni, esperti, tuttologi di ogni tipo, insomma sulla Tirreno Power è stato detto di tutto ed in tutte le direzioni. Ma forse una cosa non è ancora stata detta chiaramente.
E se tutto quello che sta succedendo alla centrale della Tirreno Power fosse un disegno studiato a tavolino dai vertici dell’azienda? Mi spiego meglio. Se una volta ottenuta la certificazione ambientale AIA (che più che una deroga sull’ammodernamento dell’impianto a carbone sembra piuttosto essere stato un compromesso “inquino ancora un po’ ma mantengo l’occupazione”), i vertici della TP si siano resi conto che “mettersi in regola” sarebbe stato un bagno di sangue in termini di costi/benefici e quindi abbiano scelto scientemente di derogare dai parametri imposti lasciando che qualcun altro prima o poi avrebbe ordinato la chiusura sostituendosi alla proprietà?

 

Perché analizzando la questione ci sono un bel po’ di cose che non tornano. Soprattutto i conti. Sorgenia, che detiene il 39% dell’azienda, conosce un periodo di crisi ormai noto, più di un miliardo di debiti con le banche e una Tirreno Power che sembrerebbe non essere più così economicamente vantaggiosa ...LEGGI 

Quindi quale miglior modo per chiudere uno stabilimento lasciando a casa centinaia di lavoratori senza prendersi la responsabilità di ammettere di aver perseguito una strategia industriale fallimentare?

Lasciare l’incombenza alla magistratura sembra essere una buona scappatoia ed un ottimo escamotage per far si che l’opinione pubblica si divida su posizioni diverse senza prendere in considerazione i reali responsabili. La “colpa” quindi è della magistratura, o della politica che non ha “cosato”, o dei sindacati che non hanno preteso, o degli operai che non hanno solidarizzato, o di Vado Ligure e Quiliano che non hanno concesso, o della gente sorda ai rinnovamenti, o del carbone perché è nero. La gente comune litiga e discute dividendosi tra chi sceglie la tutela del lavoro affermando che tanto a Vado si è sempre inquinato, quindi perché smettere proprio ora, e dall’altra parte quelli che sono stufi di contare morti e malati tra la popolazione della provincia, persone che mai hanno avuto a che fare con l’azienda.

Ma siamo davvero sicuri che Tirreno Power non avrebbe comunque chiuso se la magistratura li avesse lasciati andare avanti ancora per un po’ di tempo? E se fosse tarapica tapioca nel senso anafestico per anticapo d’altitudine?

Comunque la si voglia pensare quando un’azienda chiude la proprietà difficilmente subisce grossi contraccolpi. Sul “campo di battaglia” restano soltanto posti di lavoro che non torneranno più, cassa integrazione e una ferita sociale aperta da un’economia in recessione. E per quanto riguarda la salute invece, chi c’è c’è, chi non c’è amen.

Osvaldo Ambrosini da uominiliberi

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