UN VECCHIO MODELLO DI SVILUPPO

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
Trentunesima puntata
 UN VECCHIO MODELLO DI SVILUPPO 

RIFLESSIONI SUL PRESENTE E SUL FUTURO
Trentunesima puntata

 UN VECCHIO MODELLO DI SVILUPPO 

 

Ho concluso, la scorsa settimana, la Serie di Articoli, dedicati all’Assistenza agli Anziani, evidenziando, tra gli altri argomenti trattati, che molti Anziani (o le rispettive Famiglie) si trovano di fronte all’impossibilità di un loro Ricovero in Idonea Struttura Residenziale per l’alto costo della Quota Socio-Alberghiera, costo che, in gran parte dei casi, viene largamente a superare l’Importo pensionistico, percepito dall’Anziano. 

 Quasi istintivamente sono giunto a sfiorare il TEMA DELLA POVERTA’, che sta silenziosamente invadendo l’intera Italia.

Proprio in questi giorni, è stato reso noto il RAPPORTO ANNUALE  ISTAT  SULLA SITUAZIONE DEL PAESE NEL 2010, che viene a confermare, attraverso la lunga serie di dati pubblicati, il grave stato di crisi economica e di disagio esistenziale di una notevole parte di cittadini (e non soltanto Anziani); aggiungo che va rivolto un sincero ringraziamento all’ISTAT per la periodica diffusione di dati sulla Realtà Socio – Economica Nazionale, perché questa, troppo spesso, viene ignorata dal Dibattito Politico.

La radiografia della CRISI ITALIANA è esemplarmente rappresentata dalla  sottostante Tabella:

 

Ma, vediamo di esaminare, maggiormente in dettaglio, i dati evidenziati dalla Tabella:

 

CRISI ECONOMICA:

Nel Decennio 2001 – 2010, l’Italia ha realizzato la PERFORMANCE DI CRESCITA PEGGIORE fra tutti i paesi dell’Unione Europea, con un tasso medio annuo di appena  lo 0,2 per Cento, contro l’1,3 per Cento, registrato dall’Unione Europea;

POTERE DI ACQUISTO DELLE FAMIGLIE:

 

Dal 2008 al 2010 è complessivamente calato del 4 per Cento.

 

 

LA POVERTA’:

Circa 15 milioni di Italiani (vale a dire: il 24, 7 per Cento della popolazione) sperimenta il rischio di Povertà o di Esclusione Sociale (rispetto ad una Media Europea pari al 23,1 per cento); aggiungo che, in questo contesto:

– circa 7,5 Milioni di individui corrono il rischio della Povertà Assoluta;

– circa 1,7 Milioni di persone si trovano già in condizione di Grave Depressione;

 

– circa 1,8 Milioni di Cittadini sono dotati di una Intensità lavorativa molto bassa;

 

 

IL RISPARMIO:

Le famiglie Italiane, per salvaguardare il livello dei consumi, hanno eroso il loro tasso di risparmio.

Nel 2010, la Propensione al Risparmio si è attestata al 9,1 per Cento (il valore più basso dal 1990);

 

L’OCCUPAZIONE:

Nel biennio 2009-2010 l’occupazione si è così ridotta:

 

– 280.000 in meno nel Mezzogiorno;

– 228.000 in meno nel Nord;

–   24.000 in meno nel Centro
     _____ 

 532.000  TOTALE

Mario Calabresi

Occorre segnalare, in proposito, che nel 2010 l’OCCUPAZIONE STRANIERA E’ AUMENTATA DI 183.000 UNITA’ .

L’origine di questo squilibrio è dovuto all’esistenza di un DOPPIO MERCATO DEL LAVORO; infatti, tira ancora (anche in periodi di crisi) il MERCATO DEI “LAVORI UMILI” (Badanti, Manovali, Edili, Addetti alle Pulizie), sottoutilizzati o, addirittura rifiutati dai nostri Connazionali,  mentre invece essi sono ricercati dai Lavoratori Stranieri; al contrario il MERCATO DEI LAVORI PIU’ QUALIFICATI tira soltanto, quando il SISTEMA – PAESE  è in buona salute (e, quindi, non certo nelle condizioni attuali);

I GIOVANI:

Sono 2.100.000 i Giovani, compresi tra i 15 ed i 29 anni (il 22 per Cento del totale), che non lavorano e non frequentano alcun corso di Istruzione o Formazione.

