Shoah

Memoria, vento e cenere
Quando Shoah non significa solo ricorrenza

Memoria, vento e cenere
Quando Shoah non significa solo ricorrenza
 
Siamo d’accordo, il 27 Gennaio serve “a non dimenticare”, a ricordare per far sì che le atrocità dello Sterminio non accadano mai più. Ma vi prego, fate che non sia la smania di qualche giorno e tenete a mente che se indignarsi richiede poco impegno, tenere lontane certe idee brutali dalla mente delle persone sbagliate può risultare assai complicato

Quando ricordiamo con sdegno l’Olocausto dovremmo pensare che fu proprio la società dell’epoca a permetterlo, tramite la miope legittimazione del confino degli individui scomodi per una società bisognosa di produrre e di eliminare chiunque costituisse un peso, una bocca in più da sfamare, improduttiva tanto nell’immediato quanto in prospettiva futura. Questo fu il primo passo e tutti i pazienti psichiatrici, neurologici e tutti i deformi, compresi i bambini, furono internati dopo il convincimento delle famiglie da parte del governo Tedesco. Dissero di possedere finalmente cure d’avanguardia, pericolose ma attuabili; un pretesto orribilmente scaltro per poter trasferire tutti coloro che pesavano sull’economia del paese presso centri appositi, ucciderli servendosi di personale scelto e fornire ai familiari delle vittime informazioni false ma plausibili sulla morte dei congiunti. Ciò accadeva anche a coloro i quali erano affetti da patologie ereditarie, allo scopo di “depurare” il sangue della popolazione tedesca, ammaestrata ad un razzismo e ad un’intolleranza giustificati con la convenienza sociale della produttività e le folli proposizioni dell’eugenetica (quale linfa vitale se non un potente di un nazionalismo latente?).

Non mi dilungherò sui metodi utilizzati per l’eliminazione fisica dei pazienti, basti pensare però che non vennero adottate strategie eccessivamente cruente in quanto anche gli esecutori conservavano un umano raccapriccio nell’adempimento di certi compiti. Quando tutto ciò venne alla luce il governo cessò di operare in via ufficiale per non turbare eccessivamente l’opinione pubblica, ma continuò lo sporco lavoro all’interno di ciò che ognuno di noi conosce con il nome di Campi di Concentramento, deportando, oltre coloro i quali venivano ritenuti un peso per la società, ebrei, omosessuali e dissidenti politici.

Ogni anno spendiamo parole di commozione e sdegno in occasione di quella che per molti è ormai una piccola ricorrenza, senza però rrammentare come il veleno della discriminazione stia circolando a gran velocità all’interno delle arterie sociali di ogni realtà, che non cessa di allontanare il diverso ed il malato in nome di uno status perbenista e deplorevolemte benpensante. Viviamo in un paese il cui Governo, nel 1938, emanò le Leggi Razziali Fasciste per il compiacimento di un Hitler con il quale stringerà poi il Patto d’Acciaio ed è necessario ammettere che, trovandoci attualemente nel più furioso marasma sociale tra scandali politici e crisi economica, la trasposizione storica può essere forzata ma non proprio irragionevole.

Savona, Medaglia d’Oro per la Resistenza, dopo 66 anni dalla Liberazione è certo tenuta a non ridurre la Memoria ad una questione di correttezza politica e dovuta tolleranza. La responsabilità morale ed intellettuale dei cittadini dovrebbe scuotere le coscienze e ravvivare la forza necessaria a spezzare la morsa psicologica dell’Italia dei tronisti e del razzismo, la volontà che spinse i cittadini a non cedere sotto i colpi della dittatura xenofoba.

Un vecchio partigiano mi disse quand’ero bambino che “a Savona fischia il vento”. E da allora lo credo fermamente.

     Davide Frumento

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