Un programma di politica industriale

UN PROGRAMMA DI POLITICA INDUSTRIALE
PER RILANCIARE MOVIMENTO OPERAIO E LA SINISTRA

UN PROGRAMMA DI POLITICA INDUSTRIALE
PER RILANCIARE MOVIMENTO OPERAIO E LA SINISTRA
 

Occorre prendere atto, prima di tutto, del ricatto che pesa, in questo momento, sulla FIOM e sull’intera sinistra di opposizione: un ricatto che non viene soltanto dai vertici FIAT ma anche dall’interno stesso dello schieramento politico e sociale che dovrebbe appoggiare la lotta dei metalmeccanici impegnati in prima linea nella difesa di diritti indisponibili, garantiti dalla Costituzione.

E’ necessario, quindi, prima di tutto respingere questo ricatto con l’azione di lotta: l’esito del referendum a Mirafiori sarà importante, così come l’andamento dello sciopero dei metalmeccanici indetto per il 28 Gennaio che deve assumere la veste di un vero e proprio sciopero generale, a cui non debbono mancare gli appoggi politici.

Tutto questo nell’immediato, ma non basta: va aperta una prospettiva di periodo, all’interno della CGIL e nella sinistra, con l’obiettivo di realizzare una forte spinta unitaria.

Siamo soltanto all’inizio: bisogna ricordarlo.

Per questo motivo è necessario riflettere sulla possibilità di avanzamento di una proposta di politica economica, unitariamente sorretta nel mondo sindacale e in quello politico, tale da rappresentare una alternativa, aggregare soggetti, fornire respiro ad una iniziativa “di periodo”.

Il concetto di fondo che è necessario portare avanti e rilanciare è quello della programmazione economica, combattendo a fondo l’idea che si tratti di uno strumento superato, buono soltanto – al massimo – a coordinare sfere private fondamentalmente irriducibili.

Una programmazione economica condotta con riferimento all’irrinunciabile valenza europea e avente al centro l’idea dell’iniziativa pubblica in economia attorno ad alcuni fondamentali campi di intervento:

  1. Il territorio. Serve un piano straordinario per il ripristino dell’assetto idro-geologico del territorio che va franando dappertutto, dal Nord al Sud, sulle coste e nell’entroterra. Eguale urgenza ha, ovviamente, il tema della difesa dell’ambiente nel sue complesso, dello smaltimento dei rifiuti, della cementificazione;
  2. Le infrastrutture. La situazione delle ferrovie italiane è semplicemente disastroso, così come quello delle strade ed autostrade, in particolare al Sud;
  3. Il nodo energetico, non risolvibile, ovviamente, con un ritorno al nucleare;
  4. Il finanziamento della ricerca destinata soprattutto verso l’innovazione di processo nell’industria;
  5. Il rilancio del settore industriale. La Fiat può esercitare il suo ricatto perché questo Paese è privo, da anni, di politica industriale. Siamo, per varie ragioni, pressoché privi di siderurgia, chimica, agroalimentare, elettromeccanica, elettronica. In questa situazione ormai sono asfittici e sottoposti al processo di delocalizzazione anche quei settori “di nicchia” sui quali si era basato lo sviluppo anni’80- anni’90;
  6. Il rientro della programmazione pubblica nel settore bancario, con l’obiettivo principale del credito nella media e piccola industria;
  7. Il rientro dal precariato e l’inserimento stabile della manodopera extracomunitaria;
  8. La lotta all’evasione fiscale, completamente abbandonata.
Marchionne

Accanto a questi punti del tutto irrinunciabili ci sono da valutare anche gli elementi di spreco che vengono principalmente da due parti: il gigantismo dell’apparato politico portato soprattutto dalla personalizzazione della politica (pensiamo alla dimensione gigantesca del debito delle Regioni, elefantizzatosi dal momento dell’elezione diretta dei Presidenti), e il processo di spreco e di disuguaglianze che sarà portato dal cosiddetto “federalismo” così come questo, in maniera del tutto raffazzonato e legato ad egoismi di parte è stato concepito, ed il tema della riconversione ecologica di parte dell’apparato produttivo e delle prospettive di uso del territorio che pure vanno considerate con grande attenzione.

Lasciamo anche da parte, per motivi di economia del discorso, i temi dell’intreccio inedito che si sta realizzando, ormai da qualche anno, tra struttura e sovrastruttura, in particolare nell’informazione: si tratta comunque di un tema assolutamente decisivo nella lotta sociale e politica di oggi.

Come può essere possibile avviare un programma di questo tipo nelle condizioni di crisi globale dentro cui, oggettivamente, ci stiamo trovando?

Torniamo ad un punto, già sollevato nelle settimane scorse ma presto abbandonato dal dibattito che ha ben altro di cui occuparsi: quello degli “eurobond”. Una occasione che la sinistra sembra proprio non voler cogliere e lasciare in mano agli egoismi dell’avversario.

Quella parte del movimento sindacale che non intende piegarsi al diktat e quei settori della sinistra che intendono portare avanti, assieme, un programma di opposizione e di alternativa, senza cadere nella trappola dell’omologazione ai modelli dell’avversario e senza legarsi a settori politici dai quali possono venire soltanto elementi di ulteriore sopraffazione per il movimento operaio, hanno il dovere di pensare, appunto, nei termini dell’opposizione per l’alternativa.

Raggiunta una propria autonomia sul piano programmatico e delle definizione di una soggettività di schieramento allora sarà possibile pensare ad una politica di alleanze temporanee, considerando che il Paese attualmente è governato da forze populiste, di estrema destra (questo il giudizio che si può dare, sinteticamente, dell’attuale maggioranza di governo) affrontando in questi termini, di autonomia e di contributo alla possibilità di sconfiggere l’avversario principale, le prossime scadenze politiche: eventuali elezioni anticipate incluse.

Savona, 5 Gennaio 2011                                                               Franco Astengo

 

 

 

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