ULTIMA GENERAZIONE [3]

Prima di prender visione della classifica di Forbes dei possessori dei più ricchi patrimoni del pianeta, facciamo un passo indietro, per vedere quanto sia cambiato il giudizio sulla capacità dei vertici del potere reale di incidere sulla società, e anzi forgiarla.
Prendiamo due esempi famosi, di attentatori che, oltre un secolo fa, pensarono di decapitare chi sedeva ai vertici dello Stato: il re o un principe ereditario. Mi riferisco, nel primo caso, al regicidio di Umberto I nel 1900 ad opera dell’anarchico Gaetano Bresci, che infatti dichiarò: “Io non ho ucciso Umberto, ho ucciso il re, ho ucciso un principio”; e nel secondo caso, a Gavrilo Princip, che sparò e uccise l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono di Austria-Ungheria.

L’anarchico Gaetano Bresci uccide il re Umberto I il 29 luglio 1900. Illustrazione di Achille Beltrami sulla copertina della Domenica del Corriere

Nel giro di soli 14 anni due importanti teste coronate, attuale o futura, caddero sotto i colpi di due attentatori, spinti da motivazioni idealmente diverse ma tradotte in azioni quanto mai simili. Anarchico italiano il primo, irredentista serbo-bosniaco il secondo. Entrambi guardavano ai vertici dei rispettivi Stati come retti da tiranni: l’uno per aver ordinata l’esecuzione di crimini scellerati, come il cannoneggiamento della folla ad opera del “macellaio” Bava Beccaris, ed altri prima di lui; l’altro per la forzata annessione all’Austria di Serbia e Bosnia-Erzegovina, con la provocazione, da parte della vittima designata, di sfilare in carrozza per le vie di Sarajevo proprio il giorno della festa nazionale di San Vito.

Ancora una tavola di Achille Beltrame a illustrare un secondo attentato, quello in cui morirono l’erede al trono austro-ungarico, arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia Chotek

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Che la motivazione sia anarchica, di più ampio respiro ideale, o irredentista, più limitata localmente contro un usurpatore, entrambi i circoli di provenienza ritengono inutili il dialogo o le trattative, oggi tanto di moda (a parole), e decidono di ricorrere alla violenza estrema quale unico modo di abrogare un’istituzione, come la monarchia, o di punire con la morte chi decide di annettersi una nazione d’imperio, in una versione intra-europea di colonialismo. Si tratta dunque della violenza considerata come unica possibile risposta alla violenza di Stato. D’altronde, lo Stato italiano, con Vittorio Emanuele III, subito succeduto a Umberto I, non ha forse applicato la violenza estrema su Gaetano Bresci, dopo averlo rinchiuso in un carcere duro, dapprima a Porto Azzurro, e infine a Ventotene, dove l’anno dopo fu trovato impiccato; anche se il sospetto fu quello del “metodo santantonio”, con alcune guardie che lo avvolgono in una coperta e poi lo finiscono a bastonate: un ennesimo delitto di Stato (spacciato per suicidio) per punire un delitto contro lo Stato.

Gaetano Bresci, l’uomo che sparò al re Umberto I il 29 luglio 1900, uccidendolo. Eroe e martire, o semplice terrorista? La linea che distingue i due attributi è quanto mai soggettiva

Se nel caso del regicidio italiano, come ho già accennato, cambiò soltanto la testa coronata, mentre la monarchia rimase più salda di prima, è solo per caso che all’attentato di Sarajevo seguì la Grande Guerra. Infatti, l’intera Europa era percorsa da venti di guerra già da molti anni; e la morte dell’arciduca non fu che la scintilla su un continente che non aspettava che un pretesto per incendiarsi. [VEDI] Ripercorrendo quegli eventi, non ho potuto che constatare quanto l’Europa di oggi, che fa a gara nel riarmarsi, mentre la sua vita procede in un’apparente normalità (al pari della Belle Époque, che cessò bruscamente al rimbombo delle dichiarazioni di guerra), si stia incoscientemente incamminando verso una, ancor più catastrofica, Terza Guerra Mondiale. [VEDI]
Ma torniamo ai nostri due eroi, o terroristi, secondo i punti di vista.

