L'ARCHIVIO DELLE COLLABORAZIONI
OSSIMORO | Angelo Lessi | n. 16 del 13 marzo 2005 |
NE' CON BIASOTTI, NE' CON BURLANDO? | Il grillo Parlante | n. 16 del 13 marzo 2005 |
Sig. Zorro: ha toppato | Angelo Lessi | n. 16 del 13 marzo 2005 |
La monarchia, Berlusconi e le frustrazioni | Descamisado | n. 15 del 6 marzo 2005 |
UN INTERROGATIVO PER TRUCIOLI | un lettore | n. 15 del 6 marzo 2005 |
La Ghigliazza e il gioco del monopoli | Gloria Bardi | n° 14 del 27 febbraio 2005 |
VIA RUGGERI TUTTI A CASA | Il grillo Parlante | n° 14 del 27 febbraio 2005 |
DIBATTITO SU STAMPA E CITTA' | Il Grillo Parlante | n° 13 del 20 febbraio 2005 |
Effetti collaterali del decreto Sirchia | Descamisado | n° 13 del 20 febbraio 2005 |
LO SPORT, LA RAI E GLI SCIOPERI | Descamisado | n° 12 del 13 febbraio 2005 |
DEGRADO E VERGOGNA | L'Uomo Qualunque | n° 11 del 6 febbraio 2005 |
LE PRIMARIE E BURLANDO | Descamisado | n° 10 del 30 gennaio 2005 |
PRIME CONSIDERAZIONI SUL PUC | Roberto Cuneo | n° 9 del 23 gennaio 2005 |
ANCORA SUL PUC Ma è il momento degli emendamenti | Roberto CUNEO | n° 8 del 16 gennaio 2005 |
TSUNAMI E TRAGEDIE EVITABILI | Roberto BERRETTA | n° 7 del 9 gennaio 2005 |
FATALITA' INEVITABILE O CRIMINALE NEGLIGENZA? | Luciano DONDERO | n° 6 del 2 gennaio 2005 |
ALPAZUR: una regione da costruire? | DESCAMISADO | n° 5 del 27 dicembre 2004 |
BERRETTA | n° 4 del 20 dicembre 2004 | |
SUL CENTRO DESTRA | DESCAMISADO | n° 3 del 13 dicembre 2004 |
FERRANIA: nomi attendibili??? | IL GIRONDINO | n° 2 del 5 dicembre 2004 |
Se questa è la loro unione, preferisco stare da
un'altra parte.
Il termine ossimoro, mi pare, significa "contraddizione in termini".
Un po' come quando una persona afferma che sta facendo una cosa seriamente, non
sta mica giocando; mai come nel gioco le regole sono seguite pedissequamente, e
la cosa è molto più seria di tante altre. Un ossimoro, o contraddizione in
termini, appunto.
E poi abbiamo il boss dell'"unione" che afferma pubblicamente come gli
piacerebbe che ci fosse unità all'interno della sua coalizione politica, ma suo
malgrado deve ammettere che tale unità non c'è. Eppure quando fu varato
l'ennesimo nome-slogan affermò che questo era un segnale, immediato e forte, per
sottolineare gli intenti del suo gruppo. "uniti nell'ulivo" è l'altro (falso)
slogan che campeggia con il suo faccione (ma che c'entra lui, poi? per le
nazionali è un po' in anticipo...) anche per Savona, e poi leggiamo di tutte le
diatribe fra i vari componenti della coalizione (?) elettorale locale, fra gli
uni che vogliono tal candidato, gli altri che si ritirano, li altri ancora che
propongono un loro candidato, e altri ancora che affermano che non voteranno.
Sarebbe carino che qualcuno di quelli che parla sempre di sfascio in casa altrui
ci spiegasse questa "unione" che cosa rappresenta, cioè in che senso.Si
propongono e si presentano per guidare l'Italia e le sue Istituzioni, ma pare
non abbiano ancora ben chiaro in che senso: programmi unitari o occupazione (e
spartizione) di poltrone? perchè neanche lì sono uniti, c'è sempre qualcuno che
quella poltrona la vuole lui, non è disposto ad unirsi per darla ad altri.
E poi abbiamo l'ultimo, in termine di tempo, degli "uniti", Bertinotti,
aggregatosi per contribuire alla lotta contro Berlusconi e al quale in cambio
era stato promesso un dito, e invece ora vorrebbe tutto il braccio. Le ultime
esternazioni ci dicono che vorrebbe essere il capo della coalizione, chiedendo a
Prodi di sapersi far da parte invocando la democrazia (leggi voto interno) per
stabilire il candidato premier, e poi di voler, raggiunto il poter, cancellare
la proprietà privata, cosa che democraticamente non vorrebbe nessuno, ma a
questo punto della democrazia a lui frega più nulla.
Sono sicuro che naturalmente lui e i suoi adepti, per dare il buon esempio,
avranno già provveduto a spogliarsi di tutti i beni e le proprietà per donarli
non certo ai poveri, ma magari allo Stato! Eccome no? Solo che poi vorrebbe
essere uno dei capi dello Stato, così da poter, in quanto funzionario, usare i
beni dello Stato per l'esercizio delle sue funzioni, comprese le proprietà, nel
frattempo confiscate, dei tanto vituperati Berlusconi, agnelli, e quanti altri.
Chissà se i vari D'Alema e Veltroni, che a finanze proprie stanno benino, sono
d'accordo. Ma intanto chiede ai suoi "eletti" un versamento "spontaneo" del 60%
degli emolumenti politici: un consigliere regionale di rifondazione si trattiene
intorno ai 2000 Euro, gli altri soldi vanno al partito!
Contraddizioni in termini, dicevo. Se questa è la loro unione, preferisco stare
da un'altra parte.
Angelo Lessi
NE' CON BIASOTTI, NE' CON BURLANDO?
Il discorso è più complesso, non può essere
liquidato con semplici slogan.
Né con Biasotti, né con Burlando. Non mi sento di assentire alla proposta
(provocazione?) lanciata da Trucioli per quanto riguarda la corsa alla poltrona
di governatore della Liguria. Prima di tutto perché riecheggia il triste slogan
“né con lo Stato, né con le Brigate Rosse” degli orribili e sanguinosi anni di
piombo. E già potrebbe bastare. Ma il discorso è più complesso. E non può essere
liquidato con semplici slogan.
La Liguria è attraversata da una crisi profonda. L’industria langue, deperisce o
rischia di sparire. Il turismo perde colpi. Scende l’occupazione. E la provincia
di Savona non è immune. Basti citare Magrini e Ferrania per fotografare una
situazione a dir poco allarmante. Si temono altre perdite di posti di lavoro. Si
cercano rimedi. Non a caso, a Genova, il candidato governatore Burlando,
d’intesa con l’ex presidente degli Industriali e ora parlamentare Zara, rilancia
un inatteso feeling con Riva. Pur mantenendo ben fermo il discorso sull’ineludibile
risanamento di Cornigliano, l’apertura nei confronti del “re dell’acciaio”
potrebbe riaprire soluzioni accettabili sul piano occupazionale. La ventilata
vendita del gioiello Esaote, l’incertezza per Ansaldo Energia ed Elsag sono un
altro aspetto, inquietante, del quadro regionale.
