Racconto Gotico

RACCONTI GOTICI di  Franco Ivaldo
IL VIAGGIATORE

Per motivi tecnici la scorsa settimana il racconto era incompleto, scusandoci, lo riproponiamo in forma integrale

RACCONTI GOTICI di  Franco Ivaldo
IL VIAGGIATORE

    Nel modesto  bed  and breakfast , in quella sera piovosa d’autunno, vi erano  pochi clienti, i quali avevano, frettolosamente, ingurgitato un pasto frugale nel prospiciente Mac Donald, prima di entrare nell’albergo per la notte.

Si trattava di una coppia di giovani fidanzati italiani che avevano occupato una stanzetta al primo piano. Erano entrambi, alla ricerca di un posto di lavoro nella convulsa metropoli parigina. Venivano da Ventimiglia ed erano disposti ai lavori più umili, tipo cameriera e cameriere (od anche, per lui, lavapiatti o facchino).

  Per ora, la ricerca nei vari alberghi non aveva dato frutti ed i giovani fidanzati cominciavano ad avere timori per l’avvenire. Il piccolo gruzzolo di risparmi andava, mano a mano, assottigliandosi ed erano ridotti alla formula “letto e prima colazione” non potendosi permettere un vero e proprio hotel. Ma nella Parigi del ventunesimo secolo (correva l’anno di grazia 2010) la situazione di Veronica e Claudio era tutt’altro che insolita.

 Milioni di disoccupati nei paesi più industrializzati del mondo vagavano di città in città , di nazione in nazione, alla ricerca dei mezzi di sussistenza. Era un destino comune a molti , ma per  Veronica e Claudio era di ben poca consolazione il detto popolare “mal comune, mezzo gaudio”.

Si erano da poco ritirati nella modesta stanzetta, per trascorrervi, abbracciati, la notte in un altrettanto modesto letto matrimoniale piuttosto malandato, quando udirono bussare alla porta.

“Chi sarà mai a quest’ora ?” chiese  Veronica.

“Bah, come posso saperlo ? Non è poi così tardi, manca un quarto d’ora alla mezzanotte. Sarà un fantasma che arriva in anticipo…” replicò, ridendo Claudio, accingendosi ad aprire.

Quando spalancò l’uscio, riverniciato di un verde vistoso, si trovò davanti un ometto basso e tarchiato con enormi occhiali di tartaruga ben piazzati sul naso, segno di una miopia davvero forte, in testa aveva un cappello di feltro, indossava un completo grigio su cui spiccava una camicia blu notte ed un singolare cravatta rossa a pois bianchi.

L’ometto aveva una voce da ometto, stridula e acuta: “Mi scuso per il disturbo, signor… signor…”

“Io mi chiamo Claudio. Ma lei chi è e che vuole. Così tardi che è  quasi notte. Un’ ora davvero insolita per le visite. Noi domattina dobbiamo alzarci presto. Lei no. Lei come diavolo si chiama… “

“Io mi chiamo Ezechiele de La Tour e sono un viaggiatore di commercio. Sono appena arrivato all’hotel. Il proprietario mi conosce bene. Ecco, qual’ è il problema, cher monsieur. Quando vengo a Parigi, di solito, occupo questa stanza, quella che il signor Maurice vi ha assegnato…”

    Scorgendo soltanto allora Veronica, lo strano sconosciuto fece un profondo inchino ed esclamò: “Buonasera signora. Mi scuso per il disturbo. Sono davvero mortificato…”

Veronica fece un cenno col capo per un indulgente saluto.

“Senta, buonuomo, non sarà venuto a bussare perché vuole la sua camera… Vero ? Con tutte le stanze libere che ci  devono essere !” esclamò Claudio.

  “No, no…Non rivoglio questa stanza, naturalmente, ma il fatto è che l’ultima volta che sono venuto ho lasciato in quell’armadio un mio oggetto personale. Quando sono arrivato, ho chiesto al proprietario se l’aveva visto. Mi ha risposto di no. Forse, se nessuno l’ ha trovato è ancora lì…”

“Di che si tratta ?” chiese, infastidito Claudio.

