Recall

 

Per risolvere un problema
del nostro ordinamento politico
“RECALL“

Per risolvere un problema del nostro ordinamento politico

“RECALL“

L‘ introduzione di un sistema in mano ai cittadini per mandare a casa onorevoli voltagabbana, indagati e mariuoli, con decadenza del mandato

Credo sia giunto il momento, in Italia e nella politica italiana, di ridare un briciolo di fiducia ai cittadini e tentare di sradicare il malcostume dei nostri politici, eletti al Senato alla Camera nei Consigli Regionali e a livello locale e in tutte le varie istituzioni della nostra Repubblica.

Da qui nasce l’idea di introdurre lo strumento del “recall”, cioè la possibilità per i cittadini di revocare dalla carica l’eletto nel caso ritengano che il mandato ricevuto non venga svolto coerentemente e correttamente e che venga disatteso per il proprio ed unico personale tornaconto.


Il “recall” è una procedura che già esisteva nella democrazia di Atene in Grecia e sostanzialmente sconosciuta a gran parte delle persone in Italia. Nella cultura Europea è diffusa l’idea che l’operato degli eletti debba essere   giudicato dagli elettori solo alla fine del suo mandato, con il voto, nel senso che chi ha male operato probabilmente non verrà rieletto. Un concetto condivisibile, ma purtroppo questo principio non mette la cittadinanza al riparo da ruberie, scandali e dissesti finanziari economici e sociali come recentemente è accaduto con il sistema bancario.

Tutti in Italia assistiamo continuamente deputati, senatori, consiglieri regionali, sindaci insomma tutti gli eletti o nominati dalla politica che ricoprono cariche pubbliche nei vari enti, che mai e poi mai si assumono un minimo di responsabilità anche di fronte all’evidenza di colpe o illeciti, trincerandosi dietro il principio che si è ritenuti “innocenti fino a sentenza definitiva”. Vista la lentezza della giustizia italiana, l’opinione pubblica deve aspettare lunghissimi anni prima di costringere un politico a dimettersi ed uscire di scena, con il rischio che reati, malversazioni e peculati vengano perpetrati a lungo, ed inoltre omaggiati di un lauto vitalizio.

L’istituto del “recall“ è usato in alcuni cantoni della Svizzera e in numerosi Stati Americani, dove procedure e caratteristiche sono quasi le stesse e consistono essenzialmente come prima cosa la necessità di una petizione pubblica, che va depositata, a differenza di quanto avvenne per la procedura di “impeachment” nel caso del Presidente Nixon, in quanto nel caso del recall non è detto che debbano sussistere illeciti atti incostituzionali, si attiva solo il “voto di sfiducia” nei confronti dell’eletto.


Occorre pertanto raccogliere le firme necessarie, se trattasi di eletti a livello nazionale e locale, a mio  parere si potrebbe optare in base ai votanti nei vari collegi, si dovrebbe stabilire un periodo di tempo (120 giorni) per la circolazione della petizione, e una volta raccolte le firme si andrebbe a decidere il momento del voto, con un semplice quesito sulla scheda ossia “revocare o meno l’eletto” senza alcun raggiungimento di quorum, dovrebbe essere sufficiente la maggioranza dei partecipanti alla votazione, e nel caso di espressione favorevole all’immediata destituzione del seggio, la carica ricoperta nelle istituzione viene dichiarata vacante e si procederà all’elezione del successore o ad una nuova nomina.

Con l’introduzione del “recall“ si innescherebbe un procedimento politico che darebbe modo ai cittadini di esercitare un controllo dal basso per mandare a casa, con la loro revoca, tutti questi voltagabbana che spadroneggiano nel nostro parlamento e nelle sue istituzioni e tradiscono il mandato per cui sono stati votati.

Sono un numero considerevole che sfiora circa 300 parlamentari eletti nelle istituzioni che hanno cambiato gruppo e partito politico, e questa indecente piaga di trasformismo da parte dei voltagabbana macchia in modo indelebile  le nostre istituzioni; è una vergogna a cui bisogna assolutamente porre fine, e questi prezzolati che sono stati eletti bisogna farli smettere di trincerarsi dietro l’art. 67 della Costituzione che recita: “Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” per cui si sentono autorizzati a fare beatamente quello che più gli conviene, come cambiare partito, se per mero interesse personale lo ritengono utile e, guarda caso, sono tutti d’ accordo a non mettere in discussione questo  principio perché vorrebbe dire attaccare le basi della stessa democrazia  rappresentativa.


Ora sta a noi italiani stabilire se dobbiamo osservare impassibili a questo indecoroso e indegno mercato delle vacche dove gli eletti si offrono e si vendono al migliore offerente e dobbiamo restare inermi con le mani legate, anche se posti davanti ad un impressionante numero di indagati a vario titolo (in confronto mani pulite è stata una barzelletta) per gli abusi e ruberie di ogni genere, a questi cialtroni. 

E’ ora di dire basta e sta a noi la volontà di appropriarci della possibilità di revocargli il mandato e mandarli a casa, per questo il “recall” è uno strumento che se introdotto lo potrà permettere e forse potrà in qualche  modo aiutare a moralizzare tutto il sistema politico italiano.

In Italia è diventato sempre più complicato il rapporto tra il popolo governato e i suoi governanti, il deficit fiduciario che circola ultimamente anche nelle democrazie più avanzate è giunto ad un punto di non ritorno in quanto sono del tutto inesistenti gli strumenti nelle mani dei cittadini per richiamare i propri rappresentanti eletti al rispetto del patto fiduciario stipulato al momento dell’elezione. E da qui nasce la convinzione che il sistema del “recall”, se introdotto nel nostro ordinamento, può rappresentare uno strumento di democrazia diretta, oltre a quanto viene demandato al popolo con il referendum o con le leggi di iniziativa popolare messi a nostra disposizione dopo il vaglio della Corte Costituzionale per poter esercitare il controllo sull’operato degli eletti.


E indubbio che questa proposta merita attenta riflessione per una possibile applicazione alla realtà italiana, ma alcune considerazioni di opportunità potrebbero costituire elementi di equilibrio nella nostra forma di governo, in particole a livello regionale e locale, con la dovuta attenzione che non venga strumentalizzato da un gruppo politico contro gli organi elettivi, ma come rimedio di ultima istanza con l’obiettivo di non inquinare ulteriormente il clima politico che si respira attualmente imperniato sul detto “do ut des“ (do perché tu dia) ma che abbia come fine quello di ottenere un comportamento da parte dei politici eletti, di specchiata onestà, il rispetto di ideali, lealtà intellettuale con i suoi elettori.

Certamente questo sistema o altri simili al “Recall” non sono la soluzione tout court al deficit fiduciario e all’indignazione che si avverte nell’opinione pubblica italiana nei confronti della politica e dei politici, certamente non garantisce i principi democratici della nostra Carta Costituzionale, per questi motivi il “recall“ va valutato per quello che è, una procedura di controllo su chi ci governa che viene affidata a chi si sente ingiustamente mal governato.

Invito chi legge ad una personale riflessione su questo istituto che merita di essere attentamente valutato.

Sono altresì convinto che se introdotto nel nostro ordinamento, alla luce del discredito della nostra classe politica a tutti i livelli con il rischio di cadere in un becero populismo, l’applicazione di questo nuovo sistema di controllo, oltre ad essere sanzionatorio nei confronti di governati che si sono dimostrati indegni, potrebbe aprire un canale nuovo di dialogo tra il ceto politico e l’opinione pubblica.

 

P.A. PERINO

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