Ci troviamo quindi di fronte all’esigenza, o meglio alla necessità di fare
scelte di campo, di giocare le restanti carte su un progetto Liguria capace di
affrontare i problemi a 360 gradi, dalla Spezia a Ventimiglia. E appare evidente
che, al di là del candidato tutto fumo e tv (Biasotti) e di quello tipo
calendario dei buoni sentimenti (il Burlando delle foto tra i medici e tra gli
ulivi), il cittadino-elettore non dovrebbe rinunciare al diritto-dovere di
esprimere il suo voto. Un voto che, sia chiaro, non potrà non tenere conto di
esigenze e programmi.
Le esigenze riguardano la sanità, l’assistenza agli anziani, problema in
crescita esponenziale nella regione più vecchia d’Europa, la politica del
territorio e la tutela dell’ambiente. Programmi che dovrebbero tenere conto
delle richieste di infrastrutture (strade, autostrade, ferrovie) capaci di fare
uscire la Liguria dall’isolamento, dell’importanza di potenziamento e
coordinamento dei porti di Genova, La Spezia e Savona, cardini insostituibili
dell’economia ligure.
Il futuro, sia chiaro, non è (e non può essere) nell’edilizia sfrenata per
l’interesse dei soliti noti e dei loro lacchè nella politica, nella pubblica
amministrazione e, diciamolo, nell’informazione. Ma nel potenziamento
dell’Università e del suo collegamento con il mondo del lavoro, nella creazione
di nuove realtà produttive, nella ritrovata voglia di impresa da parte degli
industriali, troppo spesso poco disposti a rischiare e sempre pronti a scaricare
sulla collettività le proprie inefficienze.
Ma al tempo stesso gli enti locali dovranno impegnarsi ad esaminare e affrontare
in tempi non biblici proposte e progetti. Un esempio: il Piano regolatore
portuale di Savona-Vado è da quasi tre anni in attesa del via libera, e
l’ultimo, quello della Regione, non potrà arrivare prima dell’autunno. Un
ritardo in parte imputabile allo stop di Biasotti a Canavese. Quanto tempo
perduto inutilmente.
Quale candidato governatore vorrà e saprà davvero rispondere all’appello della
Liguria?
Cominciamo da Sandro Biasotti, l’affermato imprenditore prestato alla politica.
Il suo atto politico più rilevante riguarda la liquidazione di tre assessori (Micossi,
passato al servizio del ministro Sirchia; Pittaluga, economista e docente
universitario ora schierato con Burlando; e Nucci Novi, moglie del presidente
dell’Autorità portuale di Genova) che aveva presentato come i suoi fiori
all’occhiello. Ma sarà anche ricordato per la mediatica “battaglia del pesto”,
per le populistiche visioni di Padre Pio, per lo show dei computer-regalo ai
pensionati, per le estenuanti comparsate in tv, per le cravatte arancione, per
le mille promesse (gronde autostradali, supertreni, Aurelie bis e tris, raddoppi
ferroviari mai terminati, porti interrati con nomine boicottate per ripicca,
vedi Canavese a Savona, o per questioni di bottega alla La Spezia).
Sull’altra sponda c’è Claudio Burlando, già sindaco di Genova ingiustamente
incarcerato nell’inchiesta sull’Expo, ex ministro dei Trasporti di un momento
davvero sfortunato per le ferrovie, animale politico di lungo corso, abile nel
mascherarsi da portuale (accanto a Paride Batini) e da amico degli imprenditori
(Riva, Garrone, Spinelli e via discorrendo), leader di una coalizione coesa solo
di facciata, incapace di gestire le candidature all’interno del suo stesso
partito, come è avvenuto con i sindaci di Savona e La Spezia (Ruggeri ha detto
sì al termine di una penosa pantomima; Pagano è rimasto al suo posto). Burlando
pare promettere una Liguria non più Genova-centrica, portatore di un progetto in
cui ogni realtà locale potrà (e dovrà) far valere le proprie risorse umane e del
territorio, le proprie vocazioni e le proprie esigenze pubbliche e private in un
contesto regionale. Belle idee, almeno sulla carta. Programmi ambiziosi o solo
ottimi spot elettorali? Sufficienti per meritare il voto? Agli elettori l’ardua
sentenza.
Una cosa, al di là dei candidati e degli schieramenti, dovrebbe restare chiara.
Disertare le urne, soggiacendo allo slogan “né con Biasotti, né con Burlando”,
significa chiamarsi fuori, abbandonare, rinunciare a quella piccolissima fetta
di responsabilità che ognuno di noi ha il dovere e il diritto di rivendicare.
Anche con il voto. Libertà vuol dire partecipazione, cantava l’indimenticabile
Giorgio Gaber. Sottoscriviamo.
Il grillo parlante
La monarchia,
Berlusconi e le frustrazioni
Oggi abbiamo un re ufficioso: Berlusconi
L'Italia, dal dopoguerra ai giorni nostri, ha attraversato momento davvero
momenti molto difficili, sotto tutti i punti di vista, soprattutto
istituzionali, e l'uscita dal tunnel è ancora, pare, lontana.
Davvero l'Italia avrebbe bisogno di tornare a certi valori istituzionali che
forse solo la monarchia, da non confondersi con la dittatura fascista, ben altra
cosa, potrebbe garantire.
Non immagino una monarchia all'inglese, defilata, nota più per gli scandali non
proprio tutti rosa che per altro, seduta su sè stessa. Immagino un Re attivo,
attento alle esigenze del suo Popolo, interventista, insomma, ma soprattutto che
avochi a sè la responsabilità dell'unità nazionale, che faccia dell'italietta di
oggi L'Italia!
Non credo che Vittorio Emanuele sia la persona adatta, troppo avulso dalla
nostra realtà ma soprattutto, suo malgrado, debole e coinvolto, suo malgrado, in
vicende poco chiare e poco edificanti.
Forse la persona giusta potrebbe essere Emanuele Filiberto, un "ragazzo" moderno
ma attento agli antichi valori, consapevole e adatto al ruolo. Ma se ne potrà
parlare non prima di vent'anni...!
Nel frattempo abbiamo un re ufficioso, suo malgrado. Berlusconi oggi è il re
d'Italia, lo sappiamo tutti. La sua legittima ambizione, le sue capacità lo
hanno portato dov'è ora, e non penso al governo quanto alla gestione del Paese e
dei suoi rapporti con il resto del mondo. Mai, penso, l'Italia è stata così in
auge come ai giorni nostri, valorizzata e considerata nel consesso europeo e
mondiale, grazie a lui. Ma non basta, ad una persona così non può bastare.
Vorrebbe di più, e sa che non potrà mai ottenerlo. Nonostante il riconoscimento
dei suoi invidiosi detrattori, che in pubblico lo dileggiano ma nel privato lo
ammirano, non potrà mai essere riconosciuto come vorrebbe, le attuali regole lo
impediscono,
e lui non è in grado di cambiarle.