“Di una borsa di pelle nera , contenente dei campionari per il mio lavoro di rappresentanza. Non sarebbe una perdita grave, ma la ditta potrebbe essere infastidita…Anzi, già lo è. Il direttore mi ha ordinato di riportargli i campionari o per me saranno guai.”

“Benissimo. Vediamo, dunque, dentro l’armadio.” sbottò Claudio.

Il mobile trascurato come la tappezzeria e tutto il resto che si trovava in quel posto, si aprì cigolando. Claudio gettò un’occhiata alle sue poche cose messe sugli attaccapanni con grande cura da parte di Veronica che aveva sistemato anche i suoi due vestiti. Vide la loro valigetta di tela con disegni scozzesi, e poi… Effettivamente, in fondo al mobile, il giovane scorse la borsa di pelle nera. “Eccola!” esclamò , porgendola al signor de La Tour. “E adesso, caro signore, le auguro la buona notte. Addio!”

Con un tono cerimonioso, Ezechiele de La Tour si profuse in ringraziamenti e con un compito inchino alla giovane coppia, tenendosi ben stretta la borsa, uscì sul corridoio.

“La mia stanza è proprio a fianco alla vostra. Buonanotte.”

“Buono a sapersi….Notte!” esclamò Claudio, mentre Veronica scelse un meno intimo: “Bonsoir, Monsieur!”

La mattina di buon’ ora, due insonnoliti  Claudio e Veronica vennero quasi gettati giù dal letto dall’imperioso bussare alla porta di una ruvida mano sconosciuta.

“Ancora lui!” esclamò spazientito, insonnolito, affamato ed infreddolito il povero giovane, che già gustava tutte le delizie di una vita da bohèmien…nella Ville Lumière.

“Maledizione! Scocciatore dannato!” esclamò gettandosi a fatica giù dal letto per recarsi ad aprire la porta.”Adesso, mi sente!”

Il volto dell’irritatissimo Claudio rimase con un’espressione inebetita quando sull’uscio anziché lo scocciatore della sera precedente, scorse due gendarmi. Dietro di loro, il signor Maurice, il proprietario della modesta pensione. Aveva un’aria costernata ed umile. Ed era affiancato da un omaccione dall’aria imperiosa e decisa, il quale, scansati con fare brusco i due gendarmi, si proiettò nella stanza con l’agilità di un gorilla. “Sono l’ispettore Louis de  Montauban- esclamò, rivolgendosi all’allibito Claudio- avete mai visto questa persona ?” E mise sotto il naso del povero giovane una foto del signor Ezechiele de La Tour, l’importuno notturno.

  Certo, ispettore, che l’abbiamo visto -esclamò Claudio, stringendo la mano a Veronica che l’aveva raggiunto sull’uscio – è venuto qui ieri sera, anzi ieri notte, a reclamare un suo oggetto personale, affermando di averlo lasciato nell’armadio l’ultima volta che era venuto nel Bed and Breakfast… Una borsa di pelle nera, come ce ne sono tante. L’ha ritrovata , se l’è presa,  ci ha salutato ed è andato via…Ma lei, monsieur Maurice, avrà già raccontato quasi tutto al commissario…Lei conosce sicuramente il rappresentante di commercio che mi ha detto di chiamarsi Ezechiele… de la Tour, mi pare”.
  Il signor Maurice impallidì e rispose: “Ma io di questa storia non conosco propria nulla. Chi diavolo è questo Ezechiele ? Chi lo conosce ? Chi l’ ha mai visto! E’ quello che ho detto al commissario, quando mi ha mostrato la foto di quel tipo. Ma avete visto che faccia ? Vi sembra che io potevo dare una delle mie camere ad un ceffo così ! Eppoi, io ieri sera, non ho avuto altri clienti dopo il vostro arrivo…A  parte due clienti che erano già qui.”

