Perché la sinistra ha perso, e…

Perché la sinistra ha perso, e perderà ancora
E perché Renzi, il capro espiatorio, non c’entra affatto.

Perché la sinistra ha perso, e perderà ancora
E perché Renzi, il capro espiatorio, non c’entra affatto.

 Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese le navi della marina militare e quelle di mezza Europa scaricano sulle nostre coste migliaia di giovani uomini provenienti prevalentemente dall’Africa subsahariana. Stando i dati ufficiali pubblicati dal Viminale dall’inizio di quest’anno sono sbarcate 90.000 mila persone, di cui 15.000 nelle ultime 48 ore. Tutte queste persone, come tutte quelle arrivate in Italia negli ultimi anni non vengono per lavorare, perché 1) non c’è alcun bisogno di mano d’opera; 2) non hanno alcuna preparazione professionale ma solo forza muscolare, e non è detto che abbiano intenzione di usarla per lavorare 3) non vengono per transitare altrove perché anche nel più sperduto villaggio del Mali è ormai chiaro che le frontiere verso l’Europa continentale sono sigillate. Realisticamente le uniche opportunità lavorative sono limitate al sottobosco delle attività criminali e della prostituzione mentre una quota trascurabile rispetto ai numeri totali trova sbocco nel lavoro stagionale dei campi. L’unica certezza per chi attraversa il deserto e viene stipato sui barconi per essere poi preso a bordo dalle imbarcazioni delle Ong e della guardia costiera (quella italiana, perché quella libica, rispettando gli accordi, lo rispedisce indietro) è che una volta in Italia verrà preso in carico dalle istituzioni e mantenuto a spese del contribuente italiano.


Anche il più ottuso dei compagni sa che tutto ciò non può durare in eterno. Il numero dei “migranti” è destinato a crescere, le risorse a ridursi, gli effetti collaterali ad aggravarsi, la posizione dei Paesi europei a diventare sempre più rigida. A questo proposito sento le oche giulive che Forza Italia, ahimè anche col mio voto, ha spedito a Strasburgo unirsi al coro dei compagni – ma obbediscono ad un ordine di scuderia, se può essere un attenuante –: i Paese dell’Europa orientale devono fare la loro parte, si devono prendere la loro razione di migranti. Sono Paesi, la Polonia come l’Ungheria, la repubblica ceca, la Romania o la Slovacchia, distrutti economicamente, culturalmente, moralmente da decenni di regime comunista, Paesi che con esiti diversi stanno faticosamente risollevandosi. Alcuni di loro, come la Romania, sono oberati dalla presenza di comunità Rom in misura 10 o 15 volte maggiore rispetto all’Italia o alla Francia, comunità che intendono mantenere la loro identità e sono poco inclini a contribuire ai costi dell’organizzazione sociale e del loro stesso mantenimento. Chiedere a questi Paese, nei quali le opportunità di lavoro sono nulle, di sobbarcarsi gli africani entrati in Italia, fornirgli alloggio, sostentamento, assistenza sanitaria col risultato di trovarsi gruppi di persone senza radici, in una condizione di minus habentes o di ospiti indesiderati, e chiederlo col ricatto di possibili sanzioni è un segno del livello al quale è precipitata l’Europa. Nella quale si distingue per ipocrisia, doppiezza, malafede l’Italia della sinistra e dei suoi complici: per arraffare l’elemosina di Bruxelles, per compiacere Soros e la grande finanza internazionale, per servilismo verso il Vaticano e con in testa l’idea che un buon affare oggi vale una catastrofe domani quando il buon affare è per sé e la catastrofe riguarda tutti gli altri, è diventata la principale artefice del caos migratorio che sconvolge l’Africa. Risibile l’ultima uscita di Minniti e Gentiloni: siamo pronti a impedire alle navi straniere di portare da noi altri migranti, non ce la facciamo più. Pronta la risposta di Bruxelles: tranquilli, continuate così, vi daremo altri soldi. E , mentre brucia lo schiaffo ricevuto da Macron, la stampa italiana, tutta, dice che il governo si è svegliato. Pazzesco.


Osservo di sfuggita che in questi ultimi mesi i compagni e i loro accoliti ci hanno detto o ci hanno fatto intendere che:

Le migrazioni sono un fenomeno epocale che tocca solo in minima parte l’Italia;

L’Italia è solo un Paese di transito, i migranti sono diretti nel nord Europa;

I migranti sono una risorsa; fanno lavori che gli italiani rifiutano;

I migranti sono una risorsa; pagheranno le nostre pensioni;

I migranti sono una risorsa; colmano il nostro vuoto demografico;

I migranti sono una risorsa; migliorano il nostro sistema immunitario;

I migranti sono una risorsa; portano da noi la loro cultura;

I migranti sono una risorsa: l’Europa ci paga perché ce li teniamo;

I migranti sono una risorsa: danno lavoro a chi lavora nell’accoglienza;

I migranti sono una risorsa: un affare più redditizio del traffico di droga (parola di Carminati);

Alcune di queste affermazioni sono semplicemente false; altre sono delle idiozie, altre sono purtroppo vere. E ho trascurato di riportare l’allucinante dichiarazione di un dirigente sportivo: i migranti sono una risorsa per la “nostra” atletica.

