Una sinistra senza bussola (2^ PARTE)
La quarta occasione sfuggita è stata la profonda crisi economica del 2020, tuttora in corso, che ha colpito le fasce più deboli della popolazione, senza riscontrare nel PD e nei suoi “cespugli” a sinistra un sincero esame di coscienza e un disallineamento dalle posizioni neo-liberiste, rimanendo invece saldamente al governo, “per non consegnarlo all’avanzata delle destre”. Destre dalle quali ama distinguersi, non già per avversione alle politiche mercatistiche che una parte della stessa destra contesta, non già per politiche di assistenza agli italiani più bisognosi, bensì per fregiarsi della medaglia di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, di fatto incoraggiando la flotta di navi ONG finanziate da personaggi della più spregiudicata finanza, come George Soros.
La sinistra si trova sempre sul fronte sbagliato, che fa ipocritamente leva sui “buoni sentimenti” di facciata dei singoli individui, mentre si schiera a livello politico, sociale, economico con i “padroni dei soldi”, dediti al mito dell’illimitatezza in ogni campo e delle disuguaglianze sociali più estreme. Una quinta occasione, quella di non schierarsi con il politically correct, viene trattata nel libro di Pascal Bruckner, uno dei più noti pensatori francesi del gruppo dei NouveauxPhilosophes: “Un colpevole quasi perfetto. La costruzione del capro espiatorio bianco”, cui La Stampa del 15 giugno dà ampio risalto in un’intervista all’autore. Secondo Bruckner “C’è stata un’inversione di tendenza dopo la caduta del muro di Berlino [come da me evidenziato nella ‘seconda occasione persa’]. Si è dissolto ogni tipo di conflitto ideologico, è venuta meno quella che allora si chiamava ‘lotta di classe’; e la sinistra, comunista e socialdemocratica, non ha saputo elaborare una cultura anticapitalistica ed egualitaria. Le aggregazioni di avanguardia sono diventate di retroguardia, dominate da forme di neo-puritanesimo. […] Un tempo si ambiva alla parità tra uomo e donna. Adesso si punta il dito contro le colpe del maschio, ed è tutto un fiorire di elaborati sulla cultura dello stupro, secondo cui la violenza sessuale non viene considerata un’opzione individuale, un’eccezione, bensì una pratica iscritta nella norma, perdendo il suo tratto di esperienza tremenda ed estrema, e venendo di fatto minimizzata.” Bruckner estende questa sua critica, oltre alle istanze ossessive del neo-femminismo, anche a quelle anti-razziste e anti-colonialiste. Istanze originariamente giuste vengono gonfiate sino al punto di trasformarsi in fanatismi, come è successo, ad es., con le idee libertarie del pensatore francese Foucault. Gli estremismi finiscono col tradire le ragioni originarie, generando paradossi.
In campo sessuale siamo arrivati al ridicolo, con l’accusa di sessismo distribuita a dritta e a manca, coinvolgendo persino un complimento estetico di un uomo a una donna. L’uomo vive ormai in un ambiente che lo guarda con costante sospetto sulla base di crimini, fino al femminicidio, compiuti da un’esigua minoranza, ma capaci di gettare un’ombra inquietante su tutto il genere maschile. Bruckner cita quella che sta diventando una prassi in alcune università, in cui si chiede alle coppie di studenti di firmare un “consenso” preventivo all’eventuale atto sessuale! Ciò per evitare all’uomo di dover rapportarsi con l’altro sesso sotto la larvata minaccia di denunce per “molestie” o avances sgradite, inserite nel codice penale non troppi anni fa e ormai usate ed abusate. Uno degli argomenti che più infiammano questi già infuocati giorni d’estate è il DDL Zan, contro le discriminazioni di cui sono vittime coloro che sono raggruppati nell’acronimo LGBTQ, da me già trattato in precedenza [VEDI e VEDI]. Un conto è manifestare per le proprie idee, bollate come eterodosse, un altro è farlo in maniera scomposta e irriverente verso la maggioranza, finendo col ribaltare i ruoli, come è già successo, con la complicità della sinistra, nei confronti del razzismo, col risultato di un razzismo al contrario, con l’uomo bianco, ormai criminalizzato per il colore della sua pelle.