Claudio e Veronica si guardarono in viso, increduli. Il giovane era senza fiato. La ragazza venne in suo soccorso: “Ma allora, scusi ispettore – esclamò – chi le ha detto che questo signore era stato nella nostra pensioncina. Perché ci ha mostrato la foto, insomma, perché ha chiesto a noi se l’avevamo visto, proprio a noi che – guarda caso – l’avevamo visto ?”

Il proprietario della pensione colse anch’egli la palla al balzo: “Già, ispettore, come mai mi piomba qui, sapendo esattamente che questi miei due clienti avevano visto questo misterioso personaggio…”

“Perché, perché – sbottò il commissario Montauban – abbiamo ricevuto una telefonata anonima… Anzi, non anonima, diciamo così, sospetta…e rivelatrice. Insomma, ci ha telefonato lui va bene… Questo maledetto Ezechiele de La Tour!”

“Vi ha telefonato? Ha telefonato alla polizia per dire che era stato qui!” gridarono all’unisono Claudio, Veronica e il proprietario del Bed and Breakfast.

“Sì, maledizione, ma non posso rivelare i particolari della mia inchiesta. C’è il segreto istruttorio… Dunque, lei non l’ha visto e i suoi clienti, sì. Va bene. Per ora è tutto. Naturalmente, è già scomparso da ieri notte, quando ha recuperato quello che era venuto a cercare e poi ha telefonato a noi per dircelo!”

“Scusate, commissario- si interpose Veronica- ci sono forse altri clienti qui, vero signor Maurice? Lo hanno visto ?”

Monsieur Maurice fece un cenno di diniego. E l’ispettore sbottò: “Non l’hanno visto. Eppoi, gli unici clienti sono due viaggiatori di commercio, ai quali ho già dato il permesso di andarsene. Non sanno nulla, non hanno visto nulla e nessuno. D’altra parte, sapevo che era stato qui, nella vostra stanza…”

Claudio e Veronica, impressionatissimi, esclamarono: “Perché…Lui…”

Il commissario Louis de Montauban, stizzito e rosso come un papavero: “Sì, dannazione, ce l’ha detto lui, al telefono. Vi  ha addirittura descritti, definendovi simpatici ed ospitali. E lo credo con quel che gli avete consentito di riprendersi!”

“Beh, commissario, una vecchia borsa di pelle nera…”

“Maledizione! Vada al diavolo anche il segreto istruttorio, tanto domani saremo lo zimbello di tutti i giornali parigini. Ma non li leggete i quotidiani ? Lo sapete cosa c’era in quella dannata borsa di cuoio…”.

Monsieur Maurice tirò un forte sospiro di rassegnazione. Lui i giornali li leggeva e dietro lo sportello del suo albergo aveva letto pochi giorni prima la notizia clamorosa su “France Soir” : “Il ladro gentiluomo, con uno dei suoi innumerevoli travestimenti, ha colpito ancora. La “Gazza Ladra” visita Cartier. E se ne va con una borsa piena di diamanti, per dieci milioni di euro! “

E dire, esclamò il proprietario, che li aveva nascosti qui! Nella vostra camera, nel mio Bed and Breakfast, nel quale doveva essere venuto chissà quando… Io sono certo che non l’ho mai visto e ieri era una sera come tante altre…Anche se l’avessi visto come avrei potuto sapere chi fosse ?  E ieri notte, è venuto a riprendersi i diamanti contenuti nella borsa  nera”.”Se li aveste scoperti, signor Maurice, ce li avreste consegnati voi i diamanti…Vero?” ironizzò il commissario, rivolgendo all’imbarazzato ometto uno sguardo di fuoco. L’albergatore assunse un’aria offesa.