Sta provando a far passare l'elezione diretta del Presidente della Repubblica
per provare ad ottenere un suffragio popolare, ma anche se ci riuscisse sarebbe
una falsa copia di quanto auspicato. E questo credo sia quanto di più frustrante
possa esserci per una Persona come Lui.
Sa perfettamente che ad esempio George W. Bush, l'uomo più potente della terra,
rispetto ad esempio a Ranieri Grimaldi vale meno: il primo ha bisogno, per
Essere, del consenso popolare, per il quale deve scendere ad enormi compromessi,
il secondo no. E comunque il mandato è a termine, per poi dover sparire (quasi)
nell'oblio, per lasciare spazio a nuovi protagonisti. Ranieri è per sempre,
proprio come piacerebbe a Berlusconi per sè.
Il bisogno di lasciare un indelebile segno nella Storia per simili personaggi è
necessario; ad oggi nessun Primo Ministro italiano c'è riuscito, nonostante
tutto. Per uno come lui dev'essere terribile vivere e convivere con tale
consapevolezza.
Tutto sommato, a prescindere dal personaggio, credo che l'Italia abbia oggi più
che mai bisogno di una monarchia, per avere alla sua guida persone scevre da
interessi popolari, in grado di riunire e guidare il Paese senza dover fare i
conti con la "democrazia" utile magari altrove. Magari si potrebbe mixare fra
monarchia e volontà rappresentativa, abbiamo l'esempio di funzionalità di uno
dei regni più antichi del mondo, nel quale il sovrano assoluto viene di volta in
volta eletto, mai più discusso ed obbedito da tutti, con i dovuti organi di
controllo interno. Pare davvero fino ad oggi che il vaticano funzioni benissimo
così, e la sua potenza non è ancora in discussione.
Descamisado
Negli ultimi tempi avete assunto un orientamento più
definito?
Seguo, dagli inizi, il vostro sito e vi ho trovato spunti interessanti, sia sul
piano informativo, sia su quello della riflessione.
In verità sono sempre stato un poco incerto, circa la sua reale collocazione
politica (ho notato che eguale incertezza è stata espressa anche da altri
frequentatori del sito), mentre ho apprezzato la scelta dell'anonimato che
permette un dibattito più sciolto e, soprattutto, impedisce di fare pubblicità a
questo o a quello.
Negli ultimi tempi, però, mi pare abbiate assunto un orientamento più definito:
quello di collocarvi fuori dall'arena politica circoscritta dalla presenza nei
partiti e nelle istituzioni giudicandola, sostanzialmente, come il “male”,
mentre tutto il “bene” starebbe dalla parte della società cosiddetta “civile” e
dal disimpegno politico.
Si tratta di una posizione molto comune in molti ambienti culturali e, al giorno
d'oggi, non deve assolutamente essere demonizzata.
Era giusta l'osservazione contenuta nel vostro articolo riguardante i due
candidati a Presidente della Regione Liguria, circa la validità delle scelta
astensionista o per la scheda bianca, che ormai possono essere considerate come
scelte politiche a tutti gli effetti.
Però: c'è un però, che potrà apparirvi banale. A questo modo il campo delle
istituzioni resta sgombro, terreno di scorreria di quei personaggi cui voi fate
normalmente le pulci.
Forse dovremmo pensare, tutti assieme, ad un rapporto nuovo tra le istituzioni,
la politica e la società: Trucioli savonesi, al proposito, ha da proporre
qualcosa?
E-mail firmata
Due temi affrontati di recente da
Trucioli meritano qualche riflessione. Il primo riguarda lo "stato di salute"
dei due quotidiani (Il Secolo XIX e La Stampa) che dedicano numerose pagine alla
cronaca cittadina. Le osservazioni, molto critiche, di Trucioli sono in buona
parte corrette, frutto di una lettura attenta e critica, ma soprattutto di una
"memoria storica" ormai dispersa nelle due redazioni (condivisibile il
riferimento a Ivo Pastorino che può essere considerato una specie di foca monaca
del giornalismo savonese). Su un fronte e sull'altro si va avanti per inerzia,
cronachetta, falsi scoop (come quello di un fantasioso cronista sulla querelle
tra marito e moglie sul fumo), storielle raccolte al bar, nessun
approfondimento, di inchieste se ne è persa traccia (eppure il "caso Teardo"
nacque proprio da una campagna del Secolo XIX), commenti e analisi sono un
optional, politica ridotta a cicaleccio. Calo di prestigio e di autorevolezza
fanno il resto, soprattutto per il Secolo XIX, che ha visto precipitare la
qualità della parte nazionale, lasciando altro spazio alla più agguerrita e
credibile concorrenza. Sono solo alcuni tra i motivi del disamore dei lettori e
della conseguente emorragia nelle vendite. Il secondo punto, "Savona da salvare"
si intreccia con il primo. Se ancora esistono "monumenti" al degrado e
all'incapacità, ma non va esclusa la connivenza con chi in questi ultimi anni ha
messo le mani
sulla città, parte della responsabilità va ai silenzi, più servili che
complici, della stampa cittadina.
Il Teatro Chiabrera ha festeggiato i suoi 150, 151 e 152 anni di vita con un
cartellone scandaloso: "Lavori in corso". Certo, l'assessore alla Cultura non ha
colpe dirette, ma con un bricolo di dignità avrebbe forse potuto dimettersi.
Avrebbe fatto una gran bella figura e reso un servizio alla città. Lo stadio
Bacigalupo si avvia a compiere 50 anni d'età nel peggiore dei modi: fatiscente,
impresentabile, inutile. E con il Savona calcio che non sta meglio, ad un passo
dalla retrocessione tra i dilettanti. Il discorso sul vecchio San Paolo apre un
altro argomento spinoso: l'insipienza di chi governa la città da almeno 15 anni.
E' uno scandalo. Si è fatto di tutto per favorire i soliti noti. Com'è accaduto
per l'ex Italsider e l'operazione Bofill. E così via discorrendo si arriva alla
Centrale Enel (ma che dire dell'orribile speculazione immobiliare sull'area del
vecchio molino?), a Palazzo Santa Chiara, a San Giacomo, alla piscina di corso
Colombo, la cui copertura è attesa da due lustri abbondanti. Materiale in
abbondanza per raccontare, provocare, sensibilizzare, coinvolgere la città
silente e anestetizzata. Ma tutto tace. Tutto scorre, scivola via, come sul
ghiaccio del palazzetto che un immaginifico quanto impalpabile assessore allo
Sport vagheggia nelle sue oniriche visioni.
Il grillo parlante
Effetti collaterali del decreto Sirchia
La questione è stata sollevata,
per questione di interesse corporativo, inizialmente dalla confcommercio,
abbandonata, al momento, per irrilevanza contestuale, ma resta sul tappeto a
livello generale, anche perchè apprezzata, tutto sommato, dal comune cittadino.
Il decreto Sirchia ha infatti (re)introdotto la figura del delatore. Benchè al
momento limitata al settore del fumo privato in pubblico ufficio, l'accoglienza
benevola ricevuta dal pubblico lascia intendere che presto il campo d'azione del
delatore avrà ampie libertà di sviluppo.
