Resteranno solo macerie

Resteranno solo macerie
Cosa rimane dopo la fine dell’illusione nazional popolare

Resteranno solo macerie
Cosa rimane dopo la fine dell’illusione nazional popolare

 Nessuno può onestamente sostenere che l’estromissione di Salvini e della Lega dal governo abbia giovato al Paese. Chi ci prova non è solo smentito dal commune sentire ma va a sbattere contro il muro dei fatti e delle statistiche. Gli unici che possono ritenersi soddisfatti sono i compagni, ai quali è stato offerto il ghiotto boccone dell’Italia dopo la tremenda mazzata dell’8 marzo 2018, ribadita in tutte votazioni successive, compreso, checché se ne dica, quelle emiliano-romagnole. 

Il risultato dell’agostano colpo di Stato – il governo è stato fatto cadere senza un voto parlamentare, non è stato sfiduciato, e Mattarella di fronte a Conte dimissionario si è guardato bene dal rispedirlo alle Camere o dal convocare i rappresentanti della maggioranza parlamentare – è davanti agli occhi di tutti:  infettati prima che dal coronavirus, da una nuova specie di mollusco appiccicato al potere, siamo affondati in un mare di proclami, di chiacchiere sconclusionate, di cattivi propositi di cui la vicenda grottesca dell’epidemia è insieme la summa e l’espressione icastica. Gli scivoloni di queste settimane, che seguono alle vicende tragicomiche di Taranto, della Whirpool, di Alitalia, con Gualtieri e Conte che a gara fra di loro annunciavano la ripresa dell’economia italiana mentre migliaia di uomini e donne stavano perdendo il posto di lavoro senza nessuna probabilità di trovarne un altro, trovano la loro sintesi finale nei titoli che scorrevano su tutti i canali televisivi: scuole chiuse, anzi no nessuna chiusura delle scuole, e nelle parole dell’improbabile ministra “non so, penso di no, forse sì, aspettiamo il parere del comitato tecnico scientifico”, parere che per inciso era già stato fornito. 


Chi sbaglia, secondo il vecchio adagio, paga ma qui non paga nessuno. Non paga Zingaretti, non paga Conte, non paga Di Maio, non pagano i giudici del Tar delle Marche che hanno fatto riaprire le scuole che il presidente della regione aveva saggiamente chiuso dopo aver resistito alle minacce del suo capopartito e del governo. Nel quale nessuno ha oggi il coraggio di dichiarare francamente che Zaia e gli altri governatori del nord avevano ragione. Di Maio se la prende col New York Times che si limita a fotografare la realtà: il contagio che si diffonde in occidente ora parte dall’Italia e se la prende con i Paesi, ormai tutti, che respingono o mettono in quarantena gli italiani. Ma tutta quella parte della comunità scientifica e dell’informazione (non solo quella di regime) che ha continuato per settimane a sparare sciocchezze sulla carta stampata e nei talk show si guarda bene dal fare ammenda o dal ritirarsi in buon ordine. Sono sempre lì che pontificano. E a Conte, travolto dalle circostanze e sempre a galla come un sughero nella tempesta, non passa per la testa che per molto meno un capo di governo rassegna le dimissioni. Compulsivamente teso ad accusare gli altri delle proprie mancanze, patologicamente incapace di autocritica, di fronte all’incredibile vicenda dell’isolamento della Lombardia comunicato dalle agenzie di stampa prima che si riunisse il consiglio dei ministri che avrebbe dovuto decretarlo non ha trovato di meglio che farfugliare minacce non si sa bene a chi indirizzate. Non si pretende che sia la replica di De Nicola ma un po’ di decoro sarebbe il minimo sindacale: si vive anche senza fare il primo ministro. Peggio di lui forse solo la Lamorgese, indifferente di fronte agli sbarchi di clandestini che sono continuati come nulla fosse finché i traghettatori delle Ong  hanno deciso loro di interrompere momentaneamente la tratta, indifferente di fronte alla rivolta nelle carceri, con tanto di guardie carcerarie sequestrate, morti e fuga in massa di detenuti. Una cosa di una gravità enorme, che stampa e televisioni hanno confinato in un angolo. Riusciamo a immaginare che sarebbe successo se al Viminale ci fosse stato Salvini? Del latitante Bonafede è meglio tacere. E che dire del provvedimento stupido e crudele che decretando la sospensione dei colloqui con i detenuti ha innescato l’incendio? Chi paga per questo?


