San Francesco e la caduta di Netanyahu
San Francesco, un gigante dell’umanità a prescindere dalle credenze. Francesco fu soldato prima della conversione che lo portò a diventare un paladino della pace. Dopo ottocento anni, l’ordine da lui fondato ancora custodisce una terra che dovrebbe essere santa se non fosse per erodi come Netanyahu. Bramoso di gloria e acciecato dall’odio costruisce castelli sulla sabbia egoistica nella speranza dell’eternità. Meschine illusioni, solo quello che è costruito sulla roccia dell’amore resta.

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Netanyahu è incontenibile in queste settimane, se dovessero prevalere i suoi deliri per i palestinesi sarebbe davvero la fine. Una vittoria sull’Iran darebbe al sionismo mano libera per proseguire il genocidio, deportare milioni di palestinesi e realizzare la Grande Israele. L’unico ostacolo di Netanyahu è la totale dipendenza dagli Stati Uniti per soldi, armi e uomini. È da un anno che fa di tutto per scatenare una guerra regionale e a Washington sono indecisi sul da farsi. I falchi della lobby ebraica vogliono lo scalpo dell’Ayatollah ma vi sono anche voci più prudenti mentre Biden ormai è un presidente ombra. Colpire l’Iran potrebbe avere gravi conseguenze strategiche ma anche economiche, coi loro pozzi fuori uso il prezzo del greggio schizzerebbe alle stelle. Poi ci sarebbero i cittadini americani anche se pare non contino nulla nemmeno sotto elezioni, sono imbestialiti perché perfino le vittime dell’ultimo uragano hanno ricevuto briciole mentre a Tel Aviv grondano miliardi. Stati Uniti d’Israele. Ormai l’hanno capito anche i cammelli sauditi, questa guerra la vuole solo l’ego tossico di Netanyahu e quello dei suoi complici. I cammelli concordano pure che per interrompere l’escalation e tornare ad usare il cervello invece che il mitra, deve cadere l’erode dei nostri tempi. Il problema è come. Secondo alcuni potrebbe bastare una bella batosta da parte degli Hezbollah. L’uccisione di Nasrallah non ha fatto che motivare le milizie che attendono da una ventina d’anni questo momento e le prime notizie dal fronte sono nere. Una sconfitta militare avrebbe gravi conseguenze politiche per il governo Netanyahu visto che nemmeno a Gaza ha concluso nulla. È un anno che sganciato bombe ovunque. Migliaia di tonnellate. Decine di migliaia di morti per ottenere solo disprezzo da parte del mondo intero. Altra possibilità per far cadere Netanyahu potrebbe essere un colpo di stato, la società israeliana è esausta e arrabbiata, la crisi economica punge e da un anno chiede a vanvera un accordo per portare a casa gli ostaggi. Pare poi che anche dall’esercito giungano malumori, riservisti e truppe provenienti da tutto il pianeta per la grande mattanza pare siano stremati e comincino a chiedersi il senso di ripetere le solite fallimentari ricette sulla loro pelle.

Benjamin Netanyahu https://www.lanotiziagiornale.it
Basterebbe che i carrarmati israeliani facciano inversione e nel giro di un paio d’ore sono sotto l’ufficio del premier. Certo, non è che al posto di Netanyahu arriverebbe un Gandhi ma basterebbe qualcuno dall’ego più salubre per una svolta. Ma la possibilità più realistica affinché Netanyahu si dedichi al gioco delle carte meglio ancora se in un penitenziario, è che l’Occidente lo molli in tronco. Gli Stati Uniti ma anche l’Europa devono bloccare armi e soldi ed invece di offrirgli copertura politica, sostenere la linea dell’ONU. Niente di eccezionale, basterebbe che l’Occidente per una volta sia coerente con le regole che si è dato e coi valori che professa. Ultima opzione, quella che l’Iran e tutto il mondo arabo alla fine siano costretti alla guerra e la vincano cancellando Israele dalle mappe geografiche come da quelle parti molti auspicano da mo’. Per Netanyahu sarebbe un epilogo da ducetto del secolo scorso e questo indubbiamente gioverebbe alla causa palestinese che avrebbe l’opportunità di riniziare tutto dal 1948. Ma se al contrario invece Netanyahu o meglio gli Stati Uniti vincessero, per i palestinesi sarebbe davvero la fine. Nessuno ha fatto nulla per loro in oltre settant’anni, figuriamoci se nasce la Grande Israele. L’unica certezza è che oggi è San Francesco, gigante dell’umanità e paladino della pace. Sono passati ottocento anni da quando Francesco sbarcò ad Acri in quella che allora era la Terra Santa, secoli che non hanno minimamente intaccato la sua eredità spirituale costruita sulla roccia dell’amore universale. Una eredità quindi eterna mentre degli erodi non rimane che cenere.