Mi scuso per il termine, poichè nell'accezione comune assume connotati negativi,
ma siamo ad un punto della nostra storia di controtendenza; già sono arrivate le
prime telefonate per sollecitare l'intervento delle autorità per multare i
flagranti rei, il che significa che, timidamente, il cittadino comincia a
collaborare con lo Stato, in questo caso non più visto come nemico ma come
alleato contro i "cattivi".
Dopo tutto, chi non ha invidiato James Bond e le sue varie licenze non
rilasciate dalla camera di commercio? Dall'invidia all'emulazione, oggi è
possibile, per qualcuno è obbligatorio, e tutto sommato non spiacevole, è anche
un bello sfogo contro tutte le ingiustizie subite dai cattivi di cui sopra, oggi
qualcuno paga, ed è merito mio!
Questa nuova sinergia Stato-cittadini nella lotta contro coloro che non
ottemperano alle norme vigenti è a mio avviso un punto di svolta importante. Non
siamo lontani da quando il sentimento comune, alla vista di flagranze di reato,
era "non sono fatti miei" salvo lamentarsi poi perchè lo Stato non interveniva.
Oggi i cittadini, seppur in forma iniziale, cominciano a sentirsi parte dello
Stato, a collaborare, a denunciare le inosservanze. Gli scenari futuri sono
molteplici: cittadini che chiamano per denunciare mafiosi, fraudolenti, evasori
fiscali, parcheggi e parcheggiatori abusivi, e via dicendo. Al di là, però,
della solerzia comune a tutte le nuove normative introdotte (chi controlla più
se avete la cintura in auto?), il problema è ora rappresentato dalle forze
dell'ordine, che devono adeguarsi ad un cambio di tendenza. Non dimentichiamo
che una percentuale fra i probi servitori dello Stato ha scelto tale attività
più per lo stipendio che per lo spirito animato dal senso del dovere. E così ci
sarà un periodo in cui tutte queste telefonate a qualcuno non piaceranno, perchè
dovrà darsi da fare, rendere soddisfazione al cittadino, e i tempi di intervento
dovranno velocizzarsi, c'è il rischio di fuga dal luogo del delitto!
Questione di abitudine, quanto prima il tutto funzionerà come un orologio
svizzero. E un caffè al bar costerà un franco.
Descamisado
Lo sport, la rai e gli scioperi
Quanto accaduto nei giorni scorsi a Bormio - un'evento sportivo viene
cancellato (spostato) perchè, a causa di un sciopero, l'evento non potrebbe
essere trasmesso in televisione, solleva una questione ampia e variegata;
proviamo a parlarne in poche righe.
Prima di tutto a mio avviso non è comprensibile la cancellazione; atleti e
spettatori si preparano in anticipo per tale evento, se la televisione che ha
pagato per l'esclusiva della trasmissione non è in grado di riprendere saranno
problemi suoi, la gara si svolge regolarmente e saluti a tutti. Trovo davvero
incredibile che sia stato deciso di annullare una gara perchè manca la
"copertura" televisiva. Le polemiche innescate sarebbero occorse lo stesso, ma
almeno la gara di campionato mondiale si sarebbe svolta regolarmente.
La motivazione: sciopero degli operatori televisivi, o comunque personale rai -
il "diritto all'informazione" si è molto prolungato sulle polemiche, ma non mi è
chiaro chi abbia scioperato e perchè, e tutto sommato frega davvero (quasi) a
nessuno.
Il secondo punto dolens è proprio questo: siamo pervicacemente tediati da tutta
una serie di scioperi per non si sa bene quali motivi, ma non si capisce perchè
a fronte di forse legittime rivendicazioni corporative chi ci rimette è sempre
chi non c'entra nulla. Alzi la mano chi è davvero attento e interessato ai vari
scioperi e alle relative motivazioni di chicchessia, a meno che non sia un
addetto ai lavori.
Lo immaginavo: quasi nessuno.
Il motivo è semplice: lo sciopero non è più uno strumento adatto alla bisogna,
ma soprattutto da legittimo strumento per dare le giuste garanzie essenziali ai
lavoratori dipendenti è divenuto un mezzo per ricattare le aziende e stressare
la popolazione.
Una volta, infatti, quando le categorie dei lavoratori erano vessate dai
"padroni" esse erano solidali l'una con l'altra: sciperavano, che so, i
tranvieri per un trattamento più equo e umano e per solidarietà si fermavano
fabbriche, scuole, e quant'altro; era un problema condiviso, che riguardava
tutti. Oggi lo sciopero viene usato per sostenere spesso oltre ogni limite della
ragionevolezza le proprie ragioni, e se portando avanti miei esclusivi interessi
personali devo disturbare gli altri, pazienza. Mi ricorda quelli che litigano
alle 2 di notte, urlando e schiamazzando: sanno benissimo che sveglieranno
tutti, ma non gli importa, l'importante è portare avanti le loro ragioni. Il
sig. on. Bertinotti, in una trasmissione televisiva, ha affermato con orgoglio
che quando era sindacalista non ha mai raggiunto un accordo con le sue
controparti, le aziende. Mai. Oggi si propone come forza di governo, lasciando
però intendere che l'obiettivo, e lo dimostrano le varie esternazioni anche
all'interno dell'alleanza di sinistra, non è quello di raggiungere accordi bensì
di imporre la propria opinione.
E così, tornando agli scioperi, subiamo disagi dovuti a treni che non vanno,
aerei fermi, manutenzioni trascurate, caselli abbandonati, oltre ai vari gruppi
di interesse locale che occupano binari, strade, autostrade, piazzali, e quant'altro,
e gare sportive cancellate, da oggi.
Siamo davvero stanchi di subire le seppur legittime rivendicazioni di tutti a
discapito degli altri, che poi siamo noi. Credo sia giusto che chiunque abbia da
contendere con altri per sue questioni non ci debba coinvolgere: se hai un
problema con la tua azienda discuti con essa e non coinvolgermi, fagli causa, fa
come ti pare ma non coinvolgermi. E non urlare alle 2 di notte sul pianerottolo.
Descamisado
E noi cittadini normali che ruolo
abbiamo?
Devo essere onesto, ma non avrei mai pensato che a Savona si raggiungesse un
così alto livello di degrado. Faccio riferimento allo scandalo della Squadra
Rialzo, dove grazie ad un reportage di un giornale locale si è venuti a scoprire
una vera e propria baraccopoli nel centro della Città.
Extracomunitari, clandestini, vagabondi, balordi, barboni: quanto di peggio la
nostra società è in grado di produrre, ma non a difendersi. Ma almeno a Savona
questo poteva essere evitato.
Intanto, perché se è vero che abbiamo una amministrazione di sinistra e come
tale vicina alle emarginazioni e alle ghettizzazioni sociali, come è potuto
succedere?
È ammissibile che il Comune non ne sapesse niente? C’è da chiedersi infatti come
funzionino i servizi urbani, ad esempio i vigili, che forse invece di mandarli a
dar la caccia ai fumatori sulla porta dei bar sarebbe bene impiegarli nel
servizio di controllo della Città.
Oppure gli stessi servizi sociali. E comunque il lasso di tempo intercorso tra
lo scandalo emerso nelle pagine locali e il raid delle forze di polizia, era
sufficiente perchè, se il Comune voleva poteva certamente fare qualcosa.