Quando si trattava di prendere provvedimenti drastici, coerenti e condivisi l’avvocato di se stesso si esibiva in televisione per attaccare Salvini, accusato di sciacallaggio, nonostante  che sia  l’unico politico uscito bene da questa vicenda anche perché si esposto meno di tutti e meno di tutti ha tirato in ballo l’Europa (io, che dell’Unione europea penso tutto il male possibile, mi chiedo che diavolo c’entri l’Europa col fatto che l’Italia sia diventata il focolaio dell’Occidente e che cosa poteva fare per evitarlo. Il problema era nostro, il fallimento pure nostro ed è curioso come i nemici del sovranismo per l’occasione siano diventati tutti sciovinisti: “noi siamo l’eccellenza di qui, noi siamo l’eccellenza di là, i nostri geni hanno isolato il virus, l’Oms ci loda per quello che stiamo facendo…” e così via con vanterie stupide e fuori luogo). Semmai ora si può toccare con mano quali siano le conseguenze della perdita della sovranità monetaria in momenti in cui il Paese si trova in una condizione di emergenza che richiede drastici interventi sulla finanza pubblica. E mentre l’Europa, bontà sua, dà il via libera all’indebitamento dell’Italia per dare ossigeno a un governo che serve a tenere alla larga i “sovranisti”, Frau Ursula Von der Leyen, memore che il posto che occupa lo deve al voltafaccia grillino, esprime il suo untuoso compiacimento per il modo  in cui il popolo italiano sta reagendo, che in realtà è un assist  alla maggioranza rosso gialla.


Fino a qualche giorno fa la stampa e i politici di regime dileggiavano Salvini che chiedeva tempestivamente un intervento non inferiore ai trenta miliardi senza chiedere il permesso a Bruxelles; quando questo governo sconclusionato ne ha stanziati prima tre e mezzo, poi li ha portati a sette, subito dopo ha cominciato a parlare di quindici e alla fine, tardivamente, ha riconosciuto la necessità di stanziarne venticinque, il presidente del Consiglio ha ammesso che il leader della Lega non sparava bordate propagandistiche ma aveva fatto una valutazione realistica? Nemmeno per sogno. Ma quando l’incapacità si sposa col decisionismo e un ego smisurato alberga dentro un personaggio modesto c’è poco da ridere: sono guai per tutti. E, a proposito di Salvini e della stampa di regime, Massimo Giannini dovrebbe essere condannato a riascoltare le sue parole e a rivedere la sua faccia quando il 31gennaio nel salotto della Gruber sosteneva che il problema vero per l’Italia non è il coronavirus ma sono gli italiani che votano per la Lega e che “il vero untore non viene dalla Cina ma è Salvini che diffonde il virus della paura”.  Capito?


L’editorialista del Corriere è in buona compagnia. Si sono dette delle cose allucinanti: che la Germania nascondesse il numero reale dei contagiati, che i francesi o gli inglesi evitano di fare controlli, si è pregato perché tutta l’Europa si infettasse, così che il fallimento dell’Italia ne risultasse coperto, si gongola perché in Francia il numero dei contagiati dopo aver superato la soglia psicologica delle mille unità sembra dover esplodere da un momento all’altro.

Si continua pervicacemente con l’idiozia che la maggior parte delle vittime muore non per ma col coronavirus, sfidando la logica e il ridicolo e dispiace che lo facciano persone a cui abbiamo affidato posizioni di grande responsabilità in campo medico e scientifico; con la medesima logica surreale si perviene alla conclusione consolatoria – e oltretutto falsa – che i morti in fondo erano persone malate e anziane e, del resto, senectus ipsa morbus. Ma che sia la persona più sana del mondo o un anziano che convive con un cancro (ce ne sono anche in politica), se muoiono dopo essere stati contagiati dal coronavirus a ucciderli è stato il coronavirus, punto. Il fatto è che, incapaci di prendere o suggerire provvedimenti efficaci e ormai impegnati a chiudere le stalle dopo che i buoi sono scappati, non resta altro che minimizzare, camuffare, nascondere e fare quello che viene imputato ai cinesi e agli stessi amici europei: censurare. 


