Intervista ad Alberto Micalizzi

Intervista ad Alberto Micalizzi

Intervista ad Alberto Micalizzi

 Sullo scorso numero di Trucioli è apparso un articolo di Alberto Micalizzi dietro mio suggerimento. Qualcuno, basandosi su notizie di stampa riportate su Internet, ha criticato questa pubblicazione, in quanto opera di persona con un passato nel mondo finanziario tutt’altro che commendevole. Preciso che io sono solito giudicare chi scrive per quello che scrive, non in base ad una dietrologia personale. In tanti invece si beano ad ascoltare le belle parole di politici ed economisti, magari blasonati dalla Bocconi, che hanno sulla coscienza la deriva dell’Italia sin dalla morte di Aldo Moro e tuttavia trovano spazio e incenso sulle maggiori testate. D’altronde, sappiamo ormai bene che, per chi pesta i piedi ai parassiti abituali del mondo produttivo, si mette subito in moto la macchina del fango, poiché lorsignori dispongono di fondi illimitati quanto fasulli, di quasi tutti i media e di studi legali di prim’ordine: ultimo esempio il pm Michele Ruggiero della Procura di Trani, che ha osato “dissacrare” i templi delle intoccabili agenzie di rating (che davano AAA alla Lehman Bros sino al giorno del fallimento): isolato dai suoi stessi colleghi e avvilito dalla assoluzione in appello di chi concorse alla crescita del famigerato spread e alla caduta dell’ultimo governo eletto dagli italiani nel terribile autunno 2011.


Christine Lagarde, FMI: forte rischio spread per Paesi ad alto debito pubblico.
Gli Stati ancora in mano alle agenzie di rating, pur in acclarato conflitto d’interessi

Ho allora voluto incontrare Micalizzi per via telematica dandogli la possibilità di difendersi da accuse che purtroppo non sono mai state smentite dalla stampa. Micalizzi è persona molto disponibile, e persino reperibile in Italia; mentre, se davvero avesse intascato i $ 50 milioni incriminati, mi sarei aspettato di trovarlo in qualche paradiso fiscale a godersi il “tesoretto”.

MGP– Dottor Micalizzi, sui suoi trascorsi varie testate giornalistiche non sono state affatto benevole e penso che lei abbia diritto, sia pure su una più modesta testata online, di esporre le sue ragioni contrarie.

AM– La ringrazio per l’opportunità. Il filone di indagine principale che include le vicissitudini del fondo di Londra e che ha fatto tanto scalpore nelle cronache italiane è tuttora in fase di indagini preliminari da parte della Procura di Milano, dopo 6 anni dall’apertura del fascicolo (Luglio 2011) e dopo 9 anni dai presunti fatti (datati Ottobre-Dicembre 2008). Pertanto, non si è neanche mai andati ad un’udienza preliminare. È evidente che si tratta di un caso ormai prossimo all’intera prescrizione, ma di questa circostanza nessun giornale parla.

MCP– La presunta distrazione pecuniaria dal Fondo da lei gestito avvenne nella City di Londra, dove aveva sede. Quindi presumo si sia mossa anche la giustizia inglese.

AM– Sì. Su questo tema, infatti, si era già pronunciato il Serious Fraud Office (SFO) britannico, che, dopo un anno di investigazioni, nel Luglio 2010 ha archiviato il caso (la decisione di archiviazione è disponibile nel sito del SFO). Anche di questo nessun giornale ha mai parlato.

 

 Bernie Madoff e Alberto Micalizzi, un accostamento maligno da parte della stampa italiana

MGP– Gli organi di stampa italiani, negli anni dell’esplosione della crisi finanziaria, avevano addirittura coniato per lei il termine di Madoff all’italiana, paragonandola a chi, negli USA, sta scontando una pena ultra centenaria per appropriazione indebita dei soldi dei risparmiatori, secondo il classico “schema Ponzi”.

AM– Ciò è purtroppo vero. Tant’è che dal 2015 ad oggi ho depositato presso la Procura di Milano oltre 12 querele per diffamazione a mezzo stampa, nei confronti di quanti hanno infangato la mia reputazione inventando ipotesi di reato inesistenti e/o dipingendomi con nomignoli truffaldini. Tra i denunciati vi sono Claudio Gatti ed il Sole24Ore (che inventò “il Madoff della Bocconi”), Mario Giordano e Il Giornale, La Repubblica, L’Espresso, Reuters e vari altri. I miei tentativi di far pubblicare comunicati stampa su queste querele sono falliti in quanto, mi hanno spiegato, esiste un accordo tacito tra giornalisti per il quale, tra di essi, non pubblicano comunicati di querele ai danni di iscritti al loro ordine! (anche di queste circostanze ho evidenze documentali relative all’Ansa, Reuters ed altre agenzie di stampa).

Il fallimento di Lehman Brothers trascinò con se innumerevoli fondi, tra cui quello di Micalizzi

MGP– Può darmi una sua circostanziata versione dei fatti di cui l’accusano, onde farmi un’idea di come sono andate realmente le cose?

AM– Certamente. Tutto nacque perché nel 2008, quando compresi cosa era successo con il caso Lehman, anziché andare a cercare lavoro come altri presso banche internazionali come Nomura o Credit Suisse (come fecero in blocco i dirigenti della Lehman, con ingaggi anche superiori alla media degli stipendi degli anni precedenti) mi recai presso la Banca d’Inghilterra (FSA) con la volontà di depositare una denuncia penale contro i vertici di Lehman che mi avevano indotto a spostare quasi 50M di dollari presso di loro due settimane prima del fallimento della banca americana, contribuendo in maniera determinante al fallimento del Fondo da me gestito. In questa ricerca scoprii altri aspetti sconcertanti del sistema che regola la City di Londra; ma ne parlerò quando la mia esperienza giudiziaria sarà completamente terminata. Aspetti che superano persino quanto rivelato dal PM Michele Ruggiero a proposito delle interessenze tra la Banca d’Inghilterra, le banche della City di Londra e membri della pubblica amministrazione italiani.

Tutto questo è documentabile con email e lettere che partono dal Dicembre 2008 in avanti. 

Ecco perché ritengo si sia prodotto il tritacarne mediatico nei miei confronti.

MGP– La ringrazio per il quadro esauriente che mi ha fornito delle sue vicissitudini ed auguro a lei e agli altri “ardimentosi”, tra cui Marco Saba, Marco Della Luna, Nicoletta Forcheri, di avere fortuna nelle vostre battaglie (alle quali, modestamente, contribuisco anch’io dal 2005, quando il libro €uroschiavi di Marco Della Luna mi aprì gli occhi); battaglie fatte non in difesa del solito interesse personale, ma per liberare l’Italia dal giogo soffocante dell’attuale sistema banco-monetario e, in prospettiva, dalla crescente piovra delle cripto-valute, tipo Bitcoin, Ethereum, ecc., sulle quali stanno dimostrando particolari appetiti le banche, sia centrali che commerciali, come lei riporta nell’articolo su questo stesso numero.

    Marco Giacinto Pellifroni      18 Giugno 2017 

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