Ma mettiamo che l’amministrazione sia di sinistra, ma che ne abbia perso i
principi (per poi magari sventolarli sui manifesti elettorali). Rimangono
certamente quelle organizzazioni che, continuamente, ci propinano i valori della
solidarietà magari chiedendo anche fondi per questa o per quella catastrofe
umanitaria. Associazioni o organizzazioni come Migrantes, Arci, ACLI, Caritas e
le tante altre che possono operare a questi livelli, dove sono?
Cosa hanno fatto? Se lo sapevano perché non ne hanno fatto un caso sociale?
Forse perché, come molti, sono convinti che di sociale non ci sia niente, ma
tutto appartenga alla sfera dell’ordine pubblico.
E se è una questione di ordine pubblico credo che debba esserci una risposta sia
da parte del Sindaco che del Questore.
Senza contare che se la nostra Città continua ad ignorare che tante parti dei
nostri quartieri sono degradate al punto da farne un ritrovo per sbandati o
peggio clandestini, presto ci troveremo di fronte, in modo esemplare, ad una
Savona con due volti, quello bello e smagliante delle Crociere e dei
grattacieli, e quello disgustoso delle tane, degli anfratti, dei relitti. E noi
cittadini normali che ruolo abbiamo?
L'uomo qualunque
Dopo la sorpresa
di Vendola, cosa che ha spiazzato tutti, dai protagonisti agli osservatori,
Bertinotti ha rilanciato subito l'idea di porsi come alternativa a Prodi alla
guida della coalizione che sfiderà Berlusconi alle prossime elezioni nazionali.
Viste le cose, anche Di Pietro reputa di essere in grado di raccogliere maggiori
consensi contro il "nemico", e a questo punto Diliberto ci sta pensando...
"Prodi è il nostro unico leader" recitava lo slogan, e di quello appunto si
tratta, di uno slogan; la realtà è come al solito che la coalizione è divisa e
sempre sui soliti temi, i personalismi, il bisogno di contare e di valere di più
all'interno della coalizione, perchè nel caso di spartizione del potere si può
pretendere di più: più ministrri, più enti di secondo grado, più posizioni
dominanti.
In un'epoca dove la comunicazione e l'immagine sono divenute essenziali il
centro sinistra si fa trovare impreparato.
Già vedere Prodi parlare in televisione fa ridere concettualmente e annoia nella
sostanza, cioè si cambia canale, immaginiamo che succederebbe se toccasse a
Bertinotti o peggio a Di Pietro!
Il primo avrebbe sempre da combattere contro l'opinione pubblica (il suo
pensiero è condiviso da un'esigua minoranza, per fortuna) il secondo
richiederebbe un'attenzione eccessiva per cercare di capire cosa dice; vi
immaginate in una conferenza internazionale la faccia dei traduttori?
Per quanto concerne noi in Liguria, la cosa è addirittura esasperata. Il sig.
Burlando è funereo, dice perchè c'è poco da ridere, ma mi ricorda quei comici di
colorado cafè: portano sfiga! Si sa che a pensare che le cose andranno male
sicuramente sarà così. Il pensiero negativo abbruttisce, e non è propedeutico
all'azione, e infatti Burlando appare moscio e svanito, grigio. E' lo stesso che
si fece "beccare" ad inaugurare un treno con le carrozze scadute, se non
sbaglio. Impreparato.
Già lo immagino governatore della liguria: attendista, indeciso, perplesso,
svanito.
Proprio quello che ci occorre!
Forse qualcuno in lui ci si riconosce. Io no.
Meglio sarebbe stato se anche in liguria ci fossero state le primarie, magari
dal cilindro sarebbe uscito qualcos'altro.
Descamisado
Il PUC è composto di tre
parti: la Descrizione Fondativa che contiene gli aspetti descrittivi storici ed
attuali che servono per le decisioni di programmazione, il Documento degli
Obiettivi che dà la visione della città futura e la Struttura del Piano con
tutte le decisioni operative. Si tratta di un complesso di 19 fascicoli e 54
tavole (una pila di 40 cm) con moltissimi contenuti, che richiedono un forte
impegno anche per una conoscenza superficiale.
La Descrizione Fondativa è molto interessante, con molte informazioni, ma ha un
difetto sostanziale che potrebbe sembrare incredibile: i dati sono del
censimento del 1991!!! Abbiamo cioè un Piano Regolatore che si basa su dati di
14 anni prima. Alcune cose sono cambiate poco ma altre tantissimo: va ricordato
che nel 1991 erano in attività l’OMSAV, la Magrini e la Metalmetron. Nel 2003
sono stati approvati i Piani di Bacino che danno indicazioni su gran parte del
territorio urbanizzato cittadino ma il PUC non ne tiene conto. Altra grave
carenza è quella relativa alla totale dimenticanza del traffico, ormai
consolidato, del Terminal Crociere, traffico che raddoppia il livello del
traffico pesante portuale. La DF ignora poi totalmente il problema degli incendi
della collina savonese.
La Descrizione Fondativa dà una chiara indicazione su alcuni punti di grande
importanza, in particolare sul patrimonio edilizio che appare significativamente
e diffusamente obsoleto:
- 43% di prima della guerra;
- 91% con un solo bagno;
La DF inoltre prende in modo acritico tutto l’insieme del PRUSST come un vincolo
ineludibile; la conseguenza è che per molti aspetti questo Piano Regolatore è
piuttosto un “Piano Regolato”. E’ da osservare che c’è una incongruenza molto
importante tra il Piano Portuale e il PUC per quanto riguarda le aree di
Miramare da riutilizzare dopo il trasferimento delle Funivie.
Per diverse informazioni gli estensori accettano acriticamente quanto ricevuto:
sui parcheggi accettano l’affermazione della Giunta che il centro dispone di più
parcheggi di quelli che servono (frutto di un errore tecnico degli uffici
comunali). Per la mobilità ci sono informazioni contraddittorie tra i dati
regionali che danno come prevalente il traffico a levante e quelli dell’ACTS che
danno prevalente quello a ponente (ma l’ACTS deve inventare i dati per sostenere
il Metrobus): gli estensori del PUC li mettono entrambi nello stesso capitolo
senza fare una piega.
Il Documento degli obiettivi appare un po’ debole come visione della città
nell’orizzonte temporale di validità del piano (15-20 anni); le affermazioni, in
generale condivisibili, sono piuttosto generiche e sono carenti dal punto di
vista quantitativo.
Non definisce ad esempio, per quanti abitanti si debba disegnare la città,
quanti devono essere gli spazi per industria ed artigianato, quali siano le
grandi e piccole infrastrutture da realizzare (strade, centro congressi, palazzo
dello sport e dello spettacolo, area parcheggio camper ecc.) ecc.
Il DO inoltre assume acriticamente frasi che sono particolarmente sconsiderate
come quella della Giunta per cui “la città offre posti di lavoro percentualmente
al di sopra del proprio fabbisogno fisiologico” (pag. 45): frase frutto di un
errore tecnico (probabilmente voluto per sostenere la scelta commerciale per
Metalmetron).
