Restate a casa e flagellatevi

Restate a casa e flagellatevi

Restate a casa e flagellatevi

 Centinaia di migliaia di cardiopatici, diabetici, affetti da sindromi respiratorie, obesi, per i quali la vita all’aria aperta e il movimento sono la terapia di prima scelta se non addirittura un salvavita, sono costretti ormai da mesi dentro le mura domestiche, con un regime più rigido di quello inflitto ai delinquenti posti agli arresti domiciliari.  E nessuno rifiata, meno che mai gli esperti, i tecnici, i dirigenti sanitari, gli scienziati che quotidianamente ci vengono propinati dal capo della protezione civile che vigila sull’andamento del’epidemia vantando puntualmente l’efficacia delle misure fin qui adottate. Tanto efficaci che il numero degli infettati continua a crescere e il decantato decremento dei ricoveri in terapia intensiva corrisponde all’inarrestabile emorragia di vite umane. 

 


 

È di un’evidenza solare che le misure finora adottate non sono state solo tardive ma soprattutto sbagliate e inefficaci, almeno riguardo allo scopo dichiarato.  Aveva un senso impedire la diffusione del virus circoscrivendolo entro l’area nella quale si era manifestato, costasse pure chiudere temporaneamente i confini di un comune, di una provincia o di un’intera regione; aveva un senso sigillare i confini nazionali. Ma chiudere i cittadini in casa a  tempo indeterminato e nel contempo costringerli a stare in coda in totale promiscuità davanti ai negozi  di generi alimentari o agli uffici postali è stato demenziale; a parte il disastro economico e sociale, più negozi aperti ci sono   minore è il concorso degli acquirenti: lapalissiano. Semmai sarebbe stato opportuno prolungarne l’orario di apertura per poterne meglio contingentare l’accesso. Senza minacce, senza multe, senza terrorismo ma mettendo in condizione i cittadini di tutelare se stessi e gli altri.

Come demenziale è stato e continua ad essere il divieto di praticare attività sportiva individuale. Si è partiti da una premessa corretta, quella di mantenere una distanza interpersonale di un metro (io ne avrei suggeriti almeno due) per giungere alla conclusione del tutto arbitraria di impedire le camminate solitarie, la corsa, il nuoto, la mountain bike o il windsurf, tutte attività che si svolgono in luoghi deputati e per le quali il problema della distanza sociale non si pone.

 


 

E mentre droni ed elicotteri braccano il disgraziato che cammina nella spiaggia deserta, nei viali di circonvallazione, lontano dal brulichio dei/delle detenuti/e con licenza di  affrettarsi a mettersi in fila davanti ai supermercati, ai fruttivendoli, alle macellerie e agli esercizi ai quali è consentito di sopravvivere, circolano liberamente africani in bicicletta con cuffie e smartphone d’ordinanza, passano davanti alla gazzella appostata nell’area di sosta ma il carabiniere guarda altrove.  E c’è da capirlo; loro godono di diritti inviolabili, compreso quello di spostarsi liberamente, mica li puoi costringere a girarsi i pollici all’interno dei residence che li ospitano. Del resto quando sbarcano con coronavirus al seguito non si può chiudergli le porte in faccia come si fa con i crocieristi o chi vorrebbe andare a riprendersi il figlio rimasto bloccato in Spagna o in Germania. Siamo umani! Ce lo chiedono le anime belle come Renzi o Casarini.

E dopo che tre ministri hanno emesso finalmente un decreto che chiude i porti anche – veramente dovrebbe essere soprattutto – ai clandestini, si leva da sinistra un coro di indignazione. Contrordine, compagni: sicuri o no, coronavirus o no, l’accoglienza non si discute, porti spalancati, medici e strutture sanitarie a disposizione e se c’è un africano positivo che se la batte pazienza, non possiamo mica ledere i suoi diritti, noi dobbiamo pensare a stanare il furbo italiano che pretende di prendere una boccata d’aria.

 


 

Mi auguro che quando sarà tornata un po’ di normalità qualcuno pagherà per questo, compreso il pilota che guidava l’elicottero, perché a un ordine sbagliato non si deve obbedire e l’ultimo anello non è meno colpevole del primo anello della catena.