“Commissario, lei non mi conosce, ma può forse dubitarne…Sono un lavoratore onesto. Povero, ma onesto. Ho aperto da poco tempo questa pensioncina con gli ultimi risparmi di una vita povera, ma onesta. “

Il commissario, che, per l’appunto,  non lo conosceva, rispose con un grugnito esasperato: “Va bene, va bene. Adesso, signore, non faccia il martire. Posso credere alla sua parola, l’avrebbe restituita. Ma il fatto è che non l’ha scovata! E l’aveva qui, sotto il suo tetto.  Neppure gli altri clienti l’hanno vista. Va beh, che di clienti lei deve averne davvero pochi, a giudicare dai mobili e dall’insieme del locale! Fa proprio schifo, se lo lasci dire. “

“I miei clienti sono poveri, commissario. Ma i locali sono puliti.”

“Se lo dice lei !” ribatté l’ispettore.

Poi, rivolto ai due gendarmi che lo avevano nuovamente raggiunto dopo essersi assentati su un suo cenno per una più accurata perquisizione: “Trovato niente ?”

“Assolutamente nulla, commissario. Come al solito…!”

“Come al solito ? ” chiese Veronica, incredula.

Il commissario ammise a malincuore: “Sì, purtroppo, non è la prima volta che ci fa questo scherzo”. Poi non rispose più nulla. “Andiamo via! ” disse, rivolto ai due gendarmi che l’accompagnavano, voltando le spalle ai tre allibiti interlocutori. Anche questa volta, la “Gazza Ladra” l’aveva fatta franca! Prima di tornarsene in ufficio a ripensarci sopra , il commissario lancio’ ai tre interlocutori rimasti a bocca aperta un secco invito : “Se lo rivedete, chiamateci!” 

 

                                                                    II

 

“Ragazzi, andate via ? No restate, ancora un poco. Facciamo colazione assieme” esclamò Monsieur Maurice, trovandosi di fronte, nella sua guardiola al pianterreno, i due giovani fidanzati. “Che fretta c’è! Piove pure. Che volete fare in giro per Parigi, stamattina. Tenetemi compagnia, vi prego…”

Claudio e Veronica che non avevano, ovviamente, altri impegni, accettarono di fare colazione col proprietario, tanto più che la colazione sul tavolo era particolarmente ricca ed invitante. Contrariamente alle altre mattine… C’erano croissants, uova sode, prosciutto, caffé fumante, marmellata, succo d’arancia.

“State cercando lavoro, qui a Parigi, mi avete detto ? Vero ? “

I due fidanzati sospirarono : “Non è facile trovare – disse alla fine Claudio- addentando un croissant. Comunque, continuiamo a cercare e resteremo ancora qualche settimana, nella sua pensione, se lei è d’accordo, Monsieur Maurice…”

“Ma,certo ragazzi, restate finché volete. Ci mancherebbe altro. Siete ospiti e quello che abbiamo pattuito va bene, così. Non è troppo caro, vero?”

“No – rispose Veronica- è più che ragionevole. Coi tempi che corrono. Certo non possiamo permetterci il Ritz , il Charles V oppure l’Hilton . Ma che storia curiosa quella dell’ Arsène Lupin moderno, come si chiama ? , ah sì, Ezechiele de la Tour…”

