Scienza

L’ultima volta che nella Scienza
 fu usato il Latino

L’ultima volta che nella Scienza
 fu usato il Latino
 
Chi inizia lo studio dell’Elettromagnetismo, si imbatte inevitabilmente nell’esperimento di Hans Christian Oersted (1820)(1) dal quale tutte le scoperte pionieristiche sperimentali di Michael Faraday, prevalentemente, prendono spunto. Scoperte poi espresse in forma matematica da James Clerk Maxwell nella seconda metà del XIX Secolo in quelle splendide quattro equazioni in cui tutto l’Elettromagnetismo è sintetizzato.
L’esperimento è di una semplicità estrema e chiunque può ripeterlo anche in casa: l’ago di una bussola orientata secondo il meridiano magnetico locale, è deflesso se sopra di esso si pone un conduttore percorso da corrente continua. Esperienza che “letta” con il linguaggio dei primi decenni dell’ottocento asseriva che “un fluido elettrico galvanico influenzava il fluido magnetico dell’aghetto secondo una azione trasversale”. Prima di Oersted questo necessario legame fu tentato da diversi Fisici facendo passare il “fluido elettrico” dentro l’aghetto con risultati spuri e inconcludenti, eppure era ben noto che l’azione di un fulmine fece invertire la polarità della bussola di bordo in una nave, come riporta François Arago. La stessa pretesa di priorità di Gian Domenico Romagnosi del 1802 di questa scoperta è del tutto destituita di fondamento poiché la “corrente” attraversava sicuramente l’aghetto.
La trasversalità dell’azione sull’aghetto sconvolgeva il concetto Newtoniano di “azione a distanza” che non prevedeva appunto che le forze potessero avere una simmetria di tipo assiale. C’è persino chi sostiene che la scoperta di Oersted fu casuale (ma quale scoperta non lo è?) ma casualità o meno H. C. Oersted fu talmente consapevole dell’aspetto rivoluzionario e della portata della sua scoperta dall’averne pubblicato i risultati con stampa in proprio e in Latino, lingua da almeno un secolo abbandonata dalla comunità scientifica. In latino furono, infatti, pubblicate alcune sintesi di Isaac Newton, anche se l’Ottica di Newton con il vecchio spelling “Opticks” appare in lingua Inglese nel 1707.

Perché Oersted volle pubblicare in Latino, temo sia un problema mal posto, ma che Oersted fosse pienamente consapevole della portata rivoluzionaria dell’esperimento emerge dalla cura con cui elenca minuziosamente i nomi delle persone presenti e testimoni della deviazione dell’aghetto magnetico e, probabilmente, dall’avere preferito una comunicazione diretta tramite la stampa in proprio, anziché affidare la scoperta ad una delle tante riviste di Fisica che esistono ancora oggi con lo stesso nome come Annalen der Physik o Philosophical Transactions of the Royal Society. Solo successivamente all’uscita della stampa in proprio, Annalen der Physik pubblica in Tedesco il resoconto scritto in Latino e l’esperimento viene ripetuto e ripubblicato sulle principali riviste scientifiche dell’epoca. Ma … a proposito: è corretto il Latino usato da Oersted nel titolo?

  1.   H. C. Oersted, “Experimenta circa effectum conflictus electrici in acum magneticam” (København, 1820)

 

Salvatore Ganci                        10 febbraio 2011

 

http://www.salvatoreganci.it

e-mail: museodellascienza.s.ganci@gmail.com

 

Condividi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.