Questo è, a mio modo di vedere, il dato più preoccupante che noi, oggi, abbiamo di fronte.

Quale commento fare in proposito?

Potrei ricordare quanto già avevo scritto su questo argomento l’11 gennaio 2010 e cioè: 

“LA DISOCCUPAZIONE (SOPRATTUTTO GIOVANILE)  AUMENTERA’ NEL 2010 ED ANCORA PIU’ NEGLI ANNI A VENIRE, PERCHE’ MANCANO TUTTORA I PRESUPPOSTI FONDANTI DI UNA TALE RIPRESA.
LA CRISI DEL NOSTRO SISTEMA ECONOMICO DISCENDE DALLA CRISI CONSOLIDATA DELLA  NOSTRA INDUSTRIA, DELLA NOSTRA  AGRICOLTURA ED, INFINE, DELL’INTERO SETTORE TURISTICO”.

Ma io, oggi, carissimi amici di “Trucioli” voglio andare oltre e desidero sottoporre alla vostra attenzione questo magistrale commento di Mario Calabresi, comparso sul Quotidiano “La Stampa” in data 24 Maggio 2011:

“Chi ci governa dovrebbe alzarsi ogni mattina proponendo una soluzione, cercando di far ripartire il mercato del lavoro, cercando di creare nuove opportunità e investendo nella scuola e nella formazione. Invece la nostra spesa per ricerca e sviluppo è la metà degli obiettivi stabiliti dall’Europa. Eppure, come ci racconta oggi un grande professore dell’università californiana di Stanford, Eric HanusheK, esiste un legame fortissimo tra gli investimenti nell’istruzione delle nuove generazioni e la crescita dell’economia di un Paese.”

Tuttavia, io voglio ritornare nella nostra Savona e citarvi un emblematico episodio, che avviene quotidianamente nella nostra Città e che dimostra quanto arretrato e miope sia il nostro Sistema Produttivo:

– SAVONA ha una bassa PERCENTUALE (21 per cento) in tema di RACCOLTA DIFFERENZIATA DEI RIFIUTI SOLIDI URBANI; 

– MA, DOMANDATEVI DOVE VANNO A FINIRE L’UMIDO, LA CARTA ED IL CARTONE, IL VETRO, L’ALLUMINIO,  L’ACCIAIO E LA PLASTICA, RICAVATI DALLA RACCOLTA DIFFERENZIATA?

E’ presto detto:

  •  Non esistono localmente IMPIANTI DI COMPOST (per il trattamento dell’UMIDO)
  • LA CARTA ED IL CARTONE (dopo l’iniziale conferimento all’impianto di Savona, via Caravaggio, dove il materiale viene controllato, pulito ed imballato) vengono spediti alle CARTIERE IN PROVINCIA DI LUCCA ed, addirittura, NELLA  REPUBBLICA DI SAN MARINO
  • LA PLASTICA (dopo il trattamento di Pulizia Primaria) viene imballata ed inviata all’IMPIANTO DI SELEZIONE sito a Montello (Bergamo)
  • Analogo trattamento viene riservato al VETRO, all’ALLUMINIO ed all’ACCIAIO, i quali, dopo un iniziale trattamento a Cairo Montenotte, vengono, successivamente, inviati ai CONSORZI DI FILIERA (COREVE-CIAL- E CNA)

Ed, a questo punto, ponetevi queste ultime domande:

Irene Tinagli

  PERCHE’ LA NOSTRA UNIVERSITA’ DI LEGINO NON PREPARA I NOSTRI GIOVANI A QUESTA INNOVATIVA PROFESSIONE  RIVOLTA  ALLA  TRASFORMAZIONE ED AL  RIUTILIZZO DEL MATERILE RICICLATO?

