SHOAH, NEGAZIONISMO E ASSORDANTI SILENZI II

Prima parte
Il linguaggio non è uno strumento neutrale, almeno nell’uso comune  dei parlanti e scriventi di una determinata comunità linguistica, tanto che vale sempre l’adagio “Dimmi come parli (o scrivi) e ti dirò chi sei”, variante del famoso detto del naturalista e matematico Georges-Louis Leclerc conte di Buffon: “Lo stile è l’uomo”. E non solo il parlare ma anche il tacere ci parla dell’identità e del carattere di un interlocutore; ad esempio: perché elude domande scomode o tace su certi argomenti che pure sono all’ordine del giorno quanto quelli sui quali si diffonde?

Georges-Louis Leclerc conte di Buffon

Ci sono poi espressioni che rivelano senza infingimenti la posizione ideologico-politica del parlante (o dello scrivente); per esempio, chi usa un’espressione come “gli antifascisti in servizio permanente effettivo” lascia pochi margini al dubbio su quale sia la sua scelta di campo; così come la frase in altro contesto “Devi dunque sentirti impotente e consegnarti completamente al potere costituito”, a parte la fallacia logica di quel “devi dunque” che dà per scontato il sentimento di impotenza del cittadino obbediente ai decreti governativi anti Covid, il senso della frase è: “Abbasso il potere costituito, viva l’anarchia!”, se no cos’altro intende dire l’autore della frase sopra citata? Forse che il novanta per cento degli italiani è stato coartato, senza che se ne rendesse conto, da un potere dispotico e onnipervasivo come nella distopia descritta da Orwell nel suo celebre romanzo 1984 ?
In tal caso non rimarrebbe come argomento  che un TSO. E ancora, se prendiamo il titolo che campeggia sul quotidiano La Verità di oggi (22 / 02 /2022), cioè “Le brigate Speranza vacillano”, quale messaggio si vuole trasmettere se non “Forza italiani disobbedienti, diamo una bella spallata al governo, così andremo finalmente a votare per Giorgia Meloni (o magari per Gianluigi Paragone!)”. Questo per dire che siamo responsabili, come per le nostre azioni, anche del linguaggio che adoperiamo. Come spiega Roberta De Monticelli nel suo saggio Il dono dei vincoli : “La mancanza di questa responsabilità finisce per distruggere il più prezioso bene comune che abbiamo: la luce delle parole. E nutre la chiacchiera giornalistica più vuota o la deformazione più sinuosa dei fatti, nutre il pugilato verbale dei talk show e la retorica dei demagoghi, ma anche il vuoto roboante delle formule di successo, dal marketing politico a quello pubblicitario. Imparare la responsabilità nell’uso delle parole, armarsi degli strumenti della critica logica è oggi una condizione necessaria per il buon esercizio della nostra sovranità di cittadini (già Kant chiamava il filosofo a farsi ‘voce della ragione’ nella spazio pubblico, lo spazio della ragione o del dibattito pubblico, che è un elemento fondamentale della democrazia) e per l’autodifesa da tutti  i ‘cattivi maestri’ “.

Già, ma quando i cattivi maestri oggi sono una legione che marcia compatta  nei salotti televisivi, nei canali cosiddetti “alternativi” come Byoblu, nei social più frequentati e sui giornali “indipendenti” come La Verità di Maurizio Belpietro e Francesco Borgonovo in guerra permanente contro l’ attuale establishment (in nome e per conto di quale altra tipologia di establishment ancora, confesso,  non mi è chiaro) la difesa della voce della ragione  nei media e nella pubblicistica corrente appare come un’impresa sempre più ardua. Ma come difendere in pratica  la voce della ragione nello spazio pubblico? Oltre alle indicazioni metodologiche sulla logica e sull’etica del linguaggio in generale fornite dalla De Monticelli nell’ opera citata, e al saggio di Gianrico Carofiglio: La nuova manipolazione delle parole , Feltrinelli, 2021,  fondamentale (almeno per chi non intenda adoperare il linguaggio a scopi propagandistici e mistificatori) rimane il saggio di Jurgen  Habermas  su l’ Etica del discorso , Laterza, 2009. Ora ci viene in aiuto (il “ci” evidentemente si riferisce a chi è dotato di raziocinio o anche solo di buon senso, nonché di onestà intellettuale) il libro di Donatella Di Cesare sul, anzi, contro il negazionismo vecchio e nuovo: Se Auschwitz è nulla .