Ma è lunga la lista dei personaggi che hanno perso la faccia o non l’hanno mai avuta. Quando si trattava di minare il governo gialloverde spiccava il protagonismo del presidente della camera, di cui ora si son perse le tracce. In certi momenti mi vien da pensare che sia finito in qualche parte del mondo a ripercorrere i sentieri battuti da Di Battista, un altro desaparecido. Poi c’è la signora Meloni, corteggiata e blandita anche quando dà del criminale non so se al solo Conte o a tutto il governo. Ma la reazione dell’avvocato di se stesso, vanesio e irascibile, è molto blanda: se dovesse servire a rosicchiare qualche voto a Salvini  faccia pure, picchi anche più duramente.  


Giorgia Meloni

Fatto si è che se siamo caduti in questo marasma non ce la possiamo prendere solo con la sprovvedutezza di Di Maio, le trame e la doppiezza di Conte, tutti quelli che dentro e fuori l’esecutivo hanno contribuito ad avallare se non a costruire dossier contro la Lega; tantomeno con i compagni o con l’inquilino del Colle, che hanno recitato la loro parte. Io non dimentico che gli attacchi alla maggioranza gialloverde e, di conseguenza, alla possibilità che si chiudesse la stagione delle ideologie di comodo, delle sigle insensate e fuorvianti della destra e della sinistra, sono venuti non solo da Forza Italia, da cui ormai non ci si può aspettare niente di buono, ma proprio dalla Meloni, che, in coro con la Gelmini e la Bernini, un giorno sì e l’altro pure invocava la fine del governo e pungolava Salvini perché tornasse all’ovile. Se ci fosse stata almeno una parte di grillini decisi a non perdere l’anima e la dignità l’operazione di far resuscitare il centrodestra (ma che significa centrodestra?) non sarebbe riuscita e Salvini non sarebbe stato costretto all’abbraccio mortale con gli zombi di una stagione politicamente chiusa, quella del berlusconismo, e gli avanzi di una destra sgangherata che non ha mai saputo darsi un’identità politica e culturale una volta finito il tempo della nostalgia. Se ci fosse stata…


Certo, da questo marasma prima o poi bisognerà uscire, coronavirus o no. Rimarranno le macerie e, come all’Aquila o ad Amatrice, ce ne vorrà  per sgombrarle e cominciare a ricostruire. E  quando agli italiani sarà restituito il diritto di scegliere da chi vogliono essere governati, scomparsi, senza rimpianti, i Cinquestelle, senza numeri una possibile alleanza fra Pd e berluscones alla Tajani, si può ragionevolmente ritenere che si formerà un governo di coalizione con la Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e forse qualche formazione minore e che di tale governo toccherà a Salvini di essere la guida. Salvini, che non perde occasione per ricordare come i vari Trenta o Toninelli si adoperassero per mettergli i bastoni fra le ruote quando era ministro e vice premier, in particolare sulla difesa dei confini e sullo snellimento nelle pratiche sugli appalti, si troverà a fare i conti con gli appetiti e i condizionamenti dei suoi alleati. Si sa già come sia fitta la trama di interessi che lega gli ambienti forzisti all’euroburocrazia e quanta poca chiarezza ci sia nel partito erede di AN, quanto divaricate siano le posizioni su tutte le questioni essenziali, comprese le relazioni internazionali e la collocazione geopolitica dell’Italia. Insomma ci vuol poco a prevedere che nel migliore dei casi il Paese si limiterà a galleggiare, la Lega salvinana perderà il suo smalto e ancora una volta, padre Dante, bisognerà aspettare il veltro “che farà morir con doglia la lupa della cupidigia”.

p.s. La questione non ha la minima rilevanza ma tirato come sono per i capelli mi tocca precisarlo: io, che per inciso ho un nome e un cognome con cui mi firmo, considero semplicemente truffaldine le categorie sinistra e destra e sono tanto poco di ultradestra che avrei voluto, e l’ho scritto anche su questi Trucioli, che l’alleanza gialloverde si allargasse a Rizzo e Fassina. Che il malessere sociale prima o poi in qualche modo finisce per esprimersi e che il razzismo o l’antisemitismo (peggio ancora il fascismo) siano specchietti per le allodole, non è un’opinione di destra o di ultradestra: è un’evidenza. 

Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione   

 

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