  PERCHE’ IL NOSTRO SISTEMA INDUSTRIALE E’ TALMENTE ARRETRATO DA NON COMPRENDERE IL POSITIVO AVVENIRE DI QUESTO INNOVATIVO SISTEMA PRODUTTIVO?

 QUANTI NUOVI POSTI DI LAVORO SAREMMO IN CONDIZIONE DI GARANTIRE ALLE FUTURE GENERAZIONI?

 LE DONNE:

Raggiungono il numero di 800.000 le DONNE  LICENZIATE O MESSE IN CONDIZIONE DI DOVERSI DIMETTERE a causa di una Gravidanza.

In altri termini: il 15 per Cento delle Donne smette di lavorare per la nascita di un figlio.

Questi numeri, relativi sulla Dicotomia esistente tra Mondo del Lavoro e Ruolo Femminile appaiono palesemente disarmanti. Quelle 800mila donne costrette a starsene a casa, senza un reddito proprio, rappresentano l’8,7 per Cento delle donne che lavorano o hanno lavorato in passato: una quota rilevante.

«Oltre la metà delle interruzioni dell’attività lavorativa per la nascita di un figlio (si legge nel Rapporto ISTAT) non è il risultato di una libera scelta da parte delle donne. A subire più spesso questo trattamento non sono quelle delle vecchie generazioni, ma le più giovani,  cioè il 13 per Cento delle madri nate dopo il 1973; le residenti nel Mezzogiorno e le donne con un titolo di studio basso».

Tra le madri espulse contro la loro volontà, solo il 40 per Cento riesce a trovare un’altra attività dopo che il figlio è cresciuto, ma quel dato è il saldo di una distanza abissale. Su 100 madri licenziate, riprendono a lavorare 51 nel nord e soltanto 23 nel Mezzogiorno. Le «dimissioni in bianco» stanno diventando un male endemico nel mercato del lavoro della Penisola.

Come concludere questo Articolo, carissimi Amici?

Mi affido, ancora una volta, alle esemplari parole di Irene Tinagli, comparse sul Quotidiano “LA STAMPA” il data 18 Dicembre 2009 ed aventi per Titolo:” UN VECCHIO MODELLO DI SVILUPPO“:
“Gli ultimi dati sulla disoccupazione in Italia mostrano una situazione molto drammatica.

Di fronte a questo quadro tutti si chiedono quando la crisi finirà.
Ma pochi si chiedono come.
Si cerca una ripresa, una qualsiasi, senza chiederci se questa sarà davvero l’occasione per ristrutturare l’economia e il sistema produttivo italiano. Perchè dietro ai dati drammatici di questi giorni non c’è solo la crisi congiunturale mondiale esplosa l’anno scorso, ma una crisi più lenta e profonda del sistema economico-produttivo italiano, che si protrae ormai da quasi trent’anni e su cui nessuno è mai intervenuto.
Già alla fine degli Anni Settanta, in Italia come in tutte le economie avanzate, si era cominciato a parlare di processi di deindustrializzazione. Eppure mentre in altri Paesi come l’Inghilterra o la Svezia tali processi sono stati avviati con determinazione e accompagnati con politiche economiche e sociali conseguenti, in Italia tutto questo non è avvenuto.” 

A queste sagge considerazioni, mi permetto soltanto di aggiungere:
“DOBBIAMO CAMBIARE RAPIDAMENTE, MA CON RAZIOCINIO, IL NOSTRO MODO  DI PRODURRE E DI CONSUMARE, PERCHE’ IL MODELLO ATTUALE NON REGGE PIU’ E, COME TALE, E’ DIVENTATO UN CONTESTUALE  APPORTATORE E DI POVERTA’ E DI INGIUSTIZIA SOCIALE.”
 

26 maggio 2011                                           Aldo Pastore

 

 

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