UCRAINA SULL’ORLO DEL BARATRO

Dopo 2 anni e mezzo di guerra si può ragionevolmente trarre qualche conclusione sull’esito di un confronto nel quale è emersa con estrema chiarezza la corruzione del governo di Kiev e la stoltezza dei vertici UE, in primis Ursula von der Leyen e l’alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza Josep Borrell, tenaci sostenitori della prosecuzione della guerra e anzi del suo allargamento, con l’intrusione dell’esercito ucraino in territorio russo.

Kiev, con l’avallo dei vertici Nato e UE, ha chiesto di poter usare i missili a lungo raggio ricevuti dall’Occidente per colpire la Russia in profondità. Ciò comporterebbe il rischio concreto di estendere a Europa e USA il teatro di guerra. L’Italia ha mostrato maggior prudenza, negando il suo assenso, a differenza di tante altre nazioni europee

UE e USA si sono creati un’immagine surreale di una guerra che, nonostante l’esborso, sinora, di oltre $ 200 miliardi, oltre alla fornitura di armi più o meno sofisticate, rifiutano di vedere con occhi lucidi. Il primitivo appoggio alla difesa ha finito per estendersi all’offesa, con l’invio di truppe ucraine in territorio russo, e in prospettiva con il lancio in profondità oltre confine di missili a lunga gittata: due scelte gravide di conseguenze sia per l’Ucraina che, potenzialmente, per l’Europa e per gli stessi USA.
Recentemente, la magistratura tedesca ha concluso le indagini sugli autori della distruzione sottomarina del North Stream, che convogliava gran parte del gas russo verso la Germania e l’Europa tutta, indicandone la matrice ucraina. Se teniamo presente che questo sabotaggio, sulle prime indicato come frutto di azione russa (!), ha azzoppato l’economia europea e in particolare tedesca, c’è da stupirsi del silenzio e della mancata reazione e cambio di postura nei confronti di un’Ucraina che, pur responsabile di un crimine simile, viene ciononostante aiutata, finanziariamente e militarmente.

L’invasione della russa Kursk, che nelle intenzioni dello stato maggiore ucraino doveva essere una mossa astuta e vincente, s’è risolta in una carneficina di ucraini, con oltre 2500 militari caduti in un singolo giorno e mai sotto la soglia di 500, più oltre 80 mezzi corazzati distrutti

Nonostante la valanga di armi fornite, sembra che la guerra, salvo svolte inaspettate, stia volgendo al suo naturale epilogo, con l’Ucraina che dovrà firmare la capitolazione alle condizioni che Mosca le imporrà. Ne uscirà una nazione distrutta, che Putin, accorpate le parti di suo interesse e iniziale casus belli, sarà ben disposto a lasciare all’UE, che dovrà ulteriormente dissanguarsi per tentare di ricostruirla, per la felicità delle imprese edili e di infrastrutture europee e americane: la tradizionale accoppiata di spese militari belliche e spese di ricostruzione post-belliche, atte entrambe a gonfiare il Pil dei Paesi esportatori e costruttori, nonché il già insostenibile debito ucraino, già oggi nelle mani impietose dei creditori internazionali.  

Stime dell’ONU stimano in circa 6,5 milioni gli ucraini rifugiati all’estero per sfuggire alla coscrizione. Ucraini che adesso Zelensky, a corto di uomini, reclama e le nazioni europee sarebbero ben liete di rimpatriare visto il loro peso sui budget statali. Solo l’Italia osserva religiosamente la farsa umanitaria e continua ad appesantire i suoi bilanci accogliendo chiunque decida illegalmente di varcare i suoi confini

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Questa guerra è quanto mai anomala, nel senso che, mentre la parte russa combatte con mezzi propri, la parte avversa dipende dall’estero sia per gli armamenti che per il suo funzionamento interno: senza i soldi occidentali, Kiev non avrebbe di che far funzionare la macchina statale, dagli stipendi pubblici alle pensioni, dagli ospedali ai trasporti alle paghe dei militari, che sono in graduale diminuzione per mancanza di fondi. L’Occidente rifornisce l’Ucraina di tutto, salvo che di soldati, in una guerra per procura, nella quale i vari “sponsor” non vanno oltre l’invio di qualche tecnico per addestrare all’uso delle sofisticate armi occidentali. Insomma, l’Ucraina è ormai una nazione che vive grazie alla respirazione artificiale dell’Occidente, di cui si candida al perenne saccheggio e vassallaggio.
Quanto ai soldati ucraini, si apprende dalle confessioni di alcuni di loro, fatti prigionieri, che vengono reclutati di forza e mandati al fronte senza la minima preparazione, tanto che gli stessi si definiscono “carne da cannone”. E non temono smentita, se solo si nota la loro falcidie, nell’ordine di 500-2500 caduti giornalieri. Si aggiunga che, oltre all’impreparazione, non c’è la volontà di combattere una guerra che perlopiù non condividono: oltre 6 milioni di uomini sono scappati all’estero (adesso l’UE vorrebbe rispedirli in patria, non più disposta a sostenerne i costi; in unità di intenti con Zelensky, che li rivorrebbe per mandarli al macello); e in gran numero disertano, preferendo, per loro stessa ammissione, diventare prigionieri che combattenti per una causa persa.

