RIFLESSIONI SUL CONCETTO DI LIBERTA’

Oggi vorrei proporre ai lettori di “Trucioli savonesi” alcune mie riflessioni sul concetto di libertà. Che significato ha, per me, la parola libertà così ricca di significati etici, estetici, psicologici, storici, politici, giuridici ed esistenziali? Intanto queste mie riflessioni, più che sulla parola, vertono sull’effettiva possibilità di essere e di sentirmi veramente libero. Come posso dubitarne? Non sono forse libero di fare in ogni momento del giorno e della notte quello che mi pare e piace? E se non lo faccio è perché non lo voglio o perché non lo posso fare? Quante cose posso fare anche chiuso in una stanza? Ma un conto è chiudersi volontariamente in una stanza, un altro esservi rinchiusi contro la nostra volontà (mi torna in mente quel pensiero di Pascal secondo il quale “Tutta l’infelicità degli uomini deriva da una solo causa: dal non sapere starsene da soli nella propria camera”). Insomma, un conto è rimanere in casa per scelta e perché non si ha voglia di uscire, un altro non poter uscire di casa perché qualcuno o qualcosa ce lo impedisce.

A un carcerato rimangono ben poche libertà di agire; gli rimane, direbbero gli Stoici, la libertà di pensare o di suicidarsi; ma non sempre: quale libertà di pensare rimaneva ai prigionieri rinchiusi nei lager nazisti in lotta perpetua per un tozzo di pane, contro il freddo, le malattie, la fame,  la sete e la dissenteria? Si legga o si rilegga Se questo è un uomo di Primo Levi – consiglio non richiesto e probabilmente vano a quei no green pass ben pasciuti che si sono oscenamente travestiti da prigionieri nel lager di Auschwitz-Birkenau – per capire il significato non solo della parola ma dell’essenza stessa della libertà. Ma come potremmo definire la libertà in generale? Leggo nella Garzantina: “E’ lo stato in cui un soggetto può agire senza costrizioni o impedimenti e possedendo la capacità di determinarsi secondo un’autonoma scelta dei fini e dei mezzi adatti a conseguirli”. Bene: in base a questa definizione quanti “soggetti”, a cominciare dal sottoscritto, possono affermare di essere veramente liberi? Quanti di noi sono in grado di autodeterminarsi e di scegliere autonomamente le proprie finalità e i mezzi adatti a conseguirle? Non occorre essere esperti psicoanalisti per sapere quanto l’inconscio determina le scelte e le finalità di ciascuno, tanto che non mancano filosofi e neuroscienziati che sostengono l’illusorietà della nostra autonomia riguardo al nostro agire e alle nostre scelte. In altri termini, noi crediamo di scegliere ma in realtà siamo scelti, o meglio, c’è sempre qualcosa o qualcuno che sceglie per noi  a nostra insaputa. Ad ogni modo, la nostra libertà non è mai assoluta ma sempre limitata, condizionata e relativa.

Queste condizioni possono essere esterne e oggettive (siamo nati in quel dato giorno di quel tale mese in quel tale anno; da quei genitori e non da altri; abbiamo un codice genetico e non un altro, abbiamo subito determinati traumi e determinate malattie, abbiamo un determinato Quoziente Intellettivo e non un altro, siamo cresciuti in un determinate ambiente, in un determinato paese, abbiamo frequentato determinate scuole e determinate persone, abbiamo fatto certe esperienze, letto certi libri e non certi altri, superato o non superato certi esami, e così via), oppure interne (pulsioni, idiosincrasie, passioni). Inoltre possiamo distinguere, sulle tracce di Isaiah Berlin, una libertà negativa da una libertà positiva; la negativa consiste nell’assenza di coercizione: se nessuno ci obbliga a comportarci in un determinato modo, allora siamo liberi nel senso della libertà negativa. Ma se, poniamo, per un qualunque motivo ci ritirassero il passaporto, ecco che non potremmo lasciare il paese in cui viviamo; idem se ci privassero della patente di guida, non potremmo più usare la macchina; così se siamo senza biglietto, non possiamo viaggiare in treno, o andare a teatro o accedere a un museo o allo stadio. Avrebbe senso in questi casi scendere in piazza  per rivendicare la libera circolazione senza patente, o il libero accesso a teatro senza biglietto o in metropolitana senza abbonamento? Evidentemente no, anche se tutti gli esempi riportati limitano in qualche misura la libertà di ciascuno; ma queste limitazioni imposte dai governi o dagli Stati sono motivate dalla necessità di tutelare la libertà di tutti i cittadini, specie dei più deboli: se tutti fossero del tutti liberi di fare quello che meglio loro aggrada, i più ricchi e i più potenti tra i cittadini schiaccerebbero senza pietà i più poveri e i più deboli.