Di sicuro gli sbarchi di sedicenti profughi e richiedenti un asilo al quale non hanno nessun diritto sono una cartina di tornasole. Lo sono per la politica e la gerarchia ecclesiastica ma lo sono anche per quelli che la tradizione di sinistra, da Gramsci in poi, chiama “gli intellettuali”, i maîtres à penser, giornalisti di grido, cattedratici prestigiosi, editorialisti dei giornaloni. Devo riconoscere che ultimamente la maggior parte di loro mostra una certa cautela o addirittura comincia a riconosce senza reticenze che il Paese va incontro ad un disastro irreparabile. E sempre più spesso la televisione di regime è costretta ad affidarsi a mezze calzette, sociologi d’accatto  – i concorsi universitari, quando vengono fatti, sono sempre sospetti ma con la sociologia e altre aeree, impalpabili, inconsistenti regioni del sapere i compagni hanno avuto buon gioco nel distribuire cattedre a gente che mai e poi mai avrebbe vinto un posto di maestro d’asilo – ; uno di costoro, noto per aver difeso quell’obbrobrio di abbigliamento balneare che è il burkini, qualche sera fa ha sentenziato l’ineludibilità dello ius soli, grazie al quale avrà finalmente inizio la rivoluzione antropologica che trasformerà la nazione italiana. A questo proposito registro che alla storia dei manifesti inaugurata da Benedetto Croce va aggiunta l’ultima perla. Trentacinque filosofi hanno firmato un manifesto in difesa dello ius soli, memori in questo caso (è gente che ha studiato) dell’editto di Caracalla, che estendeva la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell’impero, quando ormai il civis era diventato un suddito. Ci scherzo ma è una cosa raccapricciante e mi dispiace che il primo firmatario sia un mio vecchio compagno di università, che ha così buttato alle ortiche una carriera prestigiosa. Di fronte al disastro di cui gli italiani sono vittime e, per ora, spettatori inermi, di fronte alla corsa indecorosa per zavorrare il Paese con centinaia di migliaia e presto milioni di africani da mantenere, il problema vero per questi trentacinque sedicenti filosofi è conferire loro la cittadinanza, farne i nuovi italiani; al popolo di popolo di eroi, di santi, di poeti, di artisti, di navigatori, di colonizzatori, di trasmigratori ora bisognerà aggiungere di scrocconi.


Filosofi. L’ultimo filosofo italiano, per quello che mi risulta, è stato Giovanni Gentile. Poi ci sono stati storici, commentatori, divulgatori di scuole diverse, qualcuno anche di grande levatura, da Geymonat a Luporini a Barone ma filosofi no, se il termine ha qualche significato. Ora molti di quelli che hanno occupato le cattedre di filosofia non sono più nemmeno storici o glossatori: sono solo parolai, parassiti cresciuti sui cadaveri di Foucault e di qualche altra mummia novecentesca che si sono inventati discipline dallo statuto un po’ azzardato come la biopolitica. e hanno sostituito il legame organico con la società civile dell’intellettuale sartrianamente engagé con il legame organico col partito di riferimento, ieri il pci oggi il pd. Sono gli intellettuali di area, che più che un’aiuola pare una palude melmosa.

La cautela cui alludevo sopra non l’ha dimostrata il direttore del giornalone, quello che deve la sua fortuna agli assassini di suo padre imbeccati da Sofri. Lui non ha dubbi: rifiutare la cittadinanza ai neonati è un’orribile discriminazione, una privazione di diritti inalienabili. Non gli passa per la mente che oggi in Italia, cittadini o no, minori o adulti, bambini o adolescenti, tutti godono di assistenza sanitaria, di istruzione gratuita, con tanto di sostegno se non ce la fanno, di mediazione culturale, di tempo pieno con annessa mensa, ovviamente gratuita, tanto ci sono gli italiani che pagano per tutti. No: il problema è la certificazione anagrafica che ne faccia degli italiani, altrimenti sono discriminati. E il mite Calabresi mostra per l’occasione anche la sua faccia cattiva: se questo provvedimento non passa alla svelta bisognerà “alzare la voce”.

