Politica nazionale

VOCAZIONE MAGGIORITARIA E
 “FABBRICHE DELLA SPERANZA”

VOCAZIONE MAGGIORITARIA E “FABBRICHE DELLA SPERANZA”

Qualcuno dovrà pur incaricarsi di dire a quei signori che fanno parte della componente del PD che invoca la cosiddetta “vocazione maggioritaria” che la loro idea è fumosa, non tiene conto dei dati concreti della situazione in atto e che fa danni, danni molto più gravi di qualsivoglia presunto “estremismo di sinistra” (poi vedremo di che cosa si può trattare, da questo punto di vista), anche perché questa idea è condotta con un integralismo feroce (altroché “buonismo”) tale da dimostrare come oggi “la politica” davvero abbia difficoltà ad ascoltare e come sia proprio questa difficoltà la causa del suo isolamento complessivo, dagli interessi e dai desideri delle persone comuni.

Guardiamoci attorno: siamo al centro di una crisi economica di enormi proporzioni, frutto degli abbagli raccolti con una idea sbagliata di modernizzazione fondata sull’iper-liberismo e su di un processo travolgente di finanziarizzazione dell’economia; una crisi che, qui in Europa, ha spazzato via certe idee di integrazione, messo a nudo un drammatico “deficit democratico”, riportati in auge particolarismi ed egoismi, rivalutati strumenti giudicati ormai obsoleti quali lo “Stato-Nazione” ed il tanto deprecato intervento pubblico in economia.

Servirebbe un grande compromesso socialdemocratico, proprio a livello europeo (i giornali  domenica scorsa rivisitavano gli anni’30: vengono in mente i “fronti popolari” e Robert Castel dalle colonne del “Manifesto” parla di “Europa sociale”) ed il rischio è quello di una involuzione autoritaria, in particolare nei paesi a più debole tradizione democratica, Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, che da noi assumerebbe quei connotati personalistico- populistico che stiamo respirando nell’aria.

L’Italia vive una condizione di regime che ben si può definire “neo-fascista”: un sistema politico bloccato, senza alternativa apparente, con in atto un attacco quotidiano e molto duro alle garanzie costituzionali e alla divisione dei poteri di derivazione illuministica, con una condizione del Parlamento che è davvero il dato emblematico di questo difficilissimo stato di cose in atto, con la crescita degli squilibri territoriali e tentazioni evidenti di separazione dell’unità nazionale, con un classe dirigente eversiva ( torna qui, di piena attualità, l’analisi gramsciana), un ceto medio fortemente parassitario e incline ad avventure autoritarie (un dato storico questo), con un tessuto industriale del tutto insufficiente, con sacche enormi di emarginazione sociale in parte ma non completamente derivanti dall’emigrazione, senza una sinistra politica degna di questo nome ( pensiamo alla Germania e alla Francia dove le cose stanno ben diversamente).

In queste condizioni (sommariamente, davvero sommariamente, descritte) non ci si può baloccare con il “nuovismo (quanti “nuovismi” falliti nel corso degli ultimi 20 anni: dallo scioglimento del PCI in avanti) e il proseguire nel cammino fallimentare del completamento dell’americanizzazione della politica, con il personalismo delle primarie a farla da padrone ( attenzione, su questo alla V-V che punta al confronto diretto con il “leader maximo” della destra allo scopo di finire sconfitta per l’ennesima volta).

Le cose non stanno meglio, ovviamente, dalla parte dell’altra componente del PD, incapace di porre al centro della propria azione politica una idea di governo alternativo e incline, in certi momenti di dare spazio alle idee dell’avversario ( sulla giustizia, sull’economia, ecc: con cedimenti periferici alla ad una sorta di visione “leghista”) dando l’impressione di una lettura insufficiente della crisi, anche da quella parte, nelle cui fila compaiono evidenti i segni di una esasperazione tatticista.

Il cammino sarà lungo e difficile, ma è indispensabile lanciare subito l’allarme e riprendere l’idea del CLN, un CLN che ponga il tema di una fase di transizione che abbia al centro, oltre il fronteggiamento della crisi dal punto di vista dei ceti più deboli (fa rabbia, davvero rabbia pensare a chi sta pagando la crisi e all’enorme flusso monetario che sta prendendo ancora una volta la via della speculazione, in un Paese dove tutto è in deficit, dove si sono adottate misura inique come il patto di stabilità per gli Enti Locali, dove le infrastrutture sono al collasso, dove sanità e scuola rappresentano veri e propri “buchi neri”) anche la trasformazione del sistema politico, non nel senso di riforme istituzionali di stampo autoritario, ma di recupero del concetto di rappresentanza delle culture, delle sensibilità, degli interessi politici, sociali, economici, culturali presenti nel Paese: occorre recedere dall’idea maggioritaria sul piano elettorale (sia sotto l’aspetto del “premio di maggioranza”, sia al riguardo di un sistema maggioritario a turno unico che non recuperi l’insieme delle presenze che si esprimono sul piano politico) e mettere mano alla questione della “forma – partito” e al tema del programma di cui programmazione dell’economia e welfare state dovrebbero rappresentare i punti fondamentali (tralascio qui la questione del sindacato, che pure dovrebbe essere affrontata con maggiore attenzione: nel caso italiano la necessità che la CGIL torni pienamente alla propria capacità di contrattazione senza cedimenti inappropriati appare essere fattore fondamentale per una ripresa di presenza dei lavoratori sulla scena sociale e politica del Paese, da cui attualmente sono praticamente esclusi).

“Forma- partito” che va recuperata a sinistra: nessuno si illuda, senza un adeguato partito di sinistra difficilmente potranno essere recuperati i consensi perduti nella tragica esperienza dell’Arcobaleno, ed anche qui non sarà con l’indefinito delle “fabbriche della speranza” e con  una davvero inopportuna espressione di personalismo mediatico che potrà essere possibile recuperare il cammino perduto: intanto la crisi morde sulla pelle i ceti subalterni e nessuno pare approntare adeguate linee di difesa.

Savona, Maggio 2010                                                                   Franco Astengo

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