Nuova edizione ampliata. Bollati Boringhieri (2022). La Di Cesare, docente di Filosofia teoretica presso l’Università La Sapienza di Roma,  non ha scritto l’ennesima confutazione delle teorie negazioniste della Shoah, delle camere a gas e dei forni crematori, ma ha indagato i motivi per i quali queste teorie aberranti sotto ogni punto di vista siano tuttora presenti e circolanti, soprattutto nei siti web della destra estrema specializzati sull’argomento e riescano ancora oggi a fare proseliti e a proporsi come “alternativa” alla narrazione storica ufficiale, secondo loro basata sul cosiddetto “pensiero unico dominante” imposto dai vincitori della seconda guerra mondiale. Il saggio si apre  con una Premessa nella quale l’Autrice spiega il motivo della riedizione ampliata : “Questo libro, nella nuova edizione, è, inattesa e traumatica, di un processo penale che ho dovuto subire per aver dato del ‘negazionista’  a chi ritenevo fosse tale in un articolo pubblicato su ‘La Lettura’, il settimanale culturale del ‘Corriere della Sera’. Il 22 ottobre 2018.

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Il processo si è concluso, davanti al Tribunale di Milano, con la mia assoluzione in formula piena il 12 gennaio 2021”. Ma in che cosa consiste l’attuale negazionismo? Con la risposta a questa domanda entriamo nel vivo della materia trattata dall’Autrice: “Il negazionismo è una forma di propaganda politica  che negli ultimi anni si è diffusa entro lo spazio pubblico coinvolgendo ambiti diversi e assumendo accenti sempre più subdoli e violenti. Sarebbe pertanto un errore sottovalutarne la rilevanza, cioè quegli effetti, ben al di là del modo di interpretare la storia del passato, minacciano la comunità interpretativa del futuro. Basti pensare alla recente sconcertante negazione della pandemia, non riducibile a frange estreme, per tacere di coloro che ridicolizzano o banalizzano l’emergenza climatica. I casi son molteplici e vari. Ormai si può parlare di una vera e propria storia dei negazionismi nel XXI secolo, che deve ancora essere scritta. Nel rifiuto della ‘versione ufficiale’, nella millantata ricerca di una ‘informazione alternativa’, il negazionismo lascia intravvedere quel dispositivo del complotto che ne costituisce la matrice. Ecco perché solo considerandone i nessi con fenomeni che lo precedono e lo sostanziano, primo fra tutti il mito potente del ‘complotto ebraico mondiale’ , si può tentare di cogliere il negazionismo attuale nella sua portata devastante”.

E può ben dirlo la Di Cesare, dal momento che in seguito alla prima pubblicazione di questo libro è stata minacciata da gruppi di estrema destra tanto che ha dovuto vivere sotto scorta per quasi tre anni.  Nella pagina sopra citata abbiamo in compendio la tesi di fondo dell’Autrice, ma, entro questo quadro, emergono i tratti nichilistici della negazione di cui i negazionisti si fanno interpreti: Qual è infatti il loro intento? E’ quello di cancellare la memoria dei crimini commessi contro l’umanità. Di nuovo: “Chi sono i negazionisti? Chi sono quelli che negano che le camere a gas siano mai esistite, tentando di organizzare una menzogna così enorme? Sono anzitutto gli hitleriani di seconda, terza, quarta generazione. La loro ‘opinione’ è la verità di Hitler”. Per questo motivo l’Autrice insiste nel negare che quelle dei negazionisti siano opinioni, non possono essere considerate opinioni le loro negazioni della realtà di quello che è accaduto , e per questo è un errore anche solo confutarle con documenti alla mano: non è possibile confutare il  nulla.

“Perciò la questione del negazionismo non può essere relegata al dibattito storiografico o alle strategie interpretative. E va inserita nel contesto politico. La domanda sul chi – chi nega? – è connessa con quella sul perché, e dunque sul fine ultimo della negazione. Per i negazionisti le camere a gas non sono esistite, perché non potevano esistere. Ma negare l’esistenza delle camere a gas vuol dire che ce ne potrebbero ancora essere. Negare lo sterminio significa che l’obiettivo non è stato raggiunto: Hitler avrebbe fatto del suo meglio, e tuttavia l’opera non sarebbe compiuta. La negazione di ciò che ha avuto luogo è il dover essere dell’antisemitismo assoluto”. Per quanto incredibile possa sembrare, Donatella  Di Cesare (come d’altronde Liliana Segre) ci dice che i negazionisti continuano a esistere: ai vecchi sono subentrati i nuovi e chiedono di essere letti ed ascoltati e purtroppo qualcuno li ascolta. Significativa la dedica del libro “Alla memoria di Shlomo Venezia, membro del Sonderkommando di Auschwitz- Birkenau. Salonicco 1923 – Roma 2012). Anche quando tutti i testimoni dello sterminio incompiuto saranno morti, le loro memorie scritte testimonieranno per loro.


Fulvio Sguerso

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