Nel DO ci si aspetterebbero le grandi opzioni urbanistiche (grandi assi viari,
scenari di sviluppo per aree con conseguenti prospettive e vincoli) ma sono
incerte e confuse con indicazioni paradossali (es. area artigiana nelle aree ex
OMSAV!!! a pag. 24).
Nella Struttura del Piano ci sono le decisioni operative che saranno
approfondite specificamente, sia nelle carenze, sia negli errori. Ad un livello
generale però è interessante ricordare il documento “Bilancio complessivo dell’insediabilità
e dei servizi”. In questo documento si ha un calcolo (meccanico) della
popolazione e dei servizi. Si ha, nella zona urbana, 54.000 residenti attuali e
5.700 residenti nei progetti residenziali in corso. Nella zona extra urbana,
invece si ha una popolazione di 5.800 res. ma non è indicato quale sia il
potenziale abitativo atteso dalle nucleazioni (borghi). Di particolare interesse
è il calcolo della popolazione virtuale attuale che assomma a 108.000 unità: si
ha cioè una struttura attuale residenziale molto obsoleta (gli appartamenti sono
grandi il doppio rispetto al necessario, considerato che la dimensione della
famiglia si è ridotta molto e quindi abbiamo un patrimonio edilizio inadatto
alle esigenze future). La conseguenza è una disponibilità di servizi colossale e
sottoutilizzata, secondo i parametri urbanistici. Probabilmente si tratta di
dati non sufficientemente meditati ma certamente sottolineano un problema
strutturale importantissimo per la città (che il PUC non affronta e non
risolve).
Il documento principale della Struttura del Piano, “Sostenibilità ambientale del
PUC”, è quello fatto peggio. Qui ci dovrebbe essere l’ipotesi di dimensionamento
di tutti i parametri urbanistici (popolazione obiettivo, addetti all’industria
ed all’artigianato, fabbisogno di servizi, progetto turistico ecc.). Ci si
limita ad enunciare l’ipotesi di dimensionamento demografico: Savona crescerà
del 10% nelle aree già infrastrutturate.
Nelle Tavole con le indicazioni operative poi si ha frequentemente una
incoerenza tra quanto detto nel testo (DF e DO) e quanto indicato come indici di
fabbricazione e destinazione dell’uso del territorio. Questo sarà oggetto di una
mia prossima relazione, con le proposte di modifica (cancellazioni ed
integrazioni)
Roberto Cuneo
ANCORA SUL PUC. Ma è il momento degli emendamenti
Roberto Cuneo
Nel vostro N°7 ci sono due articoli che più contraddittori non potrebbero essere. Il primo, a firma Al vento, propone Trucioli come un punto di riferimento contro al Pensiero Unico che, accondiscendente a Piazza Sisto ed a Via Gramsci, governa in modo plumbeo Savona. Il secondo, a firma Enos Risni, sul PUC, è, invece, espressione proprio di quel Pensiero Unico che costituisce il bersaglio dell'altro articolo. Ho sommariamente esaminato il PUC ed ho trovato forti motivi di critica: - il fatto che sia in discussione dopo 8 anni dal suo avvio (gennaio 1997) e dopo che le grandi decisioni sono state prese (quartiere del Molo, piano Portuale, tracciato dell'Aurelia Bis, Tracciato del metrobus ecc.) resta una grave colpa che la presentazione attuale non cancella; - non mi sembra giusto considerare gli oppositori come i sostenitori del "partito della ruggine"; si potrà avere idee diverse? - il sottrarre la Metalmetron al ruolo produttivo indica una disponibilità ad insistere favore della speculazione edilizia (questa volta commerciale) che non tiene conto del fatto che la percentuale di addetti all'industria di Savona è di molto inferiore a quella media del Nord Ovest e questo è dovuto anche ad una scarsa disponibilità di aree (ed all'assassinio dell'ex Italsider che era l'unica metalmeccanica di precisione a filo di banchina del Mediterraneo e quindi aveva un futuro molto promettente sui mercati chimico e petrolifero ma non poteva garantire i super utili di un utilizzo residenziale). Tra le premesse del PUC c'è scritto che "... la città offre posti di lavoro percentualmente al di sopra del proprio fabbisogno fisiologico" (pag. 45 del Documento degli Obiettivi). Questa è una falsità scritta per giustificare il cambio di destinazione alla Metalmetron e quindi consentire il sovraguadagno dei proprietari. Per dimostrare questa affermazione riporta il dato degli occupati (25.000) rispetto alla popolazione (65.000); però non tiene conto che molti degli occupati vengono dalle località vicine e quindi il rapporto non è valido tecnicamente; ma per gli estensori contare balle non è un problema. Farò un'analisi di dettaglio e presenterò i necessari emendamenti: ne avevo già presentato diversi nel 2003 ma l'Assessore ha preferito ritirare il documento e non affrontare la discussione (doveva prima concludere il discorso Metalmetron).
Roberto Cuneo
Roberto Berretta
Quando grandi tragedie, epocali, si sviluppano su questo nostro povero pianeta, il pianto unanime di tutti annega ogni polemica, ma rendiamoci comunque conto che siamo noi uomini che generiamo disgrazie e genocidi. si sarebbe tanto parlato di questo avvenimento se la parte ricca del mondo non vi fosse stata coinvolta direttamente? troppo spesso si dimentica che il nostro passaggio su questa terra è puramente effimero e praticamente inesistente. noi tutti concepiamo la terra come un qualcosa al nostro servizio, da usare senza renderne conto a nessuno, ma sbagliamo. la terra in quanto entità vivente comincia a dare segni di stanchezza, loscioglimento dei ghiacci dei poli, l'arretramento dei nostri ghiacciai dovrebbero farci pensare. in un libro che ho scritto due anni fa accennavo ai pericoli che la terra dovrà affrontare nel prossimo decennio, questa catastrofe che abbiamo visto non è nulla rispetto a quello che potrebbe accadere se la piattaforma asiatica agganciasse quella europea: istanbul, gran parte della grecia e le isole come cipro e malta, più la parte bassa dell'italia e la sicilia sarebbero solo un ricordo e il mare poi, per oltre un secolo non sarebbe più navigabile.
uno tzunami da 30 a 50 metri di altezza colpirebbe le coste del mar mediterraneo e vi lascio immaginare il resto. certo, non posso dirvi quando, ma vi assicuro che il pericolo è esistente. questo per ammonire tutti coloro che pensano solo alla propria ricchezza, noi non siamo eterni, sarebbe più giusto parlare un pò più spesso della morte per ricondurci ad un pensare sano e libero da tutti i vincoli che l'attuale società ci impone. in occasione dell'inizio di questo nuovo anno vi invito tutti a riflettere su queste mie parole, ricordate che si raccoglie ciò che si semina, l'inferno che continuano a mostrarci come la pena finale dopo la morte, non esiste! l'inferno lo viviamo tutti i giorni, magari non direttamente, ma se apriamo uno dei tanti organi di stampa, l'inferno è lì, presente anche se facciamo finta di non vederlo. un caro augurio a tutti voi per questo 2005 e che veramente queste tragedie possano far riflettere il genere umano. In lealtà, onore e rispetto.
