Province da abolire

Cosa c’è dietro al pianto dei Sappa, dei Vaccarezza e delle troppe poltrone
Il record di Imperia di dirigenti in Provincia
Un primato in Liguria nel regno del ‘partito dell’amore’
L’esempio della soppressione delle Comunità Montane. Articolo di Coletti

Luigi Sappa
Angelo Vaccarezza
Cosa c’è dietro al pianto dei Sappa, dei Vaccarezza e delle troppe poltrone
Il record di Imperia di dirigenti in Provincia
Un primato in Liguria nel regno del ‘partito dell’amore’
L’esempio della soppressione delle Comunità Montane. Articolo di Coletti
 

 Le province da abolire

LA MIGLIOR prova del fatto che l’unico difetto nel decreto di abolizione delle province è che non le abolisce tutte sta nello scemenzaio che ha scatenato, soprattutto a destra e quindi in particolare a Imperia e nel savonese. C’ è chi si sente tradito dal governo amico e chi cerca o offre nuovi partner come un sensale di matrimoni: Imperia e Savona potrebbero unirsi con Cuneo (altra regione!) o, meglio, con Nizza (altro stato!, col vantaggio indubbio di liberare una parte del territorio dal dominio del Vecchio Papi; ma i francesi che ne pensano?). Sono reazioni di sconcerto perché, come ha lucidamente scritto Giuseppe Conte, rischia di venir meno un grosso raccoglitore di consensi e un’ arma da impugnare nel confronto con la sinistra genovese dentro la regione Liguria. Se si può capire il pianto dei Sappa o dei Vaccarezza che vedonoa rischio le loro poltrone, meno comprensibili sono i lamenti dei cittadini, anche se sono soprattutto i dipendenti degli enti a farne, timorosi per il loro postoo le loro carriere. I posti, si capisce, non sono in pericolo. Almeno quelli attuali. Ma, in effetti, meno garantite potrebbero essere le carriere dovute in tutto o in gran parte alla protezione politica. La provincia di Imperia, ad esempio, ha da sola più dirigenti e facenti funzioni direttive di tutte le altre province liguri messe insieme e le cosiddette “posizioni” dirigenziali dipendono solo dalla benevolenza dei politici locali. Si capisce lo smarrimento dei beneficiati. Un’ esistenza costruita sugli omaggi ai signorotti del posto in vista di modesti premi di carriera o di precarie assunzioni può essere messa a rischio dalla soppressione di una provincia; c’ è persino il caso che in futuro le persone siano assunte o promosse sulla base delle loro abilità e competenze! È proprio vero che se ci si abitua a perdere o a vendere (è la stessa cosa) la propria libertà di giudizio, cedendola sempre al più forte, si perde anche un po’ della propria dignità. L’ abolizione prospettata delle province doveva scatenare un vasto moto di soddisfazione, perché si va a chiudere un ente inutile, un carrozzone senz’ anima, i cui compiti possono essere tranquillamente assolti dalle regioni o dai comuni. Invece serpeggia la preoccupazione, e molti sembrano perdere la bussola. Gli imperiesi che già si sentono orfani del protettore di provincia, fanno un po’ come i meridionali che si tenevano stretti ai Borboni, timorosi di restare senza padrone nel nuovo stato nazionale italiano o di doversi confrontare con padroni diversi, che avrebbero potuto premiare qualità differenti dal servilismo o dall’ omertà. Si rischia così anche oggi di interpretare il passaggio ai nuovi assetti territoriali come una gattopardesca corsa a un altro protettore, perdendo l’ occasione per ridefinire ruoli e compiti degli enti locali. L’ esperienza ligure ha mostrato che se gli incarichi operativi (manutenzione strade, edifici pubblici, trasporti) funzionano bene se decentrati, i compiti di controllo funzionano male. Specie per quanto riguarda il territorio. La regione Liguria, che, ai tempi dell’ assurda ideologia del decentramento voluto dalla sinistra, aveva delegato importanti e strategiche funzioni agli enti sottoposti (province, comuni), ha potuto misurare come l’ eccessiva vicinanza del controllore al controllato ne riduca l’ efficienza e ne mini l’ onestà. Quante controversie e irregolarità nella gestione dei terreni pubblici si sarebbero evitate se l’ ente di controllo fosse stato più neutro e netto, come la lontananza meglio consente! Purtroppo, nella nostra regione si sono incontrati in un accordo scellerato i giacobini del decentramento democratico di sinistra e i furbetti della provincializzazione populistica di destra, con danni che il territorio pagherà a lungo. L’ abolizione delle province è un’ ottima cosa e la sinistra dovrebbe sorvegliare perché sia completa (neppure la provincia di Genova, con Genova città metropolitana, ha più senso) e riguardi anche le inutili e costose partecipate, con decadenza dei rispettivi consigli di amministrazione e amministratori delegati. Anzi, la sinistra ligure dovrebbe cogliere l’ occasione per mettere ordine in questo campo, facendo pulizia innanzitutto nel proprio, dove si aggirano ancora troppi pensionati della politica attiva. La Regione Liguria ha chiuso le comunità montane e non se ne è accorto nessuno perché non servivano a niente. Speriamo che la chiusura delle province si faccia notare per un riassetto istituzionale complessivo intelligente ed equilibrato, che salvi i servizi, migliori i controlli e aumenti la decenza nella gestione della pubblica amministrazione.
VITTORIO COLETTI

 da La Repubblica

 

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