La situazione attuale vede proprio, come osserva Bruckner, gli iniziali tentativi di comporre le fratture tra razze e tra sessi, degenerare in una loro contrapposizione frontale, col debole di partenza che gradualmente usurpa la supremazia dell’altro, anziché addivenire ad una accettazione reciproca. Stiamo assistendo ad un pendolarismo del potere, senza che mai si trovi un pacifico punto d’incontro. Lo schiavo negro di un tempo, vera onta della razza bianca, ha finito col diventare il nero di oggi cui ogni attenzione è dovuta proprio in virtù del suo passato. Sempre Bruckner giustamente rileva lo stupido accanimento odierno contro scrittori o artisti di ieri giudicati attraverso le lenti di oggi: “Se le femministe americane hanno fustigato Picasso, Renoir e Degas poiché le loro opere trasudano odio nei confronti delle donne, arrivando a bollare Gauguin come un ‘pedofilo perverso’, […] ci si accanisce parimenti contro Cervantes e Faulkner, considerati razzisti, maschilisti e colonialisti”. E non miglior sorte subisce il Moby Dick di Melville “poiché non c’è neanche una donna in questo libro e c’è cattiveria verso gli animali”. Per non dire delle statue ad antichi “eroi”, gettate nella polvere per essersi macchiati di questi moderni peccati. Di questo passo non si salva nessuno. E passi per i defunti, che ormai non soffrono più; ma sono traumi se a subire simili condanne sono persone viventi. Ormai è tutto un proliferare di processi, giudiziari e/o mediatici, contro persone o personaggi, colpevoli di contravvenire le regole dei novelli puristi. Puristi, aggiungo, perlopiù “di sinistra”, che scagliano le loro frecce nelle direzioni che più si intendono come riparatorie della perduta fiamma iniziale in campi ormai a loro estranei, eppure connaturati al termine socialismo. Questi sterili ardori mi rammentano quanto accaduto alla comunità, o meglio alla diaspora ebraica: vittima delle atrocità naziste, ha visto il mondo prostrarsi in omaggio alla loro passata sofferenza, con un fiorire di concessioni, agevolazioni, commemorazioni, leggi di compensazione ai torti subiti dai loro padri. Il mondo occidentale s’è considerato colpevole in toto nei confronti degli ebrei, strappando un pezzo di terra agli arabi per renderla loro dopo duemila anni, innescando così una polveriera sempre in procinto di esplodere. Non ho nessuna simpatia, ma neppure odio, per Israele; e forse è questo uno dei casi in cui la sinistra si è schierata a fianco dei nuovi perdenti, i Palestinesi, che in sostanza sono coloro che hanno pagato l’ultimo prezzo della “soluzione finale”, sfrattati di casa per riparare ai torti subiti da altri, senza concorso di colpa.
Concludo osservando che ogni stagione della storia è connotata da valori e disvalori; ed è miope pretendere di giudicare il metro di giudizio dei nostri antenati, che operavano in un contesto culturale molto diverso dall’attuale. Ma non perdono i bianchi contemporanei che, rimanendo sordi e ciechi di fronte alle denunce degli ambientalisti e alla situazione di degrado ormai sotto gli occhi di tutti, perseverano nelle loro politiche razziste ed ecocide. Mentre, sul fronte monetario, biasimo chi, usurpando agli Stati la proprietà della moneta, sfrutta il genere umano per vivere nel lusso ostentato, additandolo peraltro come traguardo cui chiunque può giungere, in una spasmodica competizione, che cresce quanto più basso il livello nella piramide sociale.
Eppure, esiste nel mio intimo la consapevolezza di una lacerante contraddizione: il presunto benessere, esteso a quanti più umani possibile, ha come rovescio il malessere del bioma, in primis la vita selvaggia (dagli animali bradi alle popolazioni autoctone): più si estende l’uno, più si contrae l’altra. Un dilemma che l’umanità non ha strumenti indolori in grado di risolverlo, ma che richiederà azioni oggi inimmaginabili, ma di cui già si intravvedono i prodromi. È una fortuna che si possa giudicare solo il passato e non anche il futuro. Marco Giacinto Pellifroni 4 luglio 2021 |