Il Ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov espone quali sono le “linee rosse” che gli occidentali stanno disinvoltamente travalicando senza rendersi conto che “stanno giocando col fuoco”

Naturalmente, perdite non trascurabili ci sono anche sul fronte russo. Ma il rapporto tra gli abitanti di Russia e Ucraina gioca a sfavore di quest’ultima, anche per la fuga, l’imboscamento e la diserzione di tanti potenziali combattenti; un fenomeno che ha costretto Zelensky ad abbassare l’età di leva, sulle orme di quanto fece Hitler negli ultimi mesi prima della sconfitta finale, buttando nella mischia giovani studenti, impreparati a sopportare le fatiche e lo stress dei combattimenti, dissanguando la popolazione ucraina. Inoltre, il grosso delle armi russe è prodotto in patria o proviene da nazioni, come l’Iran e la Corea del Nord, che non pongono certo le limitazioni che vengono sinora imposte dalla Nato, per il timore di allargare il conflitto. A tale riguardo, il Cremlino, per bocca di Putin e del suo Ministro degli Esteri Lavrov, sta mettendo in guardia l’Occidente dal travalicare disinvoltamente le “linee rosse” a suo tempo delineate per evitare di entrare in conflitto. Lo stesso Putin ha affermato che, se l’Occidente autorizza l’uso di armi capaci di colpire in profondità la Russia, quest’ultima si vedrà costretta a fare altrettanto, in via diretta o tramite nazioni alleate; e considererà suoi possibili bersagli non solo le nazioni europee, ma gli stessi Stati Uniti, che non dovranno più considerarsi al sicuro grazie alla loro posizione geografica in mezzo a due oceani. Infatti, la Russia sta già modificando la sua “dottrina nucleare”, per adeguarla all’escalation della Nato. Di fronte a minacce simili, solo la Cina s’è espressa invitando alla calma e al non ricorso ad armi nucleari, mentre l’Occidente si comporta come se si trattasse di “giochi di guerra” a tavolino.

La renitenza alla leva dei maschi ucraini è tale che il governo stima in circa 800.000 il numero di potenziali combattenti datisi alla macchia e divenuti lavoratori in nero, contribuendo così al deficit statale. Per le strade delle città ucraine si vedono pertanto in maggioranza donne, bambini e anziani

D’altronde, lunghi periodi al fronte senza la dovuta rotazione porta alla diserzione e al rifiuto di eseguire gli ordini

A dimostrazione dello scarso entusiasmo e del morale basso dei soldati ucraini, sia per lo stress che per il volume di fuoco avversario, sono in corso circa 80.000 processi marziali contro altrettanti imboscati o disertori

Si apprende inoltre, sempre per bocca di prigionieri catturati dai russi, che i soldati impegnati nell’invasione di Kursk, decisa in tutta segretezza, non furono informati che avrebbero combattuto in territorio russo, per il timore di ribellioni e defezioni.
Una mossa così avventata fu fatta nell’illusione di alleggerire il fronte del Donbass, immaginando che i russi avrebbero riposizionato a Kursk parte delle truppe ivi impegnate. Così non fu e si ottenne invece l’effetto contrario: sul fronte russo vennero spostate le forze migliori dal Donbass, lasciandolo sguarnito e permettendo una più rapida avanzata dell’armata russa verso punti strategici; mentre a Kursk i russi inviarono forze fresche (anche richiamandole dall’Africa), smantellando puntualmente gli armamenti occidentali, pur camuffati, e falcidiando gli uomini incautamente inviati sul proprio territorio. Insomma, quella che Zelensky e il suo stato maggiore ritenevano sarebbe stata una mossa astuta, vincente e umiliante per l’avversario, gli s’è ritorta contro.

Nonostante penda sul suo capo un mandato d’arresto spiccato dalla Corte Penale Internazionale dell’Aia, Putin è stato ricevuto con tutti gli onori in Mongolia, a ulteriore dimostrazione che quanto vige nella zona occidentale assume sempre minor peso, se non decisa avversione, in quella orientale

I nostri strateghi occidentali, specie i più assetati di guerra, spingono l’Ucraina verso una escalation, nella speranza che la Russia perda la pazienza sin qui dimostrata, e metta mano al suo arsenale nucleare, giustificando così una pari risposta da parte della Nato. Ma Putin, dimostrando la freddezza di un saggio statista, ha già fatto sapere: primo, che l’Occidente può inviare quante armi vuole, tanto saranno distrutte una ad una; secondo, che non avrebbe bisogno di ricorrere al nucleare qualora volesse radere al suolo l’Ucraina: gli bastano e avanzano gli aerei, i droni e i missili di cui dispone, in particolare quelli ipersonici, di devastante potenza, di cui sinora ha fatto un uso limitato alla reale necessità.
Ora resta da vedere se, nonostante le evidenti difficoltà delle forze ucraine, i vertici Nato e UE si ostineranno nel cercare una vittoria impossibile, arrivando, oltre che ad autorizzare l’uso di missili a lunga gittata per colpire la Russia nel profondo, anche ad inviare truppe Nato in sostegno a quelle ucraine. Non è un salto da poco: sarebbe un’esplicita dichiarazione di guerra contro la Russia; mentre sinora il fatto di armare fino ai denti una nazione perché ne colpisse una terza “per legittima difesa” passava come semplice aiuto ad una nazione aggredita. Sottigliezze del lessico militare.