“Voi non leggete i giornali – rispose, con tono divertito Monsieur Maurice – ma io la storia della “Gazza Ladra” la conosco perché i cronisti parigini ci vanno a nozze con questa vicenda che si trascina da parecchio tempo, sempre con modalità somiglianti: Volete sentire la storia, come l’ho letta sui giornali ? Posso ricostruirla a memoria, come può fare qualsiasi lettore parigino. Voi no, perché sul giornale – ho notato – leggete solo le offerte di lavoro. Come facevo io, da giovane, tanto tempo fa… Davvero, tanto tempo fa, quando venni a Parigi dalla mia Lione… Dunque, la Gazza Ladra, alias Ezechiele de La Tour, ma chissà quanti nomi ha quella specie di Arsène Lupin, che non fa dormire il commissario , “opera” sempre allo stesso modo, con un modus operandi, appunto, che lascia di stucco, almeno la polizia. Ruba, di solito gioielli, poi li ficca in una borsa e se ne va tranquillamente per la sua strada, facendo conoscere – con una telefonata alla polizia – tutte le modalità del furto, senza tralasciare il particolare della borsa, in cui ha messo la refurtiva. Agisce sempre la notte, chiaramente. Non ha mai torto un capello a nessuno, anche perché i suoi obiettivi sono i ricchi gioiellieri. Tralascia le banche dove ci sono troppi impiegati e clienti. Dove la rapina può finire male. Riesce ad entrare di notte dai grandissimi “bijoutiers” e si serve. Poi, sempre, dico sempre, va a nascondere la refurtiva in un piccolo albergo, in una pensioncina come la mia….di poche pretese, che non dia nell’occhio…nasconde la sua borsa e, almeno così dicono i giornali, se ne va per i fatti suoi. Torna poi dopo alcune settimane a reclamare la borsa, così come ha fatto con voi…E poi sparisce, ma non senza aver telefonato ai poliziotti per rivelare le sue ultime mosse e dove ha “ritrovato” la borsa nascosta, contenente i gioielli !”

“Ma scusate, Monsieur Maurice, con questi particolari, si sarà scatenata in tutta Parigi una vera e propria caccia ad Ezechiele de La Tour ed alle sue borse nere. Chissà come tutti avranno frugato, nelle pensioncine per trovarle.”

“Sì, ma questo ha soltanto provocato falsi allarmi, impegnando la polizia nella ricerca di una borsa di pelle nera, figuriamoci, ce ne sono migliaia finto-cuoio, finta-pelle. Roba da grandi magazzini.

 Alcune sono state ritrovate nelle pensioncine della banlieue, ma non erano quella “giusta”… Capito ?”

“E la foto ? Anche quella l’ha inviata lui alla polizia ? Ma a noi si è mostrato proprio con la sua vera faccia ? Ezechiele de la Tour…”

” La stampa sostiene che quella è una vecchia foto, l’hanno già pubblicata un sacco di volte. Ormai chissà che volto ha questo Ezechiele…”

“Ma noi l’abbiamo visto ed era proprio così: come sulla foto che ci ha mostrato il commissario. Eppoi non le sembra strano che rischi così tanto,lasciando in una pensione parigina una refurtiva che un altro cliente occasionale può scoprire in ogni momento ?”

“Va bene, anche lui prende i suoi rischi,  lasciando incustodita la borsa con la refurtiva, e questo, sì, lo ammetto era parso strano anche a me. Quanto al resto è chiaro che il misterioso ladro ricorre a travestimenti, non vi pare ? E dev’essere un asso dei travestimenti.”

“Giusto. Lo dicono i giornali ?”

“Sì, ragazzi. Lo dicono i giornali. Ma leggeteli, qualche volta. Ok ? Adesso, che fate ?”

“Un paio di appuntamenti. Un ristorante alla  Madeleine , un hotel di Montmartre. Insomma, per tenerci occupati l’intero pomeriggio. Veronica si offrirà come cameriera, io come facchino. Che vita! Lei non ha bisogno di inservienti qui alla pensione, nevvero, signore. No, eh. Lo immaginavo.”

“Allora, au revoir. A stasera, ragazzi, e buona fortuna! esclamò con giovialità  Maurice, che proprio la sera stessa doveva sparire in circostanze misteriose. Ma forse, non tanto misteriose, almeno per i due fidanzati che, tornando alla pensione, ebbero, finalmente, l’occasione di ottenere un racconto completo di tutta la storia, un resoconto che avrebbe fatto felice il commissario Louis de Montauban. Ma il fatto è che il commissario non seppe mai il finale di questa storia. Certo, non da Claudio e Veronica e meno che mai dal modesto  monsieur Maurice.

III

E PER FINIRE, UNA LETTERA…

 

Rientrando alla pensioncina, stanchi e delusi (niente lavoro, ancora una volta), i due fidanzatini di Peynet, non trovarono nella guardiola a pianterreno Monsieur Maurice. Claudio si sporse a prendere la chiave della loro stanza. Avevano consumato una cenetta frugale a base di supplì e birra, frutta. Salirono nella loro camera.