FATALITA' INEVITABILE O CRIMINALE NEGLIGENZA?
di Luciano Dondero
L'ecatombe in Asia ha già fatto diverse decine di migliaia di morti. Altri ancora si aggiungeranno con il diffondersi di malattie e addirittura di epidemie come conseguenza delle distruzioni. Ma se i terremoti e gli tsunami sono dei disastri naturali, non lo è affatto la decisione di spendere miliardi di dollari o di euro per fare delle guerre di conquista, ignorando delle semplici misure che possono salvare le vite umane. La cifra dei morti aumenta ogni giorno: prima diecimila, poi trentamila, poi cinquantamila, adesso si parla di centomila. Ma il macabro conteggio non è ancora finito. E un terzo dei morti sono bambini. Ci sono decine di migliaia di dispersi e sono rimasti senza casa, senza lavoro, senza niente a milioni. Questo in alcuni fra i paesi più poveri del mondo. Ora non c'è più acqua potabile, non ci sono fognature, non ci sono servizi sanitari, come dice il sottosegretario delle Nazioni Unite Jan Egeland, che è responsabile del coordinamento dei soccorsi: “Non possiamo nemmeno immaginare il costo per queste povere società, con tutti i villaggi di pescatori che sono stati spazzati via. Le perdite sono nell'ordine di centinaia di migliaia". Era davvero inevitabile? Molte delle morti e distruzioni si sarebbero potute evitare se si fosse messo in mare un sistema piuttosto semplice e relativamente poco costoso di boe. Vari funzionari in Tailandia ed Indonesia hanno detto che un sistema di allarme immediato avrebbe salvato molte vite, ma loro non erano al corrente del pericolo perché non c'è un sistema internazionale per controllare il formarsi di tsunami nell'Oceano Indiano. E questo non è tanto difficile da fare. In effetti, le boe che controllano gli tsunami esistono da vari decenni, e gli Stati Uniti hanno un sistema di allarme in funzione da più gli cinquant'anni. Oltre 50 sismometri sono dislocati nella parte settentrionale del continente americano per scoprire e misurare i terremoti che potrebbero dare origine a degli tsunami. In mezzo all'Oceano Pacifico ci sono sei boe dotate di sensori, chiamati "tsunametri" che misurano piccole variazioni nella pressione dell'acqua, e che sono programmati per dare automaticamente l'allarme ai due centri di allarme-tsunami, uno nelle isole Hawaii e l'altro in Alaska. Il dottor Eddie Bernard, direttore del Laboratorio di Studi Marini del Pacifico a Seattle, dice che qualche boa sarebbe bastata a cambiare la situazione. Gli scienziati volevano mettere altri due misuratori di tsunami nell'Oceano Indian, uno dei quali nelle vicinanze dell'Indonesia, ma il piano non ha avuto i fondi necessari, secondo il dott. Bernard. Ognuno degli tsunametri costa soltanto 250.000 dollari (circa duecentomila euro). Quindi mezzo milione di dollari sarebbero bastato a costruire un sistema d'allarme remoto che avrebbe potuto salvare migliaia di vite umane. Basta confrontare questa cifra coi millecinquecento milioni di dollari che gli Stati Uniti spendono ogni giorno per finanziarie la macchina di guerra del Pentagono. Come a dire che coi soldi di un solo secondo di bombardamenti e distruzioni spesi dagli Stati Uniti si sarebbe potuto costruire un sistema di allarme adeguato. Non averlo fatto è un caso di negligenza criminale. In una riunione della Commissione Oceanografica Intergovernativa dell'ONU nello scorso giugno, gli esperti hanno concluso che “Nell'Oceano Indiano c'è un rischio significativo di tsunami a livello locale e oceanico” e che ci voleva un sistema di allarme remoto. Ma non si è presa alcuna decisione concreta. Il geologo Brian Atwater della Protezione Civile americana (U.S. Geological Survey) ha detto che "Sumatra ha una lunga storia di tremendi terremoti, e che questo rende ancor più tragica l'assenza di un sistema di allarme degli tsunami nell'Oceano Indiano. Tutti sanno che Sumatra era una bomba ad orologeria." Ancora più tragico è il fatto che il governo degli Stati Uniti era stato informato dello tsunami, ma non lo ha detto ai governi della zona. Pochi minuti dopo il terribile terremoto di grandezza 9,0 al largo dell'isola di Sumatra in Indonesia, gli scienziati americani dell'Ufficio che gestisce il controllo del clima oceanico ed atmosferico (National Oceanic and Atmospheric Administration) si è reso conto che c'era un grosso rischio di tsunami. Il NOAA ha immediatamente messo in guarda la base navale americana a Diego Garcia, che ha avuto ben pochi danni. Ma non ha avvisato le autorità civili dei paesi della zona. Questa è una discrepanza significativa. La base militare è stata avvisata, ma i civili no. Il risultato di questa criminale negligenza sono state le migliaia di morti. Infatti per salvarsi dallo tsunami bastava salire di un dieci-venti metri rispetto al livello del mare, e questo si può fare, in molti posti, in pochi minuti. Ma non quando sta arrivando l'onda! ++
(Mi sono basato per questo messaggio su materiali diffusi dall'International Action Center di New York.)
ALPAZUR: UNA REGIONE DA COSTRUIRE?
A proposito degli Occitani, citati in altra lettera, sovverrà a molti l'idea di un gruppo savonese appunto di studi occitani (non me ne voglia nessuno quando dico che il promotore era - è? - Teardo e il progetto arenato ormai da qualche tempo) che rilevava l'omogeneità della zona del ponente ligure con quella alle sue spalle, il cuneese.
In effetti, al di là di velleità politiche di chicchessia, la liguria è una regione che, così com'è posta, è "inutile" e disorganizzata; una striscia di terra lunga oltre 250 km e larga 3 più l'entroterra case sparse salvo eccezioni, dove da un polo all'altro le differenze sono enormi, senza alcuna forma di sinergia, antipodi (ma anche in mezzo) fortemente scollegati, con realtà talmente diverse da sembrare, in caso di richieste regionali, i capponi di Renzo. Che ha a che fare uno spezzino con un imperiese, o un savonese? ma anche con un genovese!
Meglio sarebbe, allora, ridisegnare i territori per interessi omogenei e contigui, anzichè "legare" fra loro realtà che non si guardano in faccia.
Immaginiamo quindi una nuova realtà regionale formata da Cuneo, Savona e Imperia, le "alpi azzurre". Area a forte vocazione turistica, che lascia però posto rilevante al terziario e all'eventuale attività portuale mista.
Una Regione da costruire, soprattutto in infrastutture, che potrebbe anche vedere Savona come Capoluogo Regionale, attivando tutta una serie di attività amministrative e che darebbe a Savona un senso d'essere, poichè viatico marittimo-montano. Affrancherebbe il Ponente (finalmente?!?) da Genova, troppo presa dai suoi affari interni per badare alle periferie, e Cuneo, provincia granda ma isolata. Abbiamo sicuramente più contatti culturali, e logistici con i cuneesi che con gli spezzini, per non parlare degli imperiesi, cui di Genova frega niente e felicemente ricambiati. Darebbe maggiore appartenenza territoriale, maggiori sinergie lavorative, godremmo un poco del benessere che sta alle nostre spalle potendo dare, stavolta più che apprezzato, i vantaggi del mare da noi snobbato.