Quando Putin parla di speculari ritorsioni verso Paesi europei nel caso dell’uso ucraino di missili a lunga gittata, nonostante un rapporto Italia-Russia tradizionalmente migliore di quello di altre nazioni europee, la presenza di basi americane dotate di armi nucleari fa dell’Italia un bersaglio primario [VEDI]

È opinione mia, e naturalmente non solo mia, che questa non sia una guerra locale, bensì una conferma che il mondo, dopo la sbornia della globalizzazione, si stia nuovamente spostando verso una divisione in blocchi d’influenza; così come accadde alla Conferenza di Yalta nel 1945, che pose le basi per una divisione anche fisica (la famigerata “cortina di ferro”) del blocco occidentale da quello orientale: Yalta era stata preceduta, nel 1944, dalla Conferenza di Bretton Woods, nella quale gli Stati Uniti decretarono la loro primazia militare e monetaria all’interno della loro sfera d’influenza.

Yalta, 4 febbraio 1945. Con gli orrori della guerra ancora in corso, i 3 futuri vincitori, Churchill, Roosevelt e Stalin, si accordano per la divisione del mondo in sfere d’influenza: qualcosa di analogo si sta ripetendo quasi 80 anni dopo, con la guerra in Ucraina a fare da segnale anticipatore del fenomeno

I tentativi di opporsi al dominio del dollaro sancito a Bretton Woods, ed enfatizzato a pre-dominio da Nixon nel 1971 col suo sganciamento dall’oro, finirono in altrettante guerre brutali, prima in Iraq e poi in Libia. Oggi, la fuga dal dollaro non deve più temere esiti simili, in quanto è in atto da parte di una coalizione di Stati che include colossi come Cina, Russia e India, per citare i maggiori: il gruppo dei BRICS, nel quale stanno via via confluendo altre nazioni, insofferenti della prevaricazione dell’Occidente in varie forme: dai prestiti condizionati alle nazioni più povere (FMI, Banca Mondiale), alle sanzioni commerciali e finanziarie, comminate senza sosta dalle nazioni dominanti, USA in testa, alle nazioni che non si adeguano ai loro canoni, e infine alla sudditanza del mondo intero alle valute occidentali.

Il nucleare ha funto sinora da dissuasore dal passare dalla guerra fredda e dai conflitti locali ad una Terza Guerra Mondiale. Mi auguro che gli “strateghi” euro-americani smettano di assecondare le pretese ucraine di un nostro sempre maggiore coinvolgimento in quello che sta diventando l’anfiteatro di una suicida prova di forza sul ciglio del baratro.

Marco Giacinto Pellifroni     8 settembre 2024

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3 thoughts on “UCRAINA SULL’ORLO DEL BARATRO”

  1. Marco Come al solito dimostri di avere le idee chiare ed obbiettive.
    Condivido 100% e se cerchi i miei vecchi articoli sull’argomento’ gia’ due anni fa confermavano la tua/mia visione.
    Siamo nelle mani di irresponsabili e quel Borrell e’ un. Idiota irresponsabile, naturalmente socialista, che si permette di criticare l’Italia, al quale unica risposta sarebbe la classica pernacchia!
    Piuttosto, sento amici americani che temono brogli nelle prossime elezioni a sfavore d Trump; speriamo non succeda, perche la Coppia Obama – Harris non mi lascerebbero affatto tranquillo!
    Un abbraccio

    1. A dirtela tutta, non è che sarei molto più tranquillo se vincesse Trump, che pochi giorni fa ha detto a chiare lettere che se gli USA perdono il dominio del dollaro, per loro è finita la danza. Il che significa che, in caso di sua vittoria alle elezioni, faranno fuoco e fiamme (leggi guerre) per contrastare i BRICS, che assomma le maggiori potenze nucleari del mondo, spiccatamente anti-occidentali. Quanto alla Harris, mi piace il suo atteggiamento avverso a Netanyahu. Ma mi fermo qui. In Ucraina manterrà la posizione bellicista di Biden. Un bel dilemma

  2. Analisi lucidissima. Sono pienamente d’accordo con te. Sulla salute mentale dei vertici Nato nutro però qualche riserva e temo che qualche “stratega” d’oltreoceano non si farebbe scrupolo di sganciare qualche confetto nucleare col pretesto di anticipare Putin. Pier Franco

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