Anche il Capo dello Stato ha fatto la sua parte. Approfittando della sua improvvisata in Canada ha paragonato l’accoglienza che l’Italia riserva agli africani con quella che ha fatto del Canada un Paese aperto, multiculturale, tollerante e prospero. Complimenti al presidente: ha assimilato un Paese, il nostro, che era già considerato sovrappopolato quando aveva 40 milioni di abitanti – ora sono 60 – con un subcontinente praticamente deserto, percorso prima della colonizzazione da poche decine di migliaia di Irochesi, Algonchini, Cree. Se un’osservazione c’è da fare sulla colonizzazione del Canada dovrebbe riguardare l’accanimento di francesi e inglesi verso le popolazioni autoctone, sterminate o brutalmente snazionalizzate. E se il governo canadese ha ora, sulla scia della Merkel, aperto le porte ai siriani, non agli africani, lo ha fatto non per mantenerli ma per sfruttarne professionalità e capacità lavorative.


 E, siccome al peggio non c’è fine, nella gerarchia ecclesiastica le uscite del segretario della Cei, a conferma che non si trattava di posizioni improvvisate, sono state ribadite dal presidente dei vescovi, che ha dato ai parroci precise istruzioni per inculcare nei cattolici praticanti l’idea che non solo bisogna accogliere tutti, non solo occorre bandire l’islamofobia ma ci si deve mobilitare per una rapida approvazione dello ius soli e per l’estensione della cittadinanza a tutti i nuovi arrivati. C’è evidentemente una regia in tutto ciò. Che il regista sia al vertice della Chiesa o vada cercato da qualche altra parte non cambia molto. Quel che è certo è che gli stessi fenomeni, come il rimescolamento nel mondo arabo o il terrorismo o l’apertura umanitaria di Bergoglio, visti da prospettive situate a livelli diversi acquistano nuovi significati e pongono domande inquietanti.

E tornando alle cose di casa nostra, non è vero quello che viene sostenuto a dritta e manca, che il voto di domenica ha punito l’arroganza di Renzi. Non nascondo il mio disprezzo per l’uomo di Rignano, ma farne il capro espiatorio della sconfitta della sinistra, che, detto per inciso, è solo un anticipo della disfatta che si prepara per le elezioni che presto o tardi ci dovranno pur essere, è una squallida furbata. Il Pd, la sinistra tutta, ha perso il consenso popolare per la rabbia diffusa che ha creato la sua politica sull’invasione, per il suo asservimento al sistema finanziario.- un tema sul quale su questo sito l’ottimo Pellifroni ha scritto cose interessanti e documentate -, culminato nell’oscena conclusione del mancato fallimento delle banche venete, salvate con i soldi dei contribuenti, che si sono fatti carico delle liquidazioni milionarie di signori che si godono indisturbati le loro proprietà quando dovrebbero essere ridotti sul lastrico e soggiornare nelle patrie galere, e, dulcis in fundo, per l’incredibile vicenda del terremoto, le casette mai arrivate, le macerie ancora lì, la disperazione impotente dei sopravvissuti, irrisi, ingannati, traditi, una vergogna che i compagni hanno cercato di coprire spostando l’attenzione su Roma e le malefatte della Raggi con la complicità interessata di una destra ottusa. Immaginiamo che cosa sarebbe successo se all’Aquila il governo Berlusconi avesse dato la stessa prova di inefficienza, inerzia, sprovvedutezza, ipocrisia. Ma ora si parla della Raggi.


Certo le manifestazioni dell’insipienza colpevole dei governi di sinistra non si limitano all’invasione, alle banche, al dopo terremoto; c’è la legge sul lavoro, l’intollerabile pressione fiscale, ci sono i bonus, la “buona scuola”, l’assenza di una politica estera, ma alcune di queste cose colpiscono solo determinati settori della pubblica opinione, le persone direttamente interessate; il salvataggio delle banche a spese del contribuente; l’accoglienza a spese del contribuente; gli interventi – non realizzati – per le zone terremotate, a spese del contribuente sono invece cose che toccano tutti, sono sotto gli occhi di tutti, sono la dimostrazione palese e palpabile di una politica fallimentare, al servizio delle banche, al servizio delle lobby nazionali e internazionali, completamente sorda alle attese, ai bisogni, alla disperazione delle persone comuni.

Mi dicono che Bersani alla vigilia delle elezioni è sceso alla Spezia per sostenere il candidato della sinistra. Nel corso di un suo intervento avrebbe dichiarato che il Paese è di fronte ad una drammatica esigenza: lo ius soli. Il soccorso rosso dello smacchiatore rivela due cose: il Pd spacchettato è pronto a ricomporsi quando deve difendere le sue posizioni di potere; come mai il tracollo spezzino è risultato più netto di quello genovese.

 Pier Franco Lisorini

 Pier Franco Lisorini è un docente di filosofia in pensione

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