SPIGOLATURE: SULLE SPONDE DELL’ARNO

DERIVE. Rispondere alla violenza con la violenza può essere nefasto. Quei balordi che allo squadrismo fascista nel liceo hanno replicato con l’effige della premier e di un ministro mostrati a testa in giù non hanno fatto altro che imitare gli aggressori. Ormai affrontare le sfide con cinismo e sarcasmo significa inasprire la spirale dell’odio che non porta da nessuna parte, se non ad aizzare le derive nostalgiche. L’antifascismo è un’altra cosa, una cosa seria, storicamente ineccepibile, da mantenere viva e da usare coi modi giusti nei momenti giusti. La bella, appassionata manifestazione di Firenze svoltasi nel segno di una idea della ritrovata sinistra che non muore ha toccato corde profonde che parlano al cuore. Al loro confronto le scomposte, beffarde reazioni della destra del tutto assurde in un’epoca carica di angustie confermano che il messaggio salito dalle sponde dell’Arno è quello giusto.

PIETÀ. Rimane una ferita che il tempo non è riuscito a cicatrizzare la sorte dei caduti italiani in Russia durante la Seconda guerra mondiale. Il rimpatrio delle salme si è rivelato e si rivela ancora oggi molto laborioso a causa delle enormi difficoltà incontrate nel localizzarle in quelle sterminate contrade. A volte le notizie accendono la speranza di altri ritrovamenti come quello recente di sei artiglieri rimasti sepolti per oltre ottant’anni coperti di terra, neve e ghiaccio in una località non lontana dalla città di Rostov. Come tanti altri soldati male equipaggiati, anche questi hanno finito col pagare un prezzo altissimo per essere stati mandati allo sbaraglio nel nome una ideologia bacata. Ora, quelle povere ossa, restituite alla pietà dei vivi, potranno finalmente tornare alle loro famiglie che tanto hanno sofferto e ricevere una degna sepoltura. Nel rendere loro il dovuto e commosso tributo non si dovrà tuttavia mai dimenticare in quale terribile contesto le loro giovani vite furono brutalmente spezzate sull’altare dell’insana stoltezza del regime.

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MOSTRO. Più che una bomba planante di fabbricazione russa è un mostro di acciaio che sembra uscito dalle pagine dell’horror fantascientifico. Finora mancano soltanto le prove che l’episodio sia realmente avvenuto, per trasformarla in un ordigno spaventoso di rara potenza distruttrice. Se l’UPAB-1500B-E, ossia la sigla con la quale il micidiale congegno è stato repertoriato dai suoi creatori, abbia avuto davvero il battesimo del fuoco sul fronte ucraino è notizia mai confermata da Mosca. Tuttavia già solo il pensiero che quella tonnellata di esplosivo telecomandata e capace di colpire nel mucchio sia pronta all’uso negli arsenali del Cremlino, basta e avanza per mettere i brividi e aggiungere una ulteriore minaccia ai danni della popolazione civile. Il nuovo jolly di Putin fa la sua comparsa in una fase del conflitto sempre più cruenta ove non ci sono le condizioni perché la situazione si avvii su un percorso pacifico. A questo punto chi stia dalla parte dell’aggressore si trova davvero dal lato sbagliato della storia.

MALE. È vero. Alla fine l’umanità vince sempre. A dispetto dell’emergenza di una guerra che nessuno ha voluto ma che con insistenza spinge alle nostre porte, l’essere umano trova le risorse per risollevarsi dall’orrore. Ma a che prezzo? Se la vulgata trumpiana bolla come terroristi gli antifascisti, non sarà certo lo sproloquio dell’ex presidente a spegnere la fiamma della speranza. Anche nelle peggiori circostanze l’ardore dell’anima si è rivelato più forte della prevaricazione dell’uomo sull’uomo. Mastroianni salvato da una giovane russa durante la ritirata, oppure la spiga che il burbero Don Camillo dal cuore buono porta alla madre del figliolo caduto al fronte sono vicende che letteratura e cinema hanno saputo raccontare con sentita partecipazione. Nel segno dell’umanità esse sono andate componendo pagine esplicite di un dramma che taluni svicolano quando sentono parlare del male assoluto.

Renzo Balmelli da L’avvenire dei lavoratori
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One thought on “SPIGOLATURE: SULLE SPONDE DELL’ARNO”

  1. Grazie Balmelli per queste giuste e umanissime considerazioni che danno un valore aggiunto e dignità culturale a “Trucioli savonesi”. Un saluto fraterno da Fulvio Sguerso

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