Prima sorpresa: sul loro letto matrimoniale, una lettera di color azzurro.

Veronica, allibita, corse ad aprirla.

“Guarda, Claudio, che sarà mai ? “

“Per saperlo non c’è che un modo: aprirla, cara la mia Veronique”, rispose il giovane scoppiando in una fragorosa risata . “Adesso come vedi ti chiamo col tuo nome in francese!”

“Grazie professore – replicò Veronica- allora che aspettiamo…”

La lettera, con una scrittura elegante e fitta, cominciava così:

“Cari ragazzi…”

“E’ indirizzata a noi e quel cari ragazzi, quel chers enfants, mi ricorda la frase di monsieur Maurice.” disse Claudio.

“Dev’essere lui” ribatté Veronica… “Vado avanti” e riprese a leggere ad alta voce.

“Cari ragazzi,

sarete sicuramente sorpresi, rientrando, di non aver trovato il vostro vecchio amico Maurice, nella guardiola del Bed and Breakfast. Ma stasera, credetemi, non ho potuto trattenermi. Siete gli unici ospiti della mia modesta pensioncina, così parigina, n’est pas ? Potete rimanere quanto vorrete,se lo riterrete opportuno. Ma , dopo quello che sto’ per comunicarvi, non credo proprio che vorrete prolungare il vostro soggiorno qui da me e, se è per questo, neppure in una città così inospitale come è diventata la fredda,moderna, inumana metropoli buona per i miliardari che possono permettersi colliers e parures, follie mondane, per gente, insomma, parassitaria come in genere sono i capitalisti debosciati. Devo dire che anch’io sono ormai un capitalista, ma non un debosciato!

Intanto, permettete che mi presenti: Ezechiele de la Tour! Non è naturalmente il mio vero nome. E non mi chiamo neppure Maurice. Il mio vero nome lo conosco solo io e tanto basta. Non è nemmeno il mio vero volto, non è nemmeno la mia pensione (ho affittato i locali un mese fa e li lascio, come li ho trovati…è bastato metterci su quattro o cinque letti, con lenzuola e materassi, anzi mi scuso per le scomodità che vi ho inflitto, un’insegna Bed and Breakfast, una mancia a quelli del comune per la licenza provvisoria…).

Insomma, cari ragazzi, niente di più semplice. Guardate nell’armadio!

Claudio e Veronica si precipitarono ad aprire l’armadio. Le loro cose erano tutte lì al loro posto ed in più era riapparsa la borsa di pelle nera. I due giovani l’aprirono febbrilmente. All’interno, sfavillanti e meravigliosi, cinque diamanti …Una fortuna. Una ricchezza enorme…

Claudio e Veronica, rinchiusa la borsa e tenendola stretta, tornarono sul letto a riprendere la lettura della missiva di monsieur Maurice.

“Trovati ? Bene! Cinque per voi ed una ventina per me.

Perché lo faccio ? Per simpatia, quando trovo tipi puliti come voi. E’ piuttosto raro, non lo faccio spesso, di separarmi di una parte del bottino, intendo dire. Ma stavolta, vedendovi, ho deciso altrimenti. Non ignoro cosa vuol dire la povertà, la disoccupazione, diciamo pure la miseria in una città sfarzosa ed opulenta come questa. Io e la mia povera Eleonore, mia moglie (è scomparsa cinque anni fa, che Dio l’abbia in gloria) non abbiamo avuto, da giovani ed anche dopo, una vita facile. Basti dire che quando Eleonore si ammalò gravemente, io non ebbi i quattrini sufficienti a garantirle cure adeguate. Morì anche a causa della nostra estrema miseria. Per questo, decisi di diventare ricco. Anche per vendicarla.”

Ma lasciamo stare i ricordi personali.

