Italiani Brava gente?

Italiani Brava gente?
L’ideologia italiana, il “fattore morale” latino sedimentato nella storia, è fatta anche di un impasto di autocompiacimento e di illusioni autoassolutorie

Italiani Brava gente?

L’ideologia italiana, il “fattore morale” latino sedimentato nella storia, è fatta anche di un impasto di autocompiacimento e di illusioni autoassolutorie. C’è il mito dello Stellone d’Italia: un misto di fortuna e arte di arrangiarsi proteggerebbe lo Stivale dalla sua stessa imprevidenza. Pazienza se poi le case crollano perché si è eluso il rischio sismico, se la riforma indispensabile dei poteri e delle istituzioni resta un’incompiuta per decenni, se Roma ogni anno arriva alla UE come questuante sulla legge di bilancio. Sotto sotto si confida che lo Stellone darà sempre una seconda occasione, come a quegli studenti scioperati, scienziati del minimo sforzo: figurati se mi bocciano, con due debiti soltanto.


 Poi c’è la leggenda Italiani brava gente, luogo comune per ogni uso. In passato è servito ad avvolgere nell’omertà le responsabilità italiane, nel suo trascorso coloniale da imperialismo straccione o nei massacri delle due guerre mondiali. Oggi serve a misconoscere la progressione degli umori xenofobi e securitari, ormai legittimati nel discorso pubblico in un misto di indifferente abitudine e di opportunismo, con la complicità di giornali e televisioni. Poiché siamo brava gente, è l’alibi, non possiamo essere razzisti: sono i migranti ad essere divenuti un fardello insostenibile. Così, con il cinismo dei buoni sentimenti, si va accettando tacitamente che siano il deserto del Sahel o i campi in Libia a regolare i flussi.

Due conclusioni. Per la classe dominante. La contesa mondiale si fa più aspra, autoindulgenza e approssimazione saranno sempre meno una soluzione accettata in futuro. Lo squilibrio italiano troverà un’altra cambiale in scadenza.

Per la nostra classe. Il carattere nazionale non lo si può scegliere, ma lo si deve conoscere per non esserne imprigionati. Il partito scienza è anche questo, e questo è anche la sua visione internazionale: una concezione adulta e consapevole, che spinga i lavoratori a prendere in mano il proprio destino. Invece la maledizione del movimento operaio è il massimalismo, dove la frase sentimentale e l’invettiva ad effetto non lasciano spazio alla riflessione. Ancora una volta: pensare europeo per pensare mondiale.

Da il bimestrale “Lotta Comunista”

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