Lo stesso John Stuart Mill, il teorico del più puro liberalismo e strenuo difensore della libertà individuale dalle ingerenze dello Stato, sostiene nel suo saggio Sulla libertà che i singoli individui sono liberi di scegliere tutte le opzioni possibili purché la loro libertà non arrechi danno a qualcuno. Il caso dei no vax, scusate si insisto, è sintomatico: la loro libertà di non vaccinarsi mette a rischio il contenimento e il superamento della pandemia, procurando un danno alla collettività a cui essi medesimi appartengono. Nondimeno non sempre è agevole stabilire fin dove il comportamento di qualcuno danneggi qualcun altro; infatti, escluse le aggressioni fisiche, come valutare, per esempio, quelle verbali così frequenti nei social e per lo più anonime o sotto falso nome? Esiste forse la licenza di insultare qualcuno impunemente lanciando il sasso e nascondendo la mano? Eppure questo succede di continuo ai danni di giornalisti o di esponenti politici e persino  della senatrice a vita Liliana Segre, colpevole di testimoniare contro l’odio razziale e antisemita. In questi casi, chi aggredisce e insulta passa dalla libertà negativa a quella positiva, cioè di agire per qualche scopo, bello, brutto o criminale che sia. Se la libertà negativa può essere definita anche passiva, in quanto il soggetto è libero da costrizioni che gli impedivano di agire a suo piacere, nel momento in cui passa alla libertà positiva egli mette in atto la sua volontà di raggiungere determinati fini.

Dunque, come tutti sanno (o dovrebbero sapere) , i fini possono essere buoni ma anche malvagi; io posso esercitare la mia libertà attiva anche per fare del male a me stesso e al mio prossimo: posso uccidermi e posso uccidere, posso drogarmi e spacciare droga, in senso proprio o anche figurato, usando tutte le armi della propaganda e della persuasione occulta per indurre le masse ad acquistare certi prodotti piuttosto che certi altri, o farli votare per il demagogo di turno che promette l’aumento del reddito pro capite e il  taglio delle tasse erga omnes. Ma anche la libertà negativa o passiva ha i suoi limiti: non sono più schiavo della droga, mi sono liberato dalla mie catene esterne e interne, finalmente sono uscito dalla caverna e ora vedo come sono le cose alla luce del sole; ma che cosa me ne faccio di questa libertà negativa? In fondo non si stava così male in prigione, senza nessuna responsabilità, senza dover scegliere tra bene e male, dal momento che altri hanno scelto e scelgono tutti i giorni per me. Già, ma può chiamarsi libertà quella dello schiavo, solo contento di mangiare (poco) di bere (acqua) e di dormire? Eppure questa è la condizione dei più: il non dover assumersi responsabilità di sorta, non pensare (se non a se stessi), lasciare che gli altri si grattino la loro rogna e che ci lascino in pace. Gli uomini, come sapeva il Grande Inquisitore, non vogliono la libertà positiva e attiva, e in fondo nemmeno quella negativa e passiva perché non saprebbero che cosa farsene. Per questo non converrebbe lasciare la libertà positiva e attiva in poche mani, almeno questo la storia avrebbe dovuto insegnarcelo.

 Fulvio Sguerso

Condividi

2 thoughts on “RIFLESSIONI SUL CONCETTO DI LIBERTA’”

Rispondi a Fulvio Sguerso Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.