Diciamo solo che mi rivolgo al lusso ed allo spreco, perché trovo che quando una società non riesce a garantire alla gente il necessario, non dovrebbe indulgere nel superfluo. Ma lasciamo stare anche le idee politiche e rivoluzionarie; ormai sono fuori moda.

Intanto, sappiate che, quella sera, quando sono venuto a bussare da voi non più sotto l’aspetto di Maurice, ma sotto le mentite spoglie di Ezechiele, il viaggiatore di commercio, e a reclamare la borsa, quest’ultima era nel vostro armadio ma i diamanti non c’erano di certo! Figuriamoci se li lasciavo lì. Erano nel frigidaire, assieme a cubetti di ghiaccio, almeno questa volta! E’ incredibile quanto i diamanti ed i cubetti di ghiaccio si assomiglino…

Poi è bastato dire che erano nella borsa di pelle, come le altre volte e i poliziotti, quasi per un abito mentale, hanno veramente pensato che il ladro, la “gazza ladra” fosse davvero venuto a riprenderseli, secondo quelle modalità ormai consuete. Ci avevano fatto,mentalmente l’abitudine a questi colpi di mano stravaganti.

Non è che i gendarmi siano sciocchi, ma se qualcuno suggerisce una soluzione complicata anziché una semplice, la loro estrema diffidenza li fa propendere per la scelta più arzigogolata. Hanno deciso che il ladro li chiamava per prendersi gioco di loro, prima della fuga. E non potevano immaginare che il ladro stesse addirittura aspettandoli nella sua pensioncina, assieme ai diamanti nascosti in un frigidaire! Tutte le altre volte è andata più o meno così. Non vedevano quello che avevano sotto gli occhi, quasi in bella vista, per la complessità delle mente umana che fa preferire soluzioni ingarbugliate ma verosimili a soluzioni veritiere ma troppo ovvie, troppo semplici, fino ad apparire incredibili.

Devo dire che i giornali hanno fatto il resto: ribattezzandomi Arsène Lupin, il ladro gentiluomo, hanno già decretato una sorta di imprendibilità che mette a disagio il buon commissario, desideroso soprattutto di salvare la faccia e di non tirare troppo la corda. Mi ha visto in faccia (ma chissà quale è il mio vero volto?)…

Ho ( o cerco di avere) un’apparenza del tutto insignificante. Insomma, il titolare di una povera pensione parigina, a tutto fa pensare meno che all’autore di audacissimi furti, non vi sembra ? Il modus operandi, di nascondere la refurtiva negli armadi delle pensioncine più sciatte (in realtà, in quegli armadi la refurtiva non c’è mai stata, ma i clienti, tutti i clienti fin dall’inizio di questa storia, badate bene, raccontavano del misterioso viaggiatore venuto a reclamare la sua borsa-miniera-di-diamanti) era diventato per i poliziotti il modus cogitandi, il modo di pensare del colpevole. Non era così, ma i testimoni asserivano che era così e tanto è sempre bastato. Il proprietario del Bed and Breakfast o della modestissima pensioncina, quello non cambiava. Ero sempre io, a volte in compagnia di una cameriera assunta a bella posta per non attirare troppo l’attenzione su di me, a volte, con un’apparenza straniera, tipo italiano o spagnolo. Devo dire che ho tre virtù: sono lesto di mano, un genio dei travestimenti e sono un poliglotta. Per il resto, ho la coscienza a posto perché i gioiellieri sono assicurati e a volte incassano anche di più di quello che perdono a causa mia, perché, a loro volta, riescono a fregare quegli altri “benefattori umanitari” delle assicurazioni di alto bordo.

Bene. Che farete voi ? Cari ragazzi, chers enfants, avete di fronte a voi due strade: la prima, chiamate il commissario Louis de Montauban e gli fate vedere lettera, borsa e i cinque diamanti che vi ho regalato. Non servirà a nulla, né a voi, né a lui e neppure ai gioiellieri… Perché l’altra ventina di “culi di bottiglia”, chiamiamoli così, ce l’ho io in, come dire, custodia. Un successo parziale per il commissario e per voi le foto sui giornali. Due onesti cittadini. Il tout Paris dirà “Deux pauvres cons!”, due poveri scemi, ma questo riguarda voi e la vostra coscienza, non me.