Gavrilo Princip, 19 anni, l’attentatore dell’arciduca Francesco Ferdinando, nel 1914. I posteri gli dedicarono grandi onori, trasformando persino in museo la sua casa natale. Ma non fu gloria perenne

Se Bresci, durante il lungo regno di Vittorio Emanuele III, godette di buona fama soltanto nel cuore degli anarchici (con Carrara come la città con più forti simpatie anarchiche), passando per terrorista nella considerazione del popolo, Princip, a guerra conclusa, fu salutato come un patriota bosniaco dal Regno di Jugoslavia e in seguito, dopo la Seconda Guerra Mondiale, come eroe nazionale jugoslavo dalla Repubblica Socialista di Tito, con esequie solenni delle sue ceneri e tanto di monumento commemorativo del suo gesto. [VEDI] L’assimilazione di Princip alla figura dell’eroe cadde con la disgregazione della Jugoslavia, e il suo gesto fu declassato a semplice assassinio, privo di esaltazioni patriottiche.
La mia riesumazione di due gesti tanto simili nella spinta ideale quando differenti nel ricordo dei posteri, intende sottolineare quanto sia solo la fortuna a decretarne il successo o il fallimento, l’apoteosi o la damnatio memoriae; nonché la differenza abissale della messa in atto del dissenso da parte di vecchi e nuovi indignados.

Richiesta la Sorveglianza Speciale, di tipo mafioso, per Simone Ficicchia, attivista di ULTIMA GENERAZIONE. Il senso delle proporzioni difetta nei giudici quando vedono rischi, sia pur remoti, per il sistema [VEDI]

La domanda provocatoria che ne segue è: eventuali emuli contemporanei di Bresci e Princip, su chi appunterebbero oggi la loro riprovazione, e la loro arma?
Di certo escluderebbero la classe politica, considerato che dispone di un potere limitato ed è facilmente sostituibile. L’esempio delle Brigate Rosse sta a dimostrarlo: l’uccisione di Aldo Moro ha forse spostato gli equilibri politici? Al re dei tempi di Bresci è subentrato un presidente della Repubblica, altrettanto sostituibile, come lo fu Umberto I. E ciò vale a maggior ragione per qualsiasi altro uomo (o donna) alle massime cariche della politica. Un idealista non rischia la pelle o l’ergastolo solo per dare sfogo alla propria frustrazione. “Non uccido un uomo, ma un principio”, come ebbe a dire Bresci. Quell’uomo deve dunque incarnare un principio, che cada con lui. Il compito era più facile un secolo fa, con un solo capo, il re, ad assommare in sé tutto il potere. Esistono ancora, oggi, personaggi simili?

Le manifestazioni di Ultima Generazione spaziano dalla deturpazione di opere d’arte al blocco del traffico, alienandosi le simpatie della gente. Per giunta, ammettono che siano “inutili” queste sceneggiate, che pure comportano scontri duri, fino agli idranti e ai gas lacrimogeni, con la polizia, ossia con i semplici body guard del potere, senza neppure scalfire i veri burattinai. Per giunta, come moderni apostoli, devono abbandonare ogni normale attività e, ancor peggio, rischiano anni di carcere.

Ma, oltre ad individuare l’uomo (o gli uomini) simbolo/i di un sistema, bisogna anche cercare in quali ambiti possa formarsi culturalmente l’uomo o la donna che prefiguri, con la morte del o dei responsabili dell’attuale deriva economica, sociale e ambientale, un significativo riassetto della società nei termini da lui o lei vagheggiati.

Gli attivisti di Extinction Rebellion sono più fedeli a manifestazioni simboliche, come abbiamo visto nel numero scorso, o a chiassosi raduni, come in questi giorni a Torino, vestiti da clown, in vista del G7

Come in un giallo a sfondo reale, cercheremo i “papabili”, da entrambe le parti della “barricata”, come fossimo un organo di polizia (intelligence si direbbe oggi), che identifica i possibili bersagli e i tiratori, al fine di prevenire i “delitti ideali” e mantenere lo status quo.
Confesso che il “fascicolo” mi è cresciuto tra le mani cammin facendo, dall’originario raffronto tra i metodi soft degli attuali contestatori e quelli violenti di storici patrioti. Ma la ricerca mi ha appassionato ben più delle mie originarie aspettative.   

[continua]

Marco Giacinto Pellifroni     5 maggio 2024

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