Vergogna e rabbia attraversando la città

E’ una vergogna 

 Stavolta sarò breve, (percepisco incredulità…), ma vado di fretta

E’ una vergogna 

Stavolta sarò breve, (percepisco incredulità…), ma vado di fretta

E’ solo che, come si dice in gergo, “mi girano”, e non riesco più ad attraversare la città e i dintorni senza provare una gran rabbia, un senso crescente di frustrazione, di avvilimento, di impotenza.
 
Non voglio neppure questionare di chi possano essere le colpe, politici, amministratori presenti o passati, affaristi, o altro.

Né se si tratti di responsabilità precise o leggerezze, di azioni inadeguate o di semplice inazione, di passività, di negligenza, di indifferenza o mancanza di sensibilità per ciò che è bene comune, di differenti priorità o di puro lassismo, di errori in buona fede, di visione ristretta o che so io.

 

Non lo so, ripeto, non voglio parlarne ora. Ma da savonese non posso evitare di esprimere il mio punto di vista e di levare la mia semplice protesta.

 

Perché il primo pensiero che viene alla mente, sollevando gli occhi, è proprio: è una vergogna.

 

Sì, è una vergogna:

– che il vecchio S. Paolo se ne rimanga lì, in pieno centro, fatiscente esempio del nulla, da tanto, troppo, un incredibile lasso di tempo. Solo perché è un edificio con problemi e pregi storici che lo rendono poco appetibile a speculazioni che chiedono solo di arraffare molto, lucrose cubature private, con il minimo indispensabile, senza alcun rispetto per il patrimonio di tutti

– che un discutibile edificio realizzato abbattendo un cinema teatro (luogo di cultura pubblica MAI sostituito) dopo aver rischiato con gli scavi di danneggiare un pregevole palazzo storico si permetta ora di protendere uno spigolo osceno a tagliarne la vista del cornicione senza che nessuno debba risponderne o debba pagare le conseguenze di un tale sfregio.

 

– che si mettano in vendita palazzi storici come palazzo Pozzobonello

 

– che ogni tentativo di protesta, di discussione, di contrattazione dei cittadini a fronte di scelte urbanistiche e logistiche che li danneggiano, spesso imposte o mal spiegate, debba scontrarsi con un mercanteggiare che chiede sempre nuovi spazi, nuovi volumi, nuove altezze per gli speculatori (che evidentemente hanno sempre e solo diritti) in cambio della pur minima concessione

– che un complesso di valore assoluto (facciata del Sangallo, o sbaglio?) come palazzo S. Chiara, ma se lo chiamiamo Della Rovere si capisce ancora di più che importanza abbia, e forse per questo non lo chiamano così…, rimanga allo stato di totale incompiuta priva della sacrosanta valorizzazione e riutilizzo, che l’Ente Porto abbia potuto prima affermare di porvi la propria sede, per poi cambiare idea e decidere di costruire forse una palazzina (l’ennesima!) in zona portuale 

a proposito di zona porto. Che si sia potuto violentare un recupero iniziato in modo intelligente con arroganti palazzoni, trasformando una zona che aveva riacquistato vita, nel tempio della desolazione e dello squallore presunto moderno, tagliando persino la passeggiata che dovrebbe condurre al Priamar con una rotonda anti-pedoni. Va bene che i pedoni non contano, ma i turisti, i croceristi che si vorrebbero invogliare a restare in zona?

 

– che non contenti di questo palese fallimento (dal fallimento provocato di una industria, a una operazione immobiliare fallimentare per tutta la cittadinanza, tranne probabilmente le tasche di qualche costruttore) si intenda cementare tutta la striscia residua fra Savona e Albisola. Neutralizzato il risibile grimaldello “torre Fuksas”, si ritorna imperterriti a riproporre lo stesso scempio, con faccia di bronzo evidentemente giustificata dalla consapevolezza di poterselo permettere, ignorando qualsiasi proposta di buon senso, innovativa, di trasformazione e recupero. Anche qui, a dispetto degli esempi poco eclatanti dei pasticci che avvengono nei porticcioli già realizzati o realizzandi, per esempio Imperia. Dove è chiaro ormai come le fandonie su barche e posti di lavoro (mentre al più si tratta di rimessaggi) nascondano solo speculazione edilizia infruttuosa e costi esorbitanti.

– che nella frenesia di trasformare tutto il lungomare in una striscia ininterrotta, un muraglione di cemento degno di Puntaperotti, anche a ponente non si scherzi. Che una bellissima e interessante struttura come villa Zanelli sia lasciata indegnamente cadere a pezzi, forse sperando di costruire anche lì? con il suo parco, bell’esempio quasi unico in zona di vero giardino sul mare, altro che palmette e lastricato, sempre più incolto e aggredito. Se non sbaglio, una parte è già stata sacrificata per la palazzina dei Vigili del Fuoco. 

  

– e a proposito di Vigili del Fuoco…E’ una vergogna la storia della sede di cui si è eretto lo scheletro, per poi accorgersi che era troppo vicina all’edificio accanto e quindi andava demolita. Chi ha dato i permessi? Chi ha sbagliato? Ci sono forse sotto altre mire, su una posizione troppo appetibile per lasciarla, figurarsi, a un edificio di pubblica utilità? Almeno, ci si poteva pensare prima. Intanto chi pagherà le spese di eventuale demolizione e ricostruzione da un’altra parte, se non noi cittadini?

 

Mi fermo qui, non perché l’elenco sia finito, ma solo perché non ho più tempo né fiato.

 

E’ solo che, da cittadina che se la prende a cuore, vorrei la cosa pubblica amministrata con maggiore cura, sensibilità e attenzione.

Non ditemi neppure per un istante che c’è la crisi, che mancano i fondi… scusatemi, ma non ci credo neppure per un attimo.

Intanto, perché molte di queste operazioni sono iniziate in periodi ben più favorevoli all’iniziativa pubblica e privata, dove si poteva ancora scegliere. Poi, perché sono tuttora convinta che guardandosi intorno in un’ottica più aperta, oltre i nostri confini e i giri consueti, con un minimo di attivismo, soluzioni migliori possano essere trovate, interessi imprenditoriali, finanziamenti, anche comunitari, sponsorizzazioni e quant’altro.

 

Così si ha proprio l’impressione di un immobilismo nefasto e spietato, dove possano essere accolti solo certi determinati progetti, dove tutto ciò che esce dagli interessi, dalle intenzioni di un certo giro di nomi, imprese e poteri forti, pochi, sempre gli stessi, sempre più potenti, non abbia ragione di essere, trovi le porte chiuse, venga ignorato o addirittura ostacolato, in barba alle istanze, alle aspettative, alle necessità della cittadinanza e in definitiva al bene pubblico.

 

Vorrei tanto sbagliarmi. Il guaio è che non si scorgono inversioni di tendenza, tentativi di sollevarci da questa palude senza scampo, proposte appena innovative che aiuterebbero, quelle sì, l’economia, il lavoro, la ripresa. Né alternative a questo status quo consolidato.

 

A meno che i savonesi, se davvero pensano di non meritare più tutto questo, non inizino a impegnarsi in prima persona per cambiare le cose e proporre qualcosa di più e di meglio. In tanti, e unendo le forze, ci si potrebbe anche riuscire.

   

Milena Debenedetti   19/09/2010

Il mio ultimo romanzo  I Maghi degli Elementi 

 

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