Seconda soluzione: trasferite i cinque bei diamantoni nella vostra povera e modesta valigetta “scozzese”, lasciate la borsa nera dov’è, cancellate le impronte, mi raccomando. Vi fate una bella dormita. E domattina ve ne tornate a Ventimiglia…Col gruzzolo. Non sarete così stolti da precipitarvi dal primo ricettatore che incontrerete. No, di certo. Se sceglierete la soluzione che io credo sceglierete, eccovi qui l’indirizzo del mio ricettatore di fiducia: mister X, viale Y, Amsterdam (Olanda). Gli parlerò del vostro arrivo, ma non prima di un anno, ci siamo capiti? Trascorrete nella vostra città i dodici mesi che vi separano dall’intascare circa un paio di milioni di euro,o forse qualcosa di più, ad Amsterdam. Ok ? Bene. Non date nell’occhio. Siete già ricchi, ma lo sapete solo voi. Comportatevi come siete abituati a fare di solito nella vostra città: una cameriera, un facchino, due modesti lavoratori, in genere non suscitano grandi sospetti. Poi, la vacanza ad Amsterdam, intesi ? Vedrete, quanto è simpatico il mio “ricettatore”: a proposito, mister X potrei anche essere io… se sceglierò di esserlo. Non sono forse simpatico? E’ chiaro che se domattina,o anche prima, verrò a sapere che sono arrivati di corsa alla pensione commissario e gendarmi, la seconda offerta non sarà’ più valida. Scegliete voi. E, forse, cari ragazzi, arrivederci!” Qui finiva la lettera di monsieur Maurice.

Il mattino seguente, Veronica e Claudio, alla Gare parigina, con il loro modesto bagaglio, che in ogni caso, a scanso di sorprese, si tenevano ben stretto, aspettavano, felici e sereni, il treno per Ventimiglia.

Sarebbero rimasti nella loro città come aveva suggerito il signor Maurice, Ezechiele o come diavolo si chiamava.

Cinque diamanti da tenere sempre sott’occhio,a turno. Un lavoretto, o due, per entrambi, tanto per non cambiare le abitudini ed andare avanti in qualche modo. Dodici mesi passano in fretta rispetto ad un’intera vita. E poi con quel gruzzolo, dopo la visita ad Amsterdam, qualche bella iniziativa commerciale, chissà forse un pensioncina familiare a Ventimiglia…

Sì, tutto sommato, forse avrebbero rivisto la “Gazza Ladra”, quale che fosse il futuro travestimento scelto da monsieur Maurice, il loro – ma sì, chiamiamolo così – il loro benefattore. Appuntamento ad Amsterdam ! Con la fortuna e (forse) con monsieur Maurice, Ezechiele de la Tour o chissà con chi… L’importante era che la fortuna si fosse decisa finalmente a sorridere ai fidanzatini poveri, i fidanzatini di Peynet, ai promessi sposi di Ventimiglia.

“Parigi val bene una messa”, aveva detto un re.

I due poveri giovani – strano a dirsi – la pensavano come il sovrano.

“Parigi val bene una trasferta in cerca di lavoro” avevano esclamato all’unisono.

“E adesso dove li nascondo ?” aveva chiesto Veronica. “In attesa del viaggio ad Amsterdam ?”

“E dove vuoi nasconderli ? In frigorifero, naturalmente. Dove se no ? Assieme ai cubetti di ghiaccio. Ma questa estate, se ti chiedo di prendermi qualcosa da bere, con qualche cubetto di ghiaccio dentro, stai attenta. Sì, insomma, stai attenta che sia davvero ghiaccio!”

 

Franco Ivaldo

 

 

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