Poi si sente il cantautore di successo che smania perché vengano autorizzati i concerti,  si sentono i signori del calcio che frignano per il campionato compromesso – e per i loro guadagni sfumati – con gli stadi vuoti chissà per quanto tempo. E Franceschini, che vuole aperte le librerie ma non fiata sulla forzata chiusura di mercerie, abbigliamento, mobili, elettronica, arredo, per dire i primi esercizi commerciali che mi vengono in mente e che non comportano alcun concorso di folla. Perché le librerie? Perché il libro è il nutrimento dello spirito, viene da rispondere. Ma via! Il 90% dei libri esposti nei bookstore  sono paccottiglia indecorosa e il restante 10% non interessa a nessuno. Senza dire che il libro è un genere che puoi tranquillamente scegliere e comprare su internet senza sorprese.

 


 

Restate a casa, non approfittate delle concessioni che vi vengono fatte, rinunciate ai duecento metri intorno all’isolato, fatevi portare la spesa a domicilio. Rimanete reclusi!

C’è qualcosa di torbido in tutto questo, nella accettazione di tutto questo. Qualcosa di torbido che va oltre la voglia di regime, di repressione, di pugno di ferro, che traspare negli atteggiamenti e nelle dichiarazioni di quanti ai vertici delle istituzioni scambiano il servizio per il potere. È qualcosa di più profondo, è il riaffiorare dei secoli bui, è lo scotto da pagare alla morale cristiana, al nichilismo, alle anime ingobbite da un servaggio millenario, piegate dal peso del peccato, spinte alla mortificazione, all’autoflagellazione, mea culpamea culpa, con un occhio di sbieco al vicino corrotto, libertino, trasgressore, da riprovare, denunciare, lapidare. 

 


 

A torto o ragione per Conte e l’accolita rosso gialla i nostri connazionali  sono soggetti ideali per esperimenti sociali di lavaggio del cervello, più facili da condizionare di un topo nella Skinner box, sedotti, come le “bimbe di Conte” che imperversano su FB, da un primo ministro da soap opera.  Ma una soap opera maledettamente reale e con un potere di incidere sulla nostra pelle che il Duce stesso non si è mai sognato di avere o di pretendere (a proposito: i Custodi della Costituzione, le vestali dell’antifascismo, i partigiani della libertà in servizio permanente effettivo che fine hanno fatto? E quelli che imprecavano contro i pieni poteri di Orbán cosa pensano della pioggia di “decreti del presidente del consiglio dei ministri” e del corto circuito fra potere legislativo e potere esecutivo?). Con la spada di Damocle del fondo salvastati, che Conte giura di non volere ma al quale pensa di ricorrere per far fronte almeno in parte ai suoi roboanti annunci, contando di aggirare il controllo delle Camere e di farlo passare inosservato. 

 


 

Soggetti ideali  i nostri connazionali per le tecniche di rinforzo negativo, quelle praticate dai vietcong sui prigionieri americani; niente torture, nessuna punizione ma una condizione prolungata di disagio e di privazione con brevi intervalli, molto più efficaci e meno costosi dei premi. Basta tirare in lungo il più possibile le misure restrittive, portarle vicino al punto di rottura – tanto la colpa è del virus o, in subordine, di esperti intransigenti – e quando con la bella stagione la reclusione diventerà intollerabile e la gente comincerà a dar segni di cedimento -, l’avvocato del popolo, il nostro Chavez ripulito e azzimato, è pronto col suo coup de théâtre: l’annuncio a reti unificate della liberazione, potete uscire, vi faccio uscire, con cautela ma potete uscire e forse aprirò un varco anche ai poveri podisti domenicali.

 


 

 

Grazie Conte Polemarco, condottiero senza macchia e senza paura, duce e salvatore della Patria! Ma il perfido Fontana, lo stillicidio di deroghe ottenute dalle regioni e soprattutto spagnoli e francesi che virus o no stanno riaprendo tutto gli hanno compromesso il piano e ora è in stato confusionale in attesa che il suo fido esperto di marketing gli fornisca un’altra strategia. Intanto deve fare i conti col parlamento, che con la storia del Mes rischia di rivoltarglisi contro. Un governo nato sulla base di un parlamentarismo inteso in modo farisaico e formalistico ora avverte il parlamento come una minaccia e se prima aborriva il voto elettorale ora vuole esorcizzare anche il voto parlamentare. Per evitarlo se ne studiano di tutte, non potendo ricorrere al voto di fiducia. Ed ecco il trucco dell’informativa: Conte si presenta alla Camera ma solo per informarla, non per chiederne l’approvazione. Ai tempi della Buonanima gli italiani, troppo acquiescenti, si limitavano a mormorare; ora non si mormora nemmeno: si canta e per tutti “andrà tutto bene”. Mala tempora currunt.

 

  Pier Franco Lisorini  docente di filosofia in pensione    

 

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