Dividere per meglio unirci al resto d'Italia, con ben diversa dignità ed importanza; oggi quando Roma pensa alla liguria pensa a Genova, noi siamo i peones che vivono al confine del (loro) mondo.
Genova soffoca da sempre, da immemore tempo il nostro sviluppo, presa com'è da sè stessa (e magari anche a ragione) per poterci dedicare non più che briciole; sarebbe davvero ora di affrancarci, di respirare l'aria della libertà, sotto tutti i punti di vista.
Descamisado
A riguardo all'articolo rilanciare
le idee, del signor nello doelsi, non si deve fare confusione, il
ligure resterà sempre attaccato al suo giardinetto, egli non pensa
minimamente di collaborare con altri, il suo pensiero è sempre e
sottolineo sempre legato al guadagno. egli non fa niente per niente e nulla per nessuno, paragonarlo
agli abitanti del basso piemonte o addiritura alla provenza è un vero e
puro eufemismo, in liguria si coltiva la cultura se rende, egemonicamente
gestita da gruppi di grandi professori, essi dettano legge un pò dovunque
con le loro idee e se non le si parteggiano, caschi il mondo. ora da tutto questo cosa volete che nasca, solo un misero brodo
di rape. il ligure, da brigante che è, senza alcuna parola, poche volte
mantiene ciò che ha promesso. paragonare las cultura provenzale e quella occitana a quella
ligure è un vero e proprio insulto per coloro che praticano, la lealtà,
l'onore ed il rispetto come base della loro esistenza. basti guardare la costa ligure al confronto della costa
azzurra, sono identiche dal punto di vista fisico, nessuna ha da invidiare
l'altra, ma la gestione è ben altra cosa, la liguria lamenta perdite
consistenti nel campo del turismo, ma sono i liguri a rovinarla, prezzi
alti e servizi che fanno solo pena, a parte qualche rara eccezione,
personale carente e mal retribuito, il che fa scappare la voglia di
lavorare anche a quei pochi che vorrebbero impegnarsi. un solo esempio per tutti: in provincia di cuneo, i fondi per
l'obiettivo 2 sono stati erogati in 6 mesi, un anno, in liguria c'è gente
che li aspetta ancora adesso. poi c'è la questione di genova, il 90% delle risorse che
arrivano in liguria si ferma nel capoluogo, come se solo loro avessero una
storia alle loro spalle e dei monumenti da restaurare. sarebbe l'ora che qualcuno cominciasse a prendere in
considerazione questa arrogante ed incessante appropriazione indebita da
parte di genova e chiedesse il dovuto per la riviera di ponente dove
arrivano solo le briciole. non me ne voliate per questo sfogo, un occitano d'oc cordiali saluti roberto berretta |
Un gesuita non
avrebbe meglio esposto, in termini di tesi, antitesi e sintesi, quanto occorra
in questi ultimi tempi al centro destra nella Provincia di Savona (mi corre il
dubbio che davvero sotto lo pseudonimo di Al
Vento non si celi un appartenente alla compagnia di gesù).
Devo, o forse
semplicemente voglio, però dissentire sulle conclusioni ultime. Facile infatti
pronosticare, viste le premesse, facili sconfitte prossime venture, soprattutto
in funzione di un'area da "profondo rosso".
Ma... Atto che
finora, per motivi oscuri (o forse non lo sono) la situazione deteriorativa del
rapporto fra il centro-destra, e più nello specifico Forza Italia, e gli
elettori è stata non gestita, ovvero lasciata decadere, è anche vero che
almeno due "correnti", termine in questo caso improprie ma quanto meno
pratiche per meglio definire, di pensiero e di persone sono all'opera per
un'inversione di tendenza, che ovviamente necessita immediatezza.
La prima è
composta da coloro che hanno lasciato che ciò avvenisse, e forse in un certo
senso hanno anche contribuito, per poter poi facilmente raccogliere i consensi
con la medaglia di "salvatore della patria"; mi riferisco in
particolare a politici, o politicanti?, che orbitano intorno al partito quando
non ne fanno parte a tutti gli effetti, che per interesse anche personale
ambiscono a cariche che possono anche meritare, ma che sono già occupate da
altri. Occorreva quindi che costoro perdessero peso politico e credibilità per
potersi fare avanti, forti anche di capacità, per potersi proporre come valida
alternativa. Sospetti tanti, certezza alcuna, ma basta interrogarsi su chi,
all'interno di Forza Italia, ha più interessi allo stato attuale per aver
maggiore peso e quindi maggiori riconoscimenti in caso di intervento salvifico.
I secondi, e non
son pochi, sono coloro che, per puro spirito di servizio, si adoperano, trovando
il tempo e pure l'atteggiamento propositivo, per un'inversione di tendenza; sono
molti gli attivisti che non hanno rinunciato alla "lotta" contro
l'inerzia di sinistra e il fancazzismo interno.
Sicuramente la
situazione attuale ha toccato il fondo. Due le alternative: scavare per
sprofondare ulteriormente o risalire una china erta, ma possibile. Entrambi gli
schieramenti annoverano adepti; resta da vedere chi prevarrà.
Descamisado
Leggendo i nomi dei pretendenti
all'acquisto di Ferrania SpA, apparsi sulle cronache locali, non si puo'
che essere presi da un grande sgomento,così come dalle reazioni, tutte positive
di alcuni sindacalisti.
Vediamo brevemente perché.
Alcuni forse ricordano che, poco prima che scoppiasse la crisi conclamata
dell'azienda valbormidese, il cosiddetto management della fabbrica, aveva
annunciato l'arrivo del CAVALIERE BIANCO, che avrebbe risolto i problemi
finanziari in corso: esso rispondeva al nome di Adt Partners, che ora RITROVIAMO
tra i possibili acquirenti, in compagnia di parte del vecchio management!!!
Se il buon giorno si vede dall'indiscrezione!
Ma andiamo avanti con gli altri nomi,che suggeriscono ben altre preoccupazioni.
ANSALDO: cosa ci azzecca con la chimica fine e il fotosensibile è difficile da
argomentare. Forse bisogna cercare nel settore termomeccanico.
MESSINA: anche qui,mistero fitto,se non andando a cercare il dipartimento
logistica e affini.
CORDATA SPEZZINA: ovvero elettrodomestici e omologhi,finchè dura. Se poi sono specializzati nel rilevare e ricollocare aziende in
crisi,allora la frittata è fatta, potevano lasciare il passo a PERMIRA.
C'è poi la misteriosa finanziaria indiana per la quale, a questo punto,non resta che fare il tifo, visti gli altri pretendenti,e a questo punto
sperare contro ogni speranza.
In conclusione, ciò che si può e deve temere, è una procedura che ci ricorda l'amara vicenda dell'Ilva di
Savona.
Ma forse eccediamo in
pessimismo,forse ci soccorrerà un GRANDE